Economia & Impresa sociale 

Dalla Calabria le proposte urgenti per ripartire al Sud

In una lettera il Gruppo cooperativo Goel e Comunità Progetto Sud non si fermano al mero mettere in evidenza la situazione drammatica del meridione dopo il lockdown, ma partendo dall’esperienza di lotta contro la ‘ndrangheta e l’emarginazione sociale attraverso la promozione dell’imprenditorialità calabrese lanciano alcune idee. Dal turismo alla sanità, dall’agricoltura biologica all’infrastrutturazione digitale al mutualismo, alla democrazia e sussidiarietà

di Redazione

"L’epidemia da Coronavirus che stiamo attraversando sta infliggendo un terribile costo di vite umane in tutta Italia, in particolare nelle regioni del nord alle quali va tutta la nostra solidarietà e vicinanza. Il Sud e la Calabria finora non sono stati significativamente colpiti dal contagio, e se lo fossero stati avremmo avuto un’ecatombe: all’inizio dell’epidemia la Calabria poteva contare su appena 107 posti di terapia intensiva su circa 2 milioni di abitanti. Abbiamo compreso e condiviso le opportune misure che il Governo e le regioni hanno adottato per il contenimento dell’epidemia. La quarantena è stata indispensabile. Oggi tutti speriamo che le restrizioni radicali non tornino a essere necessarie e che l’epidemia non si espanda nuovamente. È, quindi, il momento di occuparsi delle conseguenze economiche e sociali del lockdown in Italia".
Parte da queste parole e da queste considerazioni la lettera scritta da “Goel – Gruppo Cooperativo” e “Comunità Progetto Sud” per mettere in evidenza la situazione drammatica in cui versano il Meridione e la Calabria, dopo il lockdown.

Già prima, il Sud e, in particolare, la Calabria – si ricorda nella lettera – erano sull’orlo del collasso economico, mai davvero ripresisi dalla crisi economica degli ultimi anni: la Calabria aveva il Pil più basso d’Italia ed era la 7a regione in Europa per disoccupazione giovanile (48,6%). Il lockdown ha, probabilmente, inflitto un colpo letale alla già debole economia e occupazione del Sud e della Calabria.Le misure di sostegno ai lavoratori dipendenti e ai titolari di partite Iva hanno avuto un effetto limitato in una regione con la più alta percentuale di lavoro sommerso d’Italia. In questi due mesi, nei territori abbiamo visto assottigliarsi o esaurirsi i risparmi delle famiglie (laddove c’erano), e oggi la gente è in una situazione di emergenza e di povertà.
Le imprese hanno maturato perdite notevoli, provenendo da una situazione economica pregressa in cui già facevano fatica a pareggiare i propri bilanci. Le importanti misure pubbliche di accesso al credito e alla liquidità, o di rinvio del pagamento delle imposte, non riteniamo siano una risposta sufficiente in questa situazione. Non si può far fronte alle perdite di un’impresa con l’indebitamento. Osservano Goel e Comunità Progetto Sud sottoineanco come: "Ovviamente, tutti gli imprenditori, pur di far sopravvivere la propria impresa, hanno acceduto alla liquidità delle banche o alla posticipazione delle imposte. Ma questi soldi sono dei prestiti che andranno restituiti proprio durante la più grande fase di recessione economica degli ultimi anni: comprendiamo tutti che è assolutamente inverosimile che, in quella fase, le imprese producano margini tali, non solo da pareggiare i bilanci correnti, ma anche da ripagare il debito finanziario maturato in questi mesi. Il “Decreto Rilancio” diminuirà i costi delle imprese, ma temiamo che questo non basterà a rendere sostenibili le perdite e l’indebitamento al Sud. In Calabria (ma anche in molte regioni d’Italia) è presente e operante la ‘ndrangheta, che non ha certo problemi di liquidità e, anzi, ha grandi quantità di denaro da impiegare per assoggettare famiglie e imprese. È facile intuire lo scenario probabile che potrebbe configurarsi, in Calabria, ma anche in altre regioni del nord dove essa si è infiltrata. Non dobbiamo consentirglielo".

Non abbiamo scritto questa lettera, però, solo per porre al centro dell’attenzione della comunità nazionale la situazione drammatica del Sud e della Calabria. Non ci piace evidenziare i problemi senza proporre delle soluzioni – continua la lettera -. Vorremmo, quindi, contribuire a un pensiero strategico sulla “ripartenza” che, francamente, al momento, non riusciamo a cogliere. Il successo della “ricostruzione”, infatti, non dipende solo dalle risorse economiche. Da questo punto di vista, infatti, riconosciamo al Governo il notevole sforzo messo in campo attraverso i vari interventi e, in particolare, il “Decreto Rilancio”.
Tuttavia, se non vi sono idee forti su come far ripartire il Paese, e poi un pensiero specifico per le sue aree più fragili, i soldi non basteranno. Bisogna predisporre subito una strategia che rilanci l’economia, non solo dal punto di vista dei consumi e della liquidità, ma anche dal punto di vista della competitività, dell’innovazione e della capacità di adattarsi a un mondo che la pandemia ha cambiato.
In questi anni, lottando contro la ‘ndrangheta e contro l’emarginazione sociale, promuovendo imprenditorialità in Calabria, abbiamo imparato a pensare positivamente, a cogliere e sfruttare ogni opportunità che si intravede, anche nelle situazioni più drammatiche.

