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Cooperazione & Relazioni internazionali

Grecia, i migranti vengono espulsi con la forza e portati in Turchia

Stando all’ultimo Rapporto pubblicato da Border Violence Monitoring Network in sei settimane in Grecia sono state oltre 194 le espulsioni dei migranti dai campi profughi interni. Le persone hanno raccontato di essere state picchiate e derubate prima di essere portate nell'area di confine dove, una volta attraversato il fiume Evros, si ci trova in territorio turco. Su alcuni la polizia ha usato dispositivi taser portatili per somministrare scosse elettriche

di Anna Spena

Che sta succedendo al confine tra la Grecia e la Turchia? Che fine hanno fatto i profughi che si sono spostati al confine greco-turco per iniziare il percorso tra i Paesi dei Balcani e provare a raggiungere l’Europa ed? E cosa è successo a chi è riuscito a superare il confine del fiume Evros una volta arrivato in Grecia? Facciamo un passo indietro di qualche mese fino a prima dell’emergenza Coronavirus.

Dopo le ultime offensiva di Assad, presidente siriano, e dell’alleato russo Putin, su Idlib, nordovest della Siria, tra la fine di dicembre e febbraio, si stima che siano oltre un milione i civili che hanno deciso di mettersi in viaggio per raggiungere il confine con la Turchia. Ma la Turchia ospita già 3,6 milioni di profughi siriani. Nel 2016, infatti, Bruxelles ha firmato un accordo con Ankara, stanziando sei miliardi di euro, affinché Erdogan, presidente turco, evitasse che i profughi raggiungessero la Grecia, porta d'ingresso per l’Europa. Ma una volta finiti quei fondi, Erdogan ha minacciato l’Europa di aprire le frontiere, ed effettivamente, anche se per un lasso breve di tempo, l’ha fatto. In Grecia però i rifugiati e richiedenti asilo sono già circa 80mila. Di questi, ben 42mila si trovano confinati su alcune piccole isole dell’Egeo.

L’emergenza Coronavirus ha cambiato tutte le priorità e le attenzioni, le frontiere ufficialmente sono chiuse anche se qualche profugo riesce a superarle. Qualcuno invece viene forzatamente riportato indietro. È di fine aprile, ad esempio, la notizia che Fahrudin Radončić, ministro della Sicurezza in Bosnia Erzegovina, ha illustrato il suo pianoche prevede “la deportazione dei migranti nei loro paesi d’origine”. In Grecia invece, stanno alle testimonianze raccolte nell’ultimo Rapporto pubblicato da Border Violence Monitoring Network, sito web che documenta – grazie al supporto di più associazioni locali – i respingimenti illegali e violenze della polizia inflitte dalle autorità degli Stati membri dell'UE, si starebbero verificando drammatici e violenti respingimenti dei migranti verso la Turchia. L’analisi è stata realizzata con il supporto delle di due associazioni che operano sul territorio, la Wave-Thessaloniki e Mobile Info Team. Nel giro di sei settimane, infatti, le squadre hanno ricevuto segnalazioni di 194 persone respinte in Turchia dal campo profughi di Diavata, nord di Salonicco, e dal centro di detenzione pre-rimozione di Drama Paranesti.

«I migranti», si legge dal rapporto, «hanno raccontato di essere stati picchiati, derubati e detenuti prima di essere portati nell'area di confine dove il personale militare ha usato le barche per riportarli in Turchia attraverso il fiume Evros. Nel frattempo, un altro grande gruppo è stato prelevato dalla detenzione nel dramma Paranesti (comune Greco situato al confine con la Macedonia Orientale) ed espulso con gli stessi mezzi. Anche se i respingimenti sembrano essere un evento regolare dalla Grecia alla Turchia, raramente i gruppi sono stati rimossi dai campi della città interna a metà del territorio. All'interno dell'attuale chiusura dell'ufficio di asilo greco e delle misure di restrizione a causa del Covid19, la repressione dei richiedenti asilo e una più ampia comunità di transito sembra aver raggiunto uno zenit in questi casi».

