Economia & Impresa sociale 

Pensare al futuro degli educatori professionali

Vecchie e nuove tensioni accendono il mondo degli educatori professionali. Serve uno sforzo per uscire dall’impasse e dalla impotenza della situazione. Anche perché il "Piano Colao" rende evidente il grande lavoro che ci attende. «Tentando una operazione che spesso il nostro lavoro ci porta a fare in presenza di conflitti irriducibili, mi sfilo dalla disputa e provo a gettare lo sguardo avanti. Ecco cosa vedo»

di Francesco Crisafulli

“Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior”. Poetica fortunata di Fabrizio De André, da cui è piacevole partire per pensare al futuro della nostra professione. Alcuni elementi di cronaca fanno da sfondo a queste riflessioni: la fase drammatica di crisi sanitaria, appena superata, con le rilevanti ricadute sociali ed economiche e con uno strascico di conseguenze che facciamo ancora fatica a prevedere; l’imminente chiusura delle iscrizioni agli elenchi speciali presso l’Ordine TSRM-PSTRP, con vecchie tensioni che emergono tra parti pro o contro e alcuni professionisti di ambito socio pedagogico in difficoltà nel comprendere se sia opportuno, obbligatorio, impossibile, necessario o del tutto superfluo presentare domanda; un concorso al Ministero della Giustizia per funzionario giuridico pedagogico (ma una volta non si chiamavano educatori di ambito penitenziario?) che ha fatto emergere ancora una volta l’insensatezza di un profilo professionale spaccato in due e una competenza educativa a-specifica con la chiamata a concorrere anche di psicologici, sociologi e laureati in giurisprudenza (registriamo almeno, una posizione comune tra le due principali associazioni MILLE e ANEP nel chiedere pieno accesso per entrambi i profili socio pedagogico e socio sanitario alla selezione pubblica).

Rifletto e scrivo da tempo di questi argomenti e ho sempre portato avanti l’idea del profilo unico per l’EP. Oggi proverei a spostare il punto di vista per cercare di uscire dall’impasse e dalla impotenza della situazione, perché convinto che questa possa solamente alimentare un conflitto dentro la professione. Tentando una operazione che spesso il nostro lavoro ci porta a fare in presenza di conflitti irriducibili, mi sfilo dalla disputa e provo a gettare lo sguardo avanti.

E cosa vedo nel futuro prossimo?

  • il consolidamento dei due percorsi formativi distinti: a scienze della formazione per EP socio pedagogico, a medicina e chirurgia per EP socio sanitario (con la conseguenza inevitabile della separazione dei percorsi di laurea magistrale);
  • un lavoro, forse inevitabile, di definizione di ambiti professionali distinti (riserva professionale?);
  • un lavoro da fare insieme sugli ambiti comuni di lavoro ai due profili: sarebbe magnifico se questo venisse fatto a partire dalle competenze;
  • la costruzione di percorsi di formazione continua – post titolo triennale di base – che metta in collegamento i professionisti EP “a valle” nelle realtà del mondo del lavoro;
  • un progetto di lungo respiro, di profilo professionale unico che auspico possa avere come piattaforma condivisa l’ambito dell’integrazione socio sanitaria.

Associazioni, Ordine professionale con le Commissioni di Albo, Sindacati ed enti datoriali di lavoro possono dare un contributo, ma la partita del conflitto, oggi, è tutta intra-professione: se non comprendiamo questo aspetto, saremo sempre nelle mani di altri che imperano sopra le divisioni.

Un recente lavoro sull'identità professionale dell'EP che ho curato – disponibile sul sito www.educatoreprofessionale.it, una nuova iniziativa per lo sviluppo di conoscenze e competenze rivolto agli Educatori professionali – ha mostrato in prevalenza punti di contatto più che di divisione tra i professionisti. Ottima premessa per un dialogo che si deve costruire, appunto, per guardare al futuro, trovando un accomodamento per questa fase intermedia. E per guardare al futuro con spirito d’innovazione, mi interessa prendere spunto dal documento “Iniziative per il rilancio Italia 2020-2022” a cura del gruppo di lavoro diretto da Vittorio Colao con il Comitato di esperti in materia economica e sociale.

Ne riporto alcuni punti che mi sembrano importanti per aprire quel dialogo cui facevo cenno.

