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L’urgenza dell’oggi e la lungimiranza del domani. Le nostre proposte

Ecco un pacchetto di proposte per il prossimo decreto legge. Affermare subito, in via normativa, il principio che l’erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali di cui alla Legge n. 328/2000 costituisce un servizio pubblico essenziale che non può mai essere interrotto. Un fondo speciale per interventi urgenti nell'emergenza pandemica. Investire sul Terzo settore

di Lisa Noja e Annamaria Parente

L’emergenza Covid-19 sta mettendo a dura prova tutti i cittadini italiani, ma alcuni più di altri: gli anziani soli e spesso non autosufficienti, le persone con disabilità, i minori in difficoltà, le persone senza fissa dimora e tutti i soggetti maggiormente fragili. Parliamo di milioni di nostri concittadini e concittadine che rappresentano le fasce di popolazione più vulnerabili e che, a causa della pande-mia, rischiano di imboccare un processo di ulteriore, inesorabile emarginazione socio-economica.

Consapevoli di questo, diciamo che proprio ora, mentre sta partendo la cosiddetta Fase 2, dobbiamo compiere una scelta strategica: intendiamo affrontare anche questa fase dell’epidemia con un approccio emergenziale e di puro contenimento del danno, oppure avremo il coraggio di tenere insieme le necessità contingenti e l’investimento in nuove pratiche di welfare capaci di soddisfare i bisogni individuali dei cittadini più fragili, promuovendone l’inclusione e l’emancipazione sociale?

Noi riteniamo che non ci possa essere una ripresa utile al Paese se non sceglieremo di percorrere la seconda strada. Perché, nel momento in cui ricorriamo a un inevitabile e significativo innalzamento del nostro debito pubblico, occorre che ogni singola scelta compiuta si ponga l’obiettivo di lasciare alle future generazioni, che quel debito dovranno sostenere, una forte eredità in termini di progresso sociale.

Partendo da questa premessa, abbiamo messo a punto un pacchetto di proposte per il prossimo decreto legge che, per noi, deve rappresentare l’occasione per generare processi ed esperienze innovative, partendo da una amara constatazione emersa con drammatica chiarezza in queste settimane: nel nostro Paese tanti servizi sociali indispensabili per la vita di moltissimi cittadine e cittadine più in difficoltà possono essere interrotti di punto in bianco, senza che ci si trovi pronti ad offrire alcun intervento sostitutivo perché quelle prestazioni non sono considerate rientrare nella categoria dei cosiddetti servizi essenziali. In poche parole, durante la prima fase della pandemia è emerso che, secondo la logica dei codici Ateco, i supermercati sono rimasti aperti, mentre, per esempio, i centri semiresidenziali per le persone con disabilità sono stati chiusi, lasciando gli utenti e le loro famiglie prive di supporti alternativi.

Non ignoriamo le enormi difficoltà che le istituzioni hanno dovuto affrontare per gestire un’emer-genza sanitaria straordinaria, che nessun Paese europeo era davvero preparato a fronteggiare. Tuttavia, proprio ora che la pressione sul sistema sanitario si sta allentando, occorre attrezzarsi per riavviare i percorsi di assistenza di tante persone che non possono vedere la loro vita sospesa a tempo illimitato. Ed è anche venuto il momento di dotarsi di un quadro normativo chiaro che impedi-sca, in futuro, il ripetersi di situazioni quale quella vissuta in queste settimane.

Per questo proponiamo anzitutto di affermare subito, in via normativa, il principio che l’erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali di cui alla Legge n. 328/2000 costituisce un servizio pubblico essenziale che non può mai essere interrotto. Con la conseguenza di imporre agli enti competenti l’obbligo di adottare appositi piani di emergenza atti a garantire la continuità di tali prestazioni, ancorché in forme alternative, anche in casi di calamità e crisi sanitaria.

Partendo da questo pilastro, con la nostra piattaforma di proposte intendiamo affermare la ferma convinzione che perseverare in una logica di meri interventi monetari, avulsi da un adeguato pro-cesso di valutazione e presa in carico dei bisogni delle persone, esporrebbe il nostro Paese al concreto pericolo di porre argini solo temporanei e troppo fragili all’emergenza sociale che la crisi eco-nomica legata alla pandemia da Covid-19 sta innescando.

Non contestiamo, si badi bene, la necessità di sostenere subito il reddito delle persone che rischiano di non poter soddisfare i loro bisogni primari, ma rivendichiamo con forza come occorra al contempo affrontare le necessità assistenziali più ampie derivanti dalla compromissione dello stato di salute o delle capacità di relazione che la pandemia porta con sé. Di fronte all’aumento della domanda di supporto da parte dei cittadini, dobbiamo insomma avere finalmente il coraggio di investire davvero nella persone attraverso un importante rafforzamento della rete dei servizi sociali territoriali, che risultano ancora troppo disomogenei e non adeguatamente strutturati sul territorio nazionale e che, anche nei territori più virtuosi, sono già al limite delle proprie capacità di risposta.

Per questo, proponiamo di integrare subito le Unità speciali di continuità assistenziale (USCA) previste dal Cura Italia con la figura degli assistenti sociali, in funzione del fabbisogno locale, determinato in riferimento dell’andamento epidemiologico regionale. Tale presenza sarebbe essenziale per assicurare una valutazione multidimensionale dei bisogni dei pazienti affetti da Covid-19 e per at-tuare un efficace raccordo con gli enti territoriali, consentendo di avviare i necessari interventi sociali e socio sanitari e garantendo una presa in carico globale soprattutto delle persone contagiate che appartengano a categorie più fragili. Nella stessa ottica, riteniamo indispensabile individuare sin d’ora protocolli specifici di sostegno sanitario e sociosanitario da attivare in caso di contagio ed eventuale ricovero di persone non autosufficienti, con disabilità che presentino esigenze mediche particolari ovvero non collaboranti.

Per potenziare le infrastrutture dei servizi sociali territoriali ed essere pronti a soddisfare i bisogni sociali crescenti dei prossimi mesi, crediamo inoltre sia necessario creare un fondo speciale per interventi urgenti connessi all’emergenza pandemica e dedicato ad alcuni settori specifici: contrasto alla povertà e all’esclusione sociale, in particolare modo per le persone senza dimora; servizi educativi e assistenziali domiciliari in favore delle persone e dei nuclei famigliari interessati dagli effetti della pandemia (pensiamo ai minori o alle persone non autosufficienti in caso di isolamento o ricovero dei loro familiari); ulteriori eventuali necessità di interventi sociali innovativi e urgenti derivanti dall’emergenza sanitaria, con particolare riferimento ai minorenni, alle persone anziane o con disabilità che necessitino di interventi sostitutivi o integrativi. Il fondo, quantificato complessivamente in 85 milioni di euro, dovrebbe essere vincolato all’utilizzo dei fondi nazionali già stanziati per le politi-che sociali e sarebbe destinato all’assunzione in via straordinaria, per un periodo non superiore a mesi 18, di assistenti sociali e altro personale idoneo, nonché alla copertura di tutti gli altri costi di realizzazione e gestione dei servizi, anche mediante apposite convenzioni con soggetti del Terzo Settore.

Accanto a questi interventi che riguardano i servizi territoriali, riteniamo indispensabile potenziare la rete del Terzo Settore per promuovere azioni di assistenza e cura inserite nel sistema socio-assistenziale e socio-sanitario regionale.

A tal proposito, abbiamo già avanzato la proposta di erogare nel mese di maggio la quota di spettanza del 5×1000 per il 2018 a tutti i soggetti beneficiari e certamente ribadiamo anche qui la necessità, già evidenziata nel corso dell’esame del Decreto Cura Italia, di chiarire che la possibilità ivi riconosciuta agli enti locali di rimodulare, secondo modalità alternative, i servizi sospesi debba ri-guardare anche i servizi educativi per gli alunni con disabilità in tutti gli ordini di scuola (e non solo i servizi all’infanzia), nonché tutti i centri diurni e semiresidenziali (per anziani, per persone con disa-bilità, per minori, per la salute mentale, per le dipendenze e per persone senza fissa dimora) e i servizi sanitari indifferibili.

Ma per noi tutto ciò non basta. Per questo proponiamo l’istituzione di un fondo di 500 milioni di euro dedicato agli enti e alle imprese del Terzo Settore per il finanziamento di progetti volti a potenziare e a migliorare, in un’ottica di innovazione e di particolare attenzione alle aree interne del Paese, i servizi in favore delle persone con disabilità non autosufficienti, e ciò anche in modalità domiciliare o abilitando l'uso di soluzioni digitali e tecnologiche.

Siamo coscienti del fatto che i bisogni immediati a cui il Governo e la politica in generale devono dare risposta sono moltissimi. Tuttavia crediamo che, se agiremo nella prospettiva di costruire pro-cessi e buone pratiche di politica sociale che consentano al nostro Paese non solo di superare la terribile tragedia causata dal Covid-19 ma di agire in una logica di sistema utile anche per future emergenze, le risorse che proponiamo di impiegare oggi non saranno un costo ma un investimento.

Mai come ora, infatti, l’efficacia delle soluzioni proposte deve essere misurata avendo riguardo alla loro capacità di tenere insieme l’urgenza dell’oggi e la lungimiranza per il domani. Perché, parafrasando Albert Einstein, è nella crisi che nascono l’inventiva, le scoperte ma soprattutto le grandi strategie.

*Parlamentari, Deputate di Italia Viva


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