Cooperazione & Relazioni internazionali

Milano, dal Fondo San Giuseppe i primi aiuti arrivano a Pasqua

Superati i 5 milioni di euro, in 15 giorni oltre un milione il valore delle donazioni da parte dei singoli cittadini. «Il popolo dei lavoretti che galleggia sulla linea di povertà rischia di andare a fondo se non interveniamo in tempo», a dirlo il direttore di Caritas Ambrosiana Gualzetti. Le prime richieste di aiuto arrivate da operai edili a giornata, parrucchiere a domicilio e piccoli artigiani

di Antonietta Nembri

Era stato annunciato dall’arcivescovo di Milano il 22 marzo (qui la notizia) e in due settimane ha superato quota 5 milioni. Si tratta del Fondo San Giuseppe, istituito da monsignor Mario Delpini e dal sindaco Giuseppe Sala, con l’obiettivo di sostenere chi ha perso il lavoro a causa della quarantena imposta per contrastare la pandemia da Coronavirus. La generosità dei cittadini non si è fatto attendere, soprattutto considerando che la diffusione delle informazioni è avvenuta solo con i mezzi di comunicazione e i social: in 15 giorni sono pervenute donazioni complessivamente per un milione e 49 euro che hanno così portato il patrimonio iniziale costituto da Curia (2milioni) e Comune (2milioni) a superare quota 5milioni.

Le prime 24 erogazioni sono state approvate dal Consiglio di gestione del fondo che si è riunito oggi (mercoledì 8 aprile) e gli aiuti arriveranno già per Pasqua o nei giorni immediatamente successivi. Sono state ben 126 le domande pervenute a partire dal 25 marzo (sia online al form sul sito del fondo o contattando il centro di ascolto parrocchiale più vicino). Nei giorni di Pasqua, quindi, i candidati riceveranno un contributo che potrà variare dai 400 agli 800 euro al mese (a seconda del numero dei componenti il nucleo familiare). In una nota di Caritas Ambrosiana si precisa che le cifre arriveranno direttamente sul conto corrente o sarà consegnata, tramite assegno, dal parroco. Il sostegno sarà garantito per tre mesi, rinnovabili, in caso di necessità per altri due.

«I profili che emergono dalle prime richieste di aiuto mostrano quanto pesanti sino già stati gli effetti del lockdown per le fasce più deboli della popolazione, il popolo dei lavoretti che vive ai margini del mercato dell’occupazione e per questa ragione è escluso da ogni tutela. Chi oggi galleggia sulla linea della povertà, finirà sotto se non arriveremo in tempo e a quel punto sarà molto più difficile poi aiutarlo a riemergere», osserva Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana.
Tra le storie rese note (tutti i nomi sono di fantasia) c’è quella di Giovanni, uno dei primi a chiedere aiuto «Sono un operaio edile ma i cantieri sono tutti fermi e da due mesi sono senza stipendio – spiega nella sua domanda – Tra affitto (400 euro), gli alimenti a mia moglie (300 euro) da cui sono separato e le rate per il urgone (200 euro) che ho comprato per lavorare, non so più come far quadrare i conti».
Valentina, invece, è titolare di un piccolo negozio, dove ripara e confeziona scarpe su misura. Ha sospeso l’attività per partorire la sua seconda bambina. Contava di rimettersi al lavoro e invece è arrivato il virus. «Sono separata dal mio compagno e ora non so più come andare avanti: la situazione sta peggiorando, giorno dopo giorno, perché non ho più soldi per pagare l'affitto di casa (650 euro) quello del negozio (550 euro) per acquistare cibo e pannolini. Sono veramente disperata. Vi chiedo gentilmente aiuto!».
«Vado in casa delle signore e offro taglio, messa in piega, manicure e pedicure – racconta Annalisa. Da un mese le mie clienti hanno smesso di chiamarmi, ma nel frattempo le bollette continuano ad arrivare e io non so più come pagarle».


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