Education & Scuola

Infanzia: la fase 2 e 3 deve imparare il “ma anche”

«Tutti noi siamo preoccupati di evitare una ripresa della epidemia. Riteniamo, tuttavia, che talune preoccupazioni che spingono a ritardare l’apertura dei servizi per l’infanzia e le scuole non tengono in conto i rischi per la salute fisica e psichica di bambini e ragazzi e i loro diritti. Occorre affrontare contestualmente tutti questi temi», scrive l’Alleanza per l’Infanzia. Ecco la road map per la fase 2 e 3.

di Redazione

Una questione di diritti. Per inquadrare correttamente la discussione caldissima di questi giorni, occorre partire da qui. Il sistema educativo italiano «risponde innanzitutto ai diritti costituzionali dei bambini e ragazzi a ricevere un’istruzione» e ad avere accesso a risorse adeguate «per assicurare il pieno sviluppo delle proprie capacità fin dai primi anni di vita» e per «contrastare le disuguaglianze di partenza». Ecco perché la scuola e i servizi educativi per la prima infanzia sono altrettanto cruciali delle attività produttive per la ripresa e per il futuro del paese. Scrive così Alleanza per l’Infanzia in un articolato documento. Senza fingere che non sia un tassello fondamentale per aiutare a risolvere i problemi di conciliazione famiglia-lavoro.

Che la chiusura delle scuole sia una ferita, è stato detto da molti organismi internazionali, che stanno lavorando per portare all’attenzione dei decisori le gravi preoccupazioni circa le conseguenze sui bambini e ragazzi dell'isolamento sociale e della chiusura degli spazi educativi. Queste preoccupazioni sono state espresse, anche in Italia, pure da pediatri e neuropsichiatri infantili: questo per ribadire che tutti si è consapevoli del contemporaneo e cruciale tema del diritto alla salute. Ma contrapporre le necessità è poco sensato. «È certamente cruciale che il reddito delle famiglie sia sostenuto e che i genitori siano messi in condizione di poter lavorare. Ma è altrettanto necessario portare al centro del dibattito il ruolo del sistema educativo e dell’istruzione, sia per assicurare una crescita adeguata ai bambini e ai ragazzi che per sostenere i genitori lavoratori». Quindi ben venga il rafforzamento immediato degli interventi di conciliazione già esistenti (congedo parentale straordinario, lavoro a distanza laddove possibile, voucher babysitter), ma sapendo che rispondono ai bisogni di solo una parte della popolazione e che in ogni caso, non affrontano i bisogni educativi di bambini e ragazzi.

«Occorre, quindi, affrontare contestualmente i bisogni educativi e di socialità dei bambini e ragazzi; i problemi di conciliazione famiglia lavoro per i genitori di figli minori, in particolare sotto i 14 anni; il rischio di impoverimento dell’offerta di servizi educativi per la prima infanzia», scrive l’Alleanza per l’Infanzia. È questa la road map per la fase 2 e 3.

I bisogni educativi e la fase 2 dei servizi per l’infanzia, le scuole e i servizi socio-educativi

La riapertura dei servizi educativi per l’infanzia, delle scuole e dei servizi socio-educativi in condizioni di sicurezza sanitaria pone senza dubbio complessi problemi organizzativi, di utilizzo dello spazio e di personale, così come di attività effettuabili. Non si capisce tuttavia perché la loro soluzione venga rimandata in toto a settembre e, per la prima infanzia anche oltre, invece di cominciare ad affrontarla già da ora, come avviene per altri settori ed in altri paesi, definendo un Protocollo di salute e sicurezza nazionale specifico per questi comparti attraverso una cabina di regia che coinvolga Istituzioni e parti sociali, e cogliendo l’emergenza sanitaria come uno stimolo per ripensare organizzazioni spaziali e modalità didattiche.

Tutti noi siamo preoccupati di evitare una ripresa della epidemia. Riteniamo, tuttavia, che talune preoccupazioni che spingono a ritardare l’apertura dei servizi per l’infanzia e le scuole

  • non tengono in conto i rischi per la salute fisica e psichica di bambini e ragazzi derivanti dalla perdurante assenza di apporti educativi e supporti psicosociali (questi ampiamente documentati sia a livello internazionale che italiano), e questo in particolare per bambini e ragazzi già in condizioni di vulnerabilità biologica e/o sociale;
  • non tengono in conto che la chiusura di servizi educativi, scuole e servizi socio-educativi non preserva affatto da occasioni di contagio, visto che le famiglie, soprattutto ora che le attività lavorative riprendono, dovranno comunque trovare soluzioni per i loro bambini e quindi si attiveranno forme di socializzazione, con parenti, amici e conoscenti mettendo i bambini e ragazzi assieme, che lasciano intatti se non aumentano i rischi di contagio senza peraltro fornire nessun apporto educativo;
  • non considerano le alternative costituite da forme nuove, per spazi e tempistica e controllate (testing di insegnanti ed educatori, anamnesi familiare per i bambini, sanificazione ambienti, ecc.).