«Oggi, 6 maggio, nel mese di Ramadan», ci racconta il fild coordinator del Network, «la polizia è arrivata a Diavata questa mattina e ha iniziato a rimuovere tende e strutture installate in una zona di trabocco fuori dal campo. Questa zona è abitata da richiedenti asilo che non hanno potuto essere registrati nei locali del campo a causa dell'eccesso di capacità. Tra questi ci sono individui in possesso di carte di asilo, ma anche persone senza documenti, che non sono state in grado di accedere al servizio di asilo greco poiché chiuso negli ultimi due mesi. Sheraz Khan, un cittadino pakistano di 26 anni, è stato prelevato dalla polizia fuori dal campo di Diavata martedì 5 maggio, intorno alle 15.00. Il suo ultimo messaggio è stato: “la polizia ci ha sorpresi, non so cosa ci farà". Altri del nostro team hanno provato a ricontattarlo ma da allora non sono più riusciti a parlargli e non è tornato al campo. Abbiamo forti ragioni per credere che potrebbe essere stato respinto in Turchia».

Questa è solo una delle testimonianze raccolte. A metà aprile un ragazzo afgano di 26 anni accampato con altre 50 persone nel campo di Diavata, ha visto arrivare la polizia greca vestita di nero che, con diversi ufficiali in abiti civili, è entrata nel campo. La polizia ha detto ai gruppi che dovevano essere portati temporaneamente alla stazione per ricevere "khartias" (nome informale per un documento di legalizzazione a breve termine. Alcuni avevano documenti con una data scaduta, sebbene secondo le misure introdotte dal governo greco, questi sarebbero rimasti validi fino alla riapertura dell'ufficio di asilo dopo le restrizioni dovute al Coronavirus). Gli ufficiali li hanno caricati sui furgoni e sugli autobus fino ad arrivare negli ufficii di polizia. Una volta lì gli ufficiali hanno ordinato ai ragazzi di sdraiarsi. «La polizia», si legge nel rapporto, «ha preso telefoni, denaro e altri beni preziosi. Secondo quanto riferito, gli ufficiali hanno anche usato manganelli per colpire la maggior parte delle persone e hanno anche usato dispositivi taser portatili per somministrare scosse elettriche a gambe di alcune persone. Poi sono stati portati all’aperto e dopo diverse ore ricaricati sugli autobus. Hanno passato la notte in una struttura in Grecia e il giorno successivo, giovedì 16 aprile sono stati portati sul fiume Meric. Lì, gli ufficiali militari greci li hanno costretti a spogliarsi. Le autorità hanno picchiato di nuovo il gruppo con manganelli, lasciando visibili lividi. Le persone poi sono state divise in gruppi più piccoli su una barca per raggiungere il confine Turco».

Anche il 23 aprile 2020, gli agenti di polizia hanno rimosso almeno 24 persone dal centro. Le autorità greche hanno detto loro che li avrebbero portati ad Atene, ma sono stati invece portati al confine in un camion. «Il gruppo è stato guidato in autobus fino al confine con la Turchia, dove si sono trovati davanti ad ufficiali dell'esercito che indossavano maschere chirurgiche. Gli stessi hanno immerso in acqua la testa dei ragazzi per torturare l'intero gruppo. La sera dello stesso giorno, il gruppo è stato portato sul fiume Evros dalle autorità. Gli ufficiali militari mascherati hanno picchiato il gruppo con manganelli e li hanno minacciati con coltelli. Solo dopo le 24 persone sono state messe su una barca in gruppi di circa sette per essere trasportate sul lato turco. Durante il push-back gli ufficiali hanno detto loro: “State attenti a tornare”. Una volta arrivati in Turchia sono stati raggiunti da tre poliziotti turchi e cinque militari. Gli ufficiali gli hanno detto “avete due opzioni”: o attraversate il fiume per tornare in Grecia oppure camminare per 230 km fino a Istanbul. Il gruppo di circa 24 persone ha deciso di dividere in due gruppi più piccoli e andare a piedi a Istanbul».


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