Ecco, dunque, alcune idee pensate per la Calabria, ma non solo.
Infrastrutturazione digitale. Abbiamo assistito in questi due mesi a una imponente alfabetizzazione informatica delle imprese, forzata dalla necessità di continuare a mantenere in vita alcune attività. In poche settimane le imprese hanno imparato che è possibile incontrarsi, lavorare, vendere e concludere affari a distanza. Le persone sono, invece, massicciamente ricorse agli acquisti online, in ambiti nuovi e con una frequenza senza precedenti. Le imprese calabresi hanno sempre sofferto la marginalità geografica rispetto ai mercati e agli snodi economici nazionali e internazionali. Invece che lasciare affievolire l’attitudine maturata in questi due mesi, bisogna sfruttare la “rincorsa” senza fermarsi, continuando determinati in questa stessa direzione, ovvero: un grande piano di infrastrutturazione tecnologica e digitale per le imprese calabresi, per portarle nel giro di un anno al centro dei mercati b2b e b2c mondiali. Oltretutto l’infrastrutturazione digitale potrà rafforzare l’accesso all’istruzione e alla formazione continua dei bambini e dei giovani che abitano nelle aree interne della Calabria.

Agricoltura biologica. Durante i due mesi di quarantena, le vendite di alimentari biologici sono aumentate molto di più delle vendite degli altri prodotti convenzionali. La stessa cosa era accaduta negli anni della crisi, dopo il 2008. Da questi dati, si ha l’impressione che, a fronte di situazioni economiche o sanitarie sempre più critiche, le persone reagiscano preferendo un’alimentazione salutare e biologica. Ebbene, la Calabria e la Sicilia sono le prime regioni d’Italia come numero di produttori biologici. Qualunque sia lo scenario “sanitario” che si profilerà nei prossimi mesi e nei prossimi anni, sarebbe intelligente, e quasi ovvio, un massiccio investimento di potenziamento e qualificazione del comparto agroalimentare biologico in Calabria.

Turismo. È chiaro a tutti che bisogna lasciarci alle spalle il vecchio modello di turismo di massa. Anche nel turismo la salute giocherà un ruolo importante. In Calabria, la scarsa densità della popolazione, i piccoli centri, il fatto che sia stata la regione in Italia con la percentuale più bassa di contagiati e di deceduti per Coronavirus, le tante case sfitte nei bellissimi centri di mare e di montagna, diventano i presupposti per un altro turismo, indirizzato ai singoli e alle famiglie, di media durata, non “mordi e fuggi”, orientato alla salute, all’aria, al sole, alla rigenerazione personale, al buon cibo, ai ritmi lenti. Questo implica però: professionalità, infrastrutturazione organizzativa e tecnologica, qualità ecologica di territori e ricettività, che si fanno oggetto di politiche pubbliche di investimento mirate e intelligenti.

Sanità. In tutto questo, non possiamo attendere la prossima emergenza sanitaria per prendere atto che viviamo in uno stesso Stato, dove i cittadini che vivono al Sud, però, non fruiscono di pari diritti in ambito sociale e sanitario. Bisogna immediatamente avviare un piano d’investimenti di rafforzamento strutturale della sanità al Sud, per consentire di poter efficientare la spesa sanitaria rendendo sostenibile il criterio dei cosiddetti “costi standard”, abbandonando definitivamente, nel contempo, ogni folle progetto di regionalismo differenziato che mini il principio costituzionale di perequazione fiscale.

Mutualismo. Consumare locale, consumare meridionale, consumare italiano, sono i presupposti di un mutualismo intelligente e coerente anche con la sostenibilità ambientale. Per le imprese questo vuol dire avere la capacità di prediligere accordi b2b di fornitura locali o italiani, senza rincorrere a tutti i costi la riduzione dei costi del lavoro attraverso la delocalizzazione nei paesi poveri, dove vi sono scarse garanzie sindacali. Ma mutualismo vuol dire anche il rilancio di economie locali che saranno “immobilizzate” dalla mancanza di denaro circolante: nei prossimi mesi non ci saranno soldi, ma paradossalmente ci saranno tanti bisogni insoddisfatti e tanti prodotti, servizi e lavoro che non riusciranno a collocarsi sul mercato. Abbiamo già pronto un sistema10 che consente alle imprese e ai singoli di comprare e vendere, prodotti e servizi, in euro, senza possedere denaro, e siamo disponibili a metterlo a disposizione di chi lo voglia utilizzare per rivitalizzare i territori.

Democrazia e sussidiarietà. In questi mesi abbiamo fronteggiato il dramma che si è abbattuto su di noi anche grazie ad un’Italia splendida, che si mette spontaneamente in moto ogni volta che c’è bisogno, una “cascata” di partecipazione che a livello regionale, territoriale, comunale, di quartiere, di isolato, di contrada, ha aiutato l’Italia a reggere e a gestire questo dramma collettivo. La persone si sono consultate, hanno riflettuto, si sono mobilitate, hanno organizzato risposte e servizi laddove non ce n’erano. Quest’Italia della partecipazione, quest’Italia della sussidiarietà, non va “licenziata” dopo la crisi; al contrario, bisogna che sia ascoltata, valorizzata e mobilitata anche per la ripartenza. Lo Stato non è fatto solo di istituzioni, lo Stato è fatto di società civile, di comunità territoriali, e se abbiamo una possibilità di farcela, sarà solo con la partecipazione di tutti: nessuno salverà il Meridione o l’Italia senza la sussidiarietà della società civile. Da questo punto di vista – conclude la lettera – , anche il Terzo settore è chiamato a lanciare il cuore oltre l’ostacolo, senza chiudersi nei propri problemi e nelle proprie difficoltà del momento, che potranno essere superate solo ritornando a “farsi territorio” e animando e organizzando le comunità di appartenenza. È quello che vogliamo fare anche noi e fin d’ora ci rendiamo disponibili a fare la nostra parte, chiedendo alla Commissione Europea, al Governo e alla Giunta Regionale della Calabria di aprire un’urgente interlocuzione costruttiva su questi temi.

In apertura photo by Markus Spiske on Unsplash


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