Gli Obiettivi di sviluppo sostenibile, il Covid 19 e noi

"Se il costo della pandemia in termini di perdita di vite umane è doloroso, gli effetti sull'economia globale e sulle prospettive di sviluppo sostenibile possono essere ancora più gravi. E tradursi in breve in altre perdite di vite umane, non causate dal virus, ma dagli effetti perversi delle povertà. Morire per colpa del Coronavirus, senza mai aver avuto la malattia"

di Claudio Ceravolo

Il nostro mondo oggi sta affrontando una crisi di proporzioni gigantesche. Se il costo della pandemia in termini di perdita di vite umane è doloroso, gli effetti sull'economia globale e sulle prospettive di sviluppo sostenibile possono essere ancora più gravi. E tradursi in breve in altre perdite di vite umane, non causate dal virus, ma dagli effetti perversi delle povertà. Morire per colpa del Coronavirus, senza mai aver avuto la malattia.

In Italia l’opinione pubblica è monopolizzata dall’attenzione sulle conseguenze della pandemia nel nostro Paese; ma in un mondo strettamente interconnesso (e la propagazione del virus è il miglior esempio di come questo mondo sia strettamente interconnesso) la tenuta di tutto il sistema dipende dalla tenuta dell’anello più debole.

Gli Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals, SDG’s), progetto globale per porre fine alla povertà, proteggere il nostro pianeta e garantire prosperità, sono stati lanciati nel 2015 proprio nella consapevolezza che il mondo è uno, e non ce n’è uno di riserva.

La pandemia sta avendo un impatto enorme sul (non) raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo. Già prima la situazione non era molto positiva : l’ultimo report, pubblicato nel giugno 2019 con i dati aggregati OECD e NU, mostrava che, pur avendo qualche nazione fatto dei significativi progressi in alcuni settori, nessun paese al mondo stava al passo per raggiungere gli obiettivi fissati per il 2030, in primo luogo a causa di una grave carenza degli investimenti.

L’esempio forse più lampante è dato dall’Obiettivo 2 (sconfiggere la fame), di cui ha ampiamente parlato Cristina Barbetta su VITA del 22 aprile : la pandemia di Covid-19 potrebbe quasi raddoppiare il numero delle persone che soffrono la fame acuta nel mondo entro la fine del 2020.

Già gli obiettivi 1 (eliminare la povertà estrema) e 2 mostravano un peggioramento dei parametri rispetto al 2015 (vedi figura), dando forse ragione a quegli studiosi che consigliavano nel 2015 di concentrare gli sforzi della comunità mondiale su pochi obiettivi (sconfiggere la povertà estrema, la malnutrizione, la mortalità materna e infantile, assicurare acqua potabile), invece di disperderli in 17 macro obiettivi. Così non è stato, e la Banca mondiale stima che la crisi spingerà circa altri 11 milioni di persone nella povertà estrema.

Ma anche in altri settori ci si attendono sviluppi preoccupanti: L'UNESCO stima che siano circa 1,25 miliardi gli studenti che avranno difficoltà nel continuare gli studi, ponendo una seria ipoteca al raggiungimento dell’SDG 4 (Educazione di qualità), mentre l'Organizzazione internazionale del lavoro (ILO) stima che circa 25 milioni di persone potrebbero perdere il posto di lavoro, compromettendo l’ SDG 8 (lavoro dignitoso).

E questo è solo la punta dell’iceberg : ci si attende risultati negativi anche nel raggiungimento di SDG 6 (acqua potabile e servizi igienico-sanitari), SDG 5 e 10 (disuguaglianze sociali e di genere) e – ovviamente – SDG 3 (salute e benessere).

Di fronte a un quadro così preoccupante, le nostre Organizzazioni della Società Civile che si occupano di cooperazione allo sviluppo e di aiuto umanitario che cosa possono fare ?

Non retrocedere nell’impegno, non dimenticare la nostra mission. In queste settimane vedo tante OSC impegnate nella lotta al Covid in Italia: è giusto, è una bella testimonianza di solidarietà con le comunità di appartenenza: ma la nostra mission principale è nel promuovere sviluppo nei paesi più poveri, e questo impegno va rafforzato ora, non indebolito. Anche se dovessero diminuire i finanziamenti da parte dei paesi sviluppati. Senza stancarci di ricordare alle opinioni pubbliche dei nostri paesi che se a livello globale gli anelli deboli cedono, tutti noi ne avremo un danno.

*Claudio Ceravolo, presidente della Fondazione COOPI – Cooperazione Internazionale


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