Le valutazioni del rischio appaiono invece legate ad una concezione della scuola organizzata per grandi gruppi in spazi ristretti che andrebbe superata e che già non è operante nei nidi, ove il rapporto bambini-educatori è di 5 a 1 per i più piccoli, e di 8 a 1 per i più grandi. Ridurre i gruppi consentirebbe di monitorare meglio sia i bambini sia i genitori. Dalla scuola primaria in su, il solo ridimensionamento della numerosità delle classi e il conseguente e necessario potenziamento degli organici consentirebbero il distanziamento fisico impossibile da ottenere dai più piccoli.

Ciò che è urgente fare nelle prossime settimane

Nell’ottica di un rafforzamento delle opportunità educative e di socializzazione per bambini e ragazzi già durante l’estate, è necessaria una riprogettazione dei servizi comunali a gestione diretta o indiretta (tramite appalti, e/o convenzioni), che coinvolga tutti i principali soggetti presenti in ogni territorio (enti locali, scuole, servizi sanitari, sindacati, terzo settore, utilizzando anche i giovani già selezionati per il servizio civile). Tutte le energie disponibili sul territorio vanno convogliate nella direzione di una risposta quanto più possibile coordinata al fine di promuovere opportunità educative e di socializzazione diffuse e di prossimità (per evitare spostamenti) sul territorio, in micro-gruppi, svolti all’aperto o in spazi chiusi che consentano il rispetto dei requisiti di distanziamento fisico, con chiari protocolli sanitari.

Per i bambini e ragazzi della scuola dell’obbligo e superiore occorre fare una ricognizione di coloro che non sono stati ancora raggiunti dalla didattica a distanza, per mancanza di accesso agli strumenti telematici o per abbandono, in modo da canalizzare le risorse messe a disposizione a questo fine dal governo e mettere a punto iniziative specifiche di sostegno e recupero durante l’estate.

Per i bambini e ragazzi con disabilità o in condizione di grave disagio familiare riprendere e rafforzare, pur con i requisiti richiesti dalla nuova situazione, le iniziative a loro sostegno sospese o fortemente ridotte durante la Fase 1.

Ci sembra questa la linea su cui sta muovendosi l’ANCI nell’interlocuzione con la Ministra della famiglia. Occorre formulare chiare linee guida nazionali per evitare che ciascun Comune o Regione si muova totalmente per conto suo, o non faccia nulla, lasciando le famiglie e i bambini e ragazzi esclusivamente alle proprie risorse e accentuando le disuguaglianze, oltre che possibili rischi di iniziative fuori controllo dal punto di vista sanitario, oltre che educativo. La disponibilità a discuterne mostrata dal Presidente del Consiglio negli ultimi giorni è un segnale positivo, ma deve diventare impegno concreto.

La conciliazione

Accanto ad una progressiva riapertura dei servizi e della scuola, per favorire la conciliazione ci sembrano necessari i seguenti strumenti:

  • utilizzo del lavoro a distanza ovunque sia possibile, ma con possibilità di negoziare gli orari (inclusa la possibilità di fruire di part time), con priorità per i genitori con figli minori di 14 anni;
  • previsione della facoltà di andare in part time lungo straordinario se espressamente richiesto da genitori con figli minori di 14 anni, assicurando il pieno diritto alla reversibilità su richiesta del lavoratore e della lavoratrice, sia per i padri sia per le madri (anche per favorire l’alternanza tra i due);
  • prolungamento del congedo genitoriale straordinario, con la possibilità di fruirne part time (analogamente al congedo ordinario), con una maggiore copertura contributiva e con un premio di giorni aggiuntivi se condiviso a turno da entrambi i genitori.

Si tratta di strumenti necessari ma non risolutivi: perché hanno costi economici per i lavoratori e le lavoratrici, che non possono essere adottati con la stessa facilità in tutte le aziende e che non sono sempre fruibili da parte di tutte le categorie di lavoratori. Presentano inoltre il rischio di svantaggiare ulteriormente le madri sul mercato del lavoro. Anche il lavoro a distanza, seppur da valorizzare, rappresenta nelle circostanze attuali – se non combinato con un adeguato set di congedi e permessi e in assenza di servizi educativi e scuola – una soluzione solo parzialmente adeguata, sovrapponendosi alla presenza dei figli 24 ore su 24 e ai compiti aggiuntivi di home schooling di fatto prodotti dalla didattica a distanza, specie per i più piccoli.

Rischi di chiusura dei servizi e di perdita di lavoro del personale

Segnaliamo, infine, che la prolungata chiusura dei nidi, delle scuole e dei servizi integrativi per l'infanzia, nonché dei servizi socio-educativi per la prima infanzia, costituisce un rischio, già in atto, per la stessa esistenza di questi servizi e l’occupazione di chi vi lavora. Vi è già una situazione di forte sofferenza soprattutto nei servizi privati, che costituiscono quasi la metà dei già scarsi nidi di infanzia, ma anche in quelli pubblici e nelle scuole dell’infanzia, così come tra gli educatori che lavorano con le scuole con i bambini e ragazzi disabili. Se non si provvede a sostenerli economicamente per affrontare la transizione, il rischio è che alla ripresa molti non ci saranno più.


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