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Cooperazione & Relazioni internazionali

Mohammed dal campo profughi si preoccupa per chi lo sostiene in Italia

L'emergenza cambia le prospettive e da un campo profughi in Libano arriva la preoccupazione di un bambino siriano per la sua famiglia italiana. E in tutto il mondo gli staff AVSI trovano nuovi modi per aiutare i bambini sostenuti a distanza

di Redazione

Mohammad è un bambino siriano che vive con la sua famiglia in Libano, in un campo profughi nel sud del paese. Anche lì dal 15 marzo è in vigore il lockdown per l’emergenza Coronavirus e Mohammad è costretto a rimanere a casa, anche se per lui casa è una tenda sovraffollata, senza i servizi igienici essenziali. Eppure, ciò che più lo preoccupa, sono le notizie dall’Italia dove abita Teresa, la sua sostenitrice. Perciò prende in mano i pastelli per disegnare una casa colorata che la protegga, con le parole “La tua casa è al sicuro”.

Poi scrive una lettera per chiederle se sta bene, come trascorre le giornate e le racconta le sue – mi sono rotto una mano giocando con i mei fratelli, ma non ti preoccupare, sto bene! – la saluta raccomandandole di fare attenzione "Please, take care". E chiede all'assistente sociale di AVSI di farla avere a Teresa.

È il gesto semplice e spontaneo di un bambino che racchiude in sè la forza del legame che crea il progetto del sostegno a distanza, una famiglia che si allarga e tiene insieme persone solo geograficamente lontane.

La lettera di Mohammad
«Dear Teresa, how are you? I am sending this letter to tell you that I always think of you. What are you doing? How is the situation where you live? I hope every thing is good with you. My family and I are fine, we stay at home all the time. I broked my hand while I was playing with my siblings but don’t worry, I am fine. Please, take care».

«Cara Teresa, come stai? Ti scrivo questa lettera per dirti che ti penso sempre», scrive Mohammad, «Che fai, com’è la situazione nel tuo paese? Spero che vada tutto bene. La mia famiglia e io stiamo bene, rimaniamo tutto il giorno in casa. Mi sono rotto una mano mentre giocavo con i miei fratelli ma non preoccuparti, sto bene. Mi raccomando, abbi cura di te».

La risposta di Teresa
Quando Chafica Abdou Kahale – responsabile del sostegno a distanza di AVSI Libano – le inoltra la lettera, Teresa è commossa e incredula: Mohammad, dalla sua tenda nel campo profughi, è in pensiero per lei. Gli risponde che sta bene, e che spera un giorno si potranno incontrare, magari in Siria, quando questa emergenza e la guerra che ha costretto la famiglia di Mohammad a scappare, saranno finite.


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