Education & Scuola

Riapriamo la scuola, è il respiro del Paese

«La scuola non è di qualcuno, la scuola è il respiro della cittadinanza, è la “fabbrica” di un Paese, nel senso che lì un Paese costruisce la sua cittadinanza e si tiene in piedi come comunità. Ma una coscienza diffusa di ciò non c’è, altrimenti non saremmo qui a dirci di questa grande rimozione che per un mese e mezzo ha riguardato la scuola e i bambini», dice la responsabile istruzione di Anci. «La scuola per metà a casa non esiste perché a casa non sappiamo cosa c’è. O meglio, a casa c’è ciò che certifica la disuguaglianza, mentre la scuola è il primo luogo dell’uguaglianza»

di Sara De Carli

A Firenze nel 1945 è nata la Scuola-Città "Pestalozzi". Scuola-Città, «anzi Scuola-Paese, il binomio è quello. La scuola non è di qualcuno, la scuola è il respiro della cittadinanza, è la “fabbrica” di un Paese, nel senso che lì un Paese costruisce la sua cittadinanza e si tiene in piedi come comunità. Ma una coscienza diffusa di ciò non c’è, altrimenti non saremmo qui a dirci di questa grande rimozione che per un mese e mezzo ha riguardato la scuola e i bambini». Parla così Cristina Giachi, presidente della Commissione istruzione di ANCI, nella diretta facebook organizzata nel pomeriggio dal tavolo Saltamuri sui temi del manifesto “Per una responsabilità politica diffusa”.

«Per più di un mese e mezzo la parola scuola non è affiorata in nessun dibattito. Solo tardi ci si è resi conto di due profili: il tema educativo e il disagio di tanti bambini. La stessa Commissione Bianchi ha tenuto i Comuni fuori e faccio presente che le scuole sono dei Comuni e a parte la didattica sono i Comuni che organizzano tutti gli altri servizi. Ma noi non siamo stati ancora auditi. È assurdo che si tengano separate la vita della scuola e la vita del Paese, se continuiamo così non otterremo mai la possibilità che la scuola non sia rimossa dal dibattito. C’è una chiusura totale del Ministero sulla possibilità che la scuola possa tornare, piano piano, al pari di tutti gli altri, in modo sperimentale a riaprire almeno un po’. Non me ne faccio una ragione».

Le alleanze territoriali, le comunità educanti, la sinergia con il Terzo settore sono tutte cose vere e importanti ma – ha sottolineato Giachi, «ci sono parti del Paese dove questo tessuto non c’è: se non attiviamo un po’ di scuola dell’infanzia statale, ci sono bambini che non avranno niente. Il Terzo settore in alcuni territori non ce la fa, bisogna attivare settori di scuola dell’infanzia, dando priorità ai bambini in fragilità educativa e a chi ha genitori che lavorano. Senza un pezzo di scuola dell’infanzia che si riattiva, certe zone del Paese precipiteranno nell’abisso della disuglianza e questo non va bene. Non ci credo che non si possa fare».

Per Giachi è «impossibile anche» che chi è alla fine di un ciclo non possa rivedere per una settimana, in sicurezza, i compagni con cui ha condiviso un percorso, che a settembre non vedrà più. «Mi preoccupa che ai tavoli ministeriali, la prima cosa che si dica è che la scuola riapre a settembre, che di insegnanti in estate non se ne parla nemmeno, che in estate la scuola non c’è». Ed è «preoccupatissima» anche dall’idea di didattica mista: «Facciamo i turni ma tutti vadano a scuola, i piccoli come i grandi. Come Comuni ci impegniamo a costruire quel muro, quella porta, ad allargare un’aula, ad attrezzare un giardino… ma la scuola per metà a casa non esiste perché a casa non sappiamo cosa c’è. O meglio, a casa c’è ciò che certifica la disuguaglianza, mentre la scuola è il primo luogo dell’uguaglianza. Se ci rinunciamo, capitoliamo indietro di decenni».


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