Politica & Istituzioni

Recovery Fund: la Ue ha smesso di comportarsi da banca

"Per 10 anni siamo andati avanti con le mezze misure, con una certa ambiguità di fondo e con la supplenza della Bce. Oggi abbiamo messo fine a queste ambiguità. L'Unione europea è basata sulla solidarietà. Non è un istituto di credito che concede prestiti a certe condizioni. È una vera e propria unione politica". L'intervento dell'europarlamentare (Pd) e co-chair dell’Intergruppo per l’economia sociale

di Patrizia Toia

Ha superato le migliori aspettative la proposta presentata dalla Commissione su un nuovo strumento per la ripresa, chiamato “Next Generation Eu” perché è un piano che guarda al futuro. Una proposta così dirompente che ha messo a tacere euroscettici e sovranisti e ha sorpreso chi come me è abituata a chiedere sempre più Europa e a essere spesso delusa. Superando anche la proposta messa a punto dal duo Merkel-Macron, l'esecutivo comunitario ha messo sul piatto un Recovery Fund da 750 miliardi di euro, di cui 500 miliardi a fondo perduto. Con i 750 miliardi di euro di Next Generation EU e il potenziamento del bilancio a lungo termine dell'Ue per il periodo 2021-2027, la potenza di fuoco complessiva del bilancio comunitario arriverà a 1850 miliardi di euro, a cui si aggiungono i 540 miliardi degli altri strumenti già approvati: il fondo per la disoccupazione Sure da 100 miliardi, il fondo della Bei per le imprese da 200 miliardi e la linea di credito per le spese sanitarie del Mes da 240 miliardi.

Per una volta si tratta di una risposta all'altezza della situazione, anche se ora è probabile che la proposta uscirà ridimensionata dai negoziati fra Governi. La cosa più importante però non sono le cifre, anche se dei fondi così sostanziosi faranno la differenza, ma le scelte di fondo e i valori che queste implicano. Secondo i Trattati, infatti, nell'Unione europea non esiste la solidarietà di bilancio tra Paesi membri, se non quella limitata dei fondi di coesione o quella in caso di catastrofi o situazioni eccezionali. L'articolo 126 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea sancisce che l'Ue o uno Stato membro “non risponde né si fa carico degli impegni” di un altro Stato membro.

È un principio, quello del “no bail-out”, che era stato già messo in discussione con la crisi dell'euro e i piani di salvataggio per la Grecia e gli altri Paesi, così come dal coraggioso “whatever it takes” di Mario Draghi. Per 10 anni però siamo andati avanti con le mezze misure, con una certa ambiguità di fondo e con la supplenza della Bce. Oggi, con il Recovery Fund, abbiamo messo fine a queste ambiguità. L'Unione europea è basata sulla solidarietà. Non è una banca che concede prestiti a certe condizioni. È una vera e propria unione politica in grado di emettere debito comune per aiutare i cittadini in difficoltà. Fare parte dell'Ue significa accettare questo principio. I quattro Paesi autodefiniti “frugali” dovranno fare i conti con questa nuova realtà e decidere da che parte stare.

In secondo luogo con questo piano per la ripresa l'Ue compie una balzo in avanti in senso federalista, cioè nel senso in cui noi abbiamo sempre auspicato. I nuovi fondi infatti saranno raccolti emettendo del debito comune e questo debito sarà ripagato con risorse proprie, cioè raccogliendo tasse dalle multinazionali che fino ad oggi le eludevano attraverso web tax, plastic tax, carbon border tax ecc.

Terzo, il fondo non porterà all'ennesimo organismo intergovernativo con sede a Lussemburgo e al di fuori della legislazione e dei controlli comunitari. Il Recovery Fund farà parte del bilancio comunitario, cioè sarà gestito della Commissione europea, nominata democraticamente in base all'esito delle elezioni europee, e dovrà superare lo scrutinio e l'approvazione del Parlamento europeo, che sul tema è co-legislatore insieme al Consiglio. Si tratta del bilancio più grande di tutta la storia europea e si tratta di un'occasione un'unica per ricostruire le nostre economie e l'Europa all'insegna della decarbonizzazione e della digitalizzazione, ma anche dell'unità e della solidarietà.

Al Consiglio europeo di febbraio i leader dell'Ue sono stati due giorni e una notte a Bruxelles a litigare su una proposta di bilancio striminzita e alla fine non sono neanche riusciti a trovare un accordo per delle differenze di zero virgola. Oggi quel summit di febbraio sembra appartenere ad un'altra era lontana. Quella che è iniziata il 27 maggio è tutta un'altra storia. L'Unione europea è al suo anno zero e nelle prossime settimane e mesi dovremo lottare al Parlamento europeo e fuori per difendere questo risultato e scrivere una storia diversa.


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