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Fase 2: quanto conta (davvero) la differenza di genere?

Il Coronavirus è più mortale tra gli uomini che tra le donne: «Eppure non possiamo ancora dire che le donne si ammalino di meno di Covid-19», spiega la dottoressa Giovannella Baggio. «Anche se sulle donne il virus è meno aggressivo, per questioni che hanno a che fare con il loro sistema ormonale e immunitario, non penso che le donne debbano tornare al lavoro prima degli uomini. Meglio che rientri solo chi è risultato negativo al tampone o che ha seguito una corretta quarantena»

di Sabina Pignataro

Sappiamo ancora molto poco dell’infezione che ha colpito il mondo. «Alcuni elementi però sembrano abbastanza chiari: «Il Coronavirus è più mortale tra gli uomini che tra le donne. Tuttavia, non possiamo ancora dire con certezza se le donne si ammalano di meno di Covid-19». Lo spiega bene Giovannella Baggio, presidente del Centro Studi Nazionale su Salute e Medicina di Genere che studia come le differenze biologiche tra uomini e donne influenzino fortemente il loro stato di salute e di malattia.

«Non possiamo sapere se le donne sono meno colpite dal coronavirus – chiarisce l’esperta – perché abbiamo risultati solo sulla mortalità, e non ancora sulla morbilità (cioè sulla frequenza con cui una data malattia si manifesta nella popolazione). Secondo i dati che arrivano dalla Cina e dall'Istituto Superiore di Sanità per l'Italia, in Cina la letalità per Covid-19 negli uomini è risultata del 4,7% rispetto al 2,8% nelle donne, mentre in Italia, la letalità corrisponde a tre uomini per ogni donna. Solo dopo i 90 anni le donne muoiono di più, ma a quell'età vi sono molte più donne viventi», spiega.
«Il Covid-19 sembra essere meno aggressivo sulle donne, perché queste sono probabilmente più resistenti, più corazzate grazie ad alcuni meccanismi che le difendono di fronte all'invasione del virus», spiega la dottoressa Baggio, che è anche professore ordinario, studioso senior all’Università di Padova dove, dal 2012 al 2017 ha tenuto la prima Cattedra di Medicina di Genere in Italia.

Alla base delle differenze di letalità tra uomini e donne potrebbero esserci motivazioni che hanno a che fare con l’assetto ormonale. «Nelle donne – spiega l’esperta – gli elevati livelli di estrogeni giocano un ruolo fondamentale perché aumentano l'espressione di ACE2, un enzima presente nel polmone come nel rene, capace di proteggere le cellule del polmone da danni di patogeni come ad esempio i virus, rendendo le cellule del polmone più resistenti all'attacco del virus». Ma non solo: «Il gene di questo enzima è sul cromosoma X, il quale contiene anche molti geni coinvolti nella risposta immunitaria. Le donne possiedono due copie del cromosoma X (anche se uno è parzialmente inattivato) a differenza dei maschi, che possiedono un X e un Y. Perciò la donna ha anche un vantaggio genetico». A questo proposito, sottolinea Baggio, «è molto interessante il fatto che donne Covid-19 positive partoriscano bambini sani (Covid-19 negativi): la placenta, il liquido amniotico e il latte sono infatti Covid negativi. Questo spiega come la natura sia fortemente orientata alla sopravvivenza della specie».

A conferma dal ruolo fondamentale giocato dalle differenze genetiche, la dottoressa Baggio anticipa che un nuovo approccio farmacologico in fase di sperimentazione dai ricercatori di Padova, che sembrerebbe offrire nuove speranze contro il Covid-19: «Pochi giorni fa è stata fatta una scoperta nuovissima all'Istituto Veneto di Medicina Molecolare (Vimm) diretto dal professor Franco Pagano. Sembrerebbe che il Covid-19 infetti le cellule anche tramite un altro enzima, il TMPRSS2, che è un marcatore importante del cancro della prostata e contro il quale lottano dei farmaci chemioterapici. Tutti i pazienti (circa 1.500) che sono sotto questa terapia in Veneto non hanno sviluppato la malattia da coronavirus. I risultati stanno per essere pubblicati su New England Journal of Medicine».

Le donne, inoltre, sembrano patire meno il Covid-19 perché il sistema immunitario, quell’insieme di meccanismi di difesa che ci proteggono dall’esposizione a sostanze estranee quali virus, batteri, parassiti, allergeni e tossine, «è più attivo nelle donne che nell’uomo». E questo non fa che confermare quello che la medicina di genere sa da oltre un secolo. E cioè, come sottolineava il New York Times qualche giorno fa, che «quando si tratta di predisporre una risposta immunitaria all'infezione, gli uomini sono il sesso debole». Fin da bambini, sottolinea la docente, «i vecchi pediatri insegnavano che di fronte alle malattie infettive tipiche dell’infanzia, come morbillo, varicella, rosolia, i bambini maschi registrano una maggiore mortalità rispetto alle bambine».

Nonostante le donne sembrino essere avvantaggiate nella lotta contro il Covid-19, la dottoressa Baggio non è d’accordo con quanto detto dalla virologa Ilaria Capua, che aveva ipotizzato alcune settimane fa che siccome il «virus è più aggressivo negli uomini», «le donne potrebbero tornare al lavoro prima degli uomini». «Ogni giorno – chiarisce Baggio – la scienza ci insegna qualcosa di nuovo che può essere utilizzato nel periodo della post-quarantena. Tuttavia, al momento, penso che potranno tornare al lavoro soltanto le persone che sono risultate negative al tampone o che hanno seguito una corretta quarantena. No quindi le donne a priori. Fare una distinzione sulla base del genere sarebbe assolutamente pericoloso. Meglio aspettare le indicazione della commissione tecnica del Ministero».

Oggi, aggiunge ancora l’esperta, la medicina di genere può aiutarci a capire i meccanismi di trasmissione e cura del Covid-19. «Fino a qualche anno fa, la medicina ha manifestato una “cecità” rispetto al genere, poiché la ricerca è stata fatta per lo più su soggetti di sesso maschile e i risultati sono stati poi estesi alle donne, assumendo che l’innegabile diversità biologica non avesse ripercussioni significative sulle malattie. Negli ultimi 20 anni, grazie alla nascita della medicina di genere, abbiamo scoperto che uomini e donne manifestano i sintomi delle stesse malattie in modo differente, hanno bisogno di strategie diagnostiche diverse e rispondono in modo diverso ai farmaci. In questo momento storico sarà importante studiare l’efficacia dei farmaci e dei vaccini contro il covid 19 considerando, rispettando e valorizzando le differenze presenti nel genere maschile e in quello femminile».

In conclusione la dottoressa Baggio non nasconde un po’ di amarezza: «Nella battaglia contro l’invisibile virus, le donne sono in prima linea. Eppure nella task-force che il Governo ha costituito per prepararsi alla fase 2 ci siano solo due donne. Non ci sono donne nel comitato tecnico, anche se gli uomini scelti sono di ottimo livello. Inoltre nel Consiglio Superiore di Sanità (rifatto dal Conte 1) ci sono 2 donne su 30 membri. Tutto ciò è assurdo».


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