La scheda 83 – Istruzione terziaria professionalizzante, prevede di incentivare l’offerta di “lauree professionalizzanti” e tra le azioni si prevedono incentivi per le università che aprano a questa offerta formativa, abolizione dei limiti numerici di attivazione di tali corsi, una gestione distinta e autonoma delle lauree professionalizzanti con una significativa partecipazione del mondo delle imprese e del lavoro alla definizione del curriculum di studio e alla docenza.
A mio parere, questo punto dovrebbe divenire tratto distintivo per il futuro della formazione in educazione professionale, sia nell’ambito socio-sanitario sia in quello socio-pedagogico.

La scheda 85 – Formazione per gli ordini professionali, prevede di rafforzare la formazione continua per gli ordini professionali, progettando corsi trasversali fra i diversi ordini su tematiche comuni relativi a organizzazione del lavoro, nuove competenze green, digitale, etc. per favorire lo scambio di competenze e massimizzare la velocità di apprendimento. Tra le azioni specifiche si annota l’istituzione di un coordinamento inter-professionale per lo sviluppo multidisciplinare di competenze (gestione delle emergenze, lavoro in equipe, utilizzo dei big data e competenze informatiche, modelli e metodi organizzativi, ecc) al fine di indicare un indirizzo comune per la formazione continua, in collaborazione con università e centri di ricerca; proporre corsi (in presenza o a distanza) per la formazione di competenze nuove sulla base dell’interazione con altri professionisti; organizzare laboratori inter-professionali sulla base di project works, commissionati da enti pubblici e privati, al fine di analizzare percorsi gestionali complessi secondo un lavoro in equipe, proponendo protocolli di sicurezza, nuove strategie di intervento e prospettive di sviluppo territoriale sostenibile, a beneficio degli interessati, dei cittadini e delle istituzioni.
Poiché ritengo che la partita del doppio percorso formativo sia in questa fase “blindata” dall’istituzione Università e difficilmente modificabile almeno nel breve periodo, la mia idea è di utilizzare le potenzialità dell’Ordine professionale per costruire percorsi di formazione continua nell’ambito dell’educazione professionale. E per gli EP socio pedagogici che non rientrano nell'Ordine? Occorrerà creare un percorso analogo che raggiunga il medesimo obiettivo: qui, infatti, non s’intende fare l’esaltazione dell’Ordine professionale, quanto l’utilità che questo potrà dare in termini di formazione continua dei professionisti. La cosa fondamentale è che dopo la laurea triennale, il professionista EP deve seguire un programma continuo di formazione, avendo – beninteso – le condizioni economiche per poterlo fare.

In altre schede si legge di azioni come innovare il dottorato di ricerca verso Applied PhD (scheda 86 – figure professionali a più elevata specializzazione per il mercato del lavoro), ce ne sarebbe un gran bisogno soprattutto per l’EP socio sanitario; implementare presidi di Welfare di prossimità (scheda 88) che prevede la presa in carico multidisciplinare sulle situazioni di disagio e svantaggio, il ricorso alla prevenzione, interventi sui giovani, il sostegno sulle situazioni di crisi, transizione, conflitto (lutti, separazioni, licenziamento, conflitti di vicinato); la scheda 91 parla di potenziamento dei Progetti terapeutico-riabilitativi individualizzati sostenuti da Budget di Salute e Vita indipendente; la scheda 92 punta al rafforzamento della funzione dei Servizi territoriali per la salute mentale, le dipendenze patologiche, di sostegno alla resilienza della popolazione e di inclusione sociale, attraverso investimenti mirati sul piano delle risorse umane e della formazione; la scheda 93 parla di politiche del lavoro per le persone con disabilità. E inoltre su altre schede, sono previste azioni sulla povertà educativa, gli stereotipi di genere, gli interventi sulle donne vittime di violenza, sulla dispersione scolastica e sulla digital divide.

Sono favorevolmente sorpreso che un Progetto di rilancio e innovazione per il nostro Paese tocchi molti dei temi che ci coinvolgono come EP. Ritrovo coerenza con il lavoro che abbiamo fatto, qualche anno fa, sulle “core competence” della professione, che passa preliminarmente dall’indagine dei problemi socio sanitari della popolazione di riferimento per poi definire cosa occorre fare per darvi risposta e quindi con quali competenze arrivare all’appuntamento con il bisogno dell’altro. Uscire dal conflitto, quindi e innovare la professione al passo con l'ammodernamento del nostro Paese: “dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior”.

Photo by Emily Morter on Unsplash


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA