Famiglia & Minori

Il j’accuse dei medici: in Lombardia nessuna strategia per la gestione del territorio

I presidenti degli ordini dei medici delle province lombarde scrivono alla Regione. «Non è questo il momento dell’analisi delle responsabilità, ma la presa d’atto degli errori occorsi nella prima fase dell’epidemia può risultare utile alle autorità competenti per un aggiustamento dell’impostazione strategica, essenziale per affrontare le prossime e impegnative fasi»

di Redazione

Bene il potenziamento delle terapie intensive e semi intensive, male la strategia per la gestione del territorio. Di quest’ultima in Lombardia è «risultata evidente l’assenza». È il j’accuse degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri delle varie province della Lombardia, che sono tornati a scrivere alla Regione indirizzata a Fontana e a Gallera: «Non è questo il momento dell’analisi delle responsabilità, ma la presa d’atto degli errori occorsi nella prima fase dell’epidemia può risultare utile alle autorità competenti per un aggiustamento dell’impostazione strategica, essenziale per affrontare le prossime e impegnative fasi».

Perché è evidente che non c’è strategia in Lombardia per la gestione del gterritorio? I medici fanno una lista di errori, a titolo di «esempio non esaustivo».
Fra gli altri, l’errata impostazione della raccolta dati, collegata al fatto che in Lombardia si fanno tamponi solo ai pazienti ricoverati e che la diagnosi di morte per Coronavirus si faccia solo per chi è deceduto in ospedale, «sottostimando enormemente il numero dei malati e discretamente il numero dei deceduti». Ma anche «la gestione confusa della realtà delle RSA e dei centri diurni per anziani, che ha prodotto diffusione del contagio e un triste bilancio in termini di vite umane (nella sola provincia di Bergamo 600 morti su 6000 ospiti in un mese)». E ancora, la mancata fornitura di protezioni individuali ai medici del territorio (MMG, PLS, CA e medici delle RSA) e al restante personale sanitario: cosa che «ha determinato la morte di numerosi colleghi, la malattia di numerosissimi di essi e la probabile e involontaria diffusione del contagio, specie nelle prime fasi dell’epidemia».
La mancata esecuzione dei tamponi agli operatori sanitari del territorio e in alcune realtà delle strutture ospedaliere pubbliche e private, con ulteriore rischio di diffusione del contagio. «La situazione disastrosa in cui si è venuta a trovare la nostra Regione, anche rispetto a realtà regionali viciniori, può essere in larga parte attribuita all’interpretazione della situazione solo nel senso di un’emergenza intensivologica, quando in realtà si trattava di un’emergenza di sanità pubblica», scrivono i medici. «La sanità pubblica e la medicina territoriale sono state da molti anni trascurate e depotenziate nella nostra Regione».

Che fare adesso? La Federazione avanza alcuni proposte, in sostanza test rapido immunologico, una volta ufficialmente validato, per tutti. «È evidente come tale procedura comporti un rilevante impiego di risorse, soprattutto umane, ed è altresì evidente come la stessa, al momento, sia l’unica atta a consentire la ripresa dell’attività lavorativa in relativa sicurezza».


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