Welfare & Lavoro

La cura che siamo stati, la cura che vorremmo essere

Le cure palliative hanno al centro la persona e la qualità della vita, sempre. Ecco perché il disorientamento, la paura del contagio, la necessità di erigere barriere difensive che la pandemia ha portato con sé, non ha fatto venir meno lo sforzo nel mantenere le relazioni, la condizione umana nei rapporti e negli affetti, a dimostrazione che non può esserci emergenza che sconfini nel tecnicismo assoluto e che perda di vista la missione del “curare la persona”

di Redazione

Così si presentano in mail gli autori di questo documento. Siamo l’Hospice Casa Madonna dell’Uliveto di Reggio Emilia e da vent’anni, in convenzione con l’AUSL di Reggio Emilia, ci prendiamo cura di pazienti oncologici in fase avanzata e/o affetti da patologie cronico-degenerative con bisogni specifici di Cure Palliative. Un gruppo multiprofessionale del nostro Hospice, in collaborazione con l’Hospice di Guastalla (l’altro presidio residenziale in territorio reggiano) e l’Unità di Bioetica, Direzione Scientifica, dell’Azienda USL – IRCCS di Reggio Emilia ha pensato e scritto un documento per contribuire al dibattito su ciò che può essere messo in campo a tutela della salute e della cura dei singoli e della comunità a fronte della pandemia da Coronavirus, facendo tesoro dell’esperienza e delle criticità a cui i primi terribili mesi del contagio ci hanno costretto. Un documento frutto di anni di esperienza nelle Cure Palliative, un approccio che può offrire orientamenti di senso e proposte concrete, le quali, integrate con la biomedicina, possono aiutare a non perdere mai di vista la centralità del paziente e dei familiari, e la dignità della vita.


Come operatori sanitari che, a vario titolo, lavorano nell’ambito delle cure palliative, dopo l’esperienza del lockdown e nell’attuale convivenza con la “fase 2” del contagio da Covid19, vogliamo offrire un contributo di pensiero al dibattito non solo su ciò che è stato fatto, ma soprattutto su ciò che si dovrà fare nell’ambito della cura e dell’assistenza.

La filosofia delle Cure Palliative a cui abbiamo improntato il nostro lavoro ci ha consegnato la responsabilità etica e professionale di prenderci cura delle vulnerabilità e della fragilità dei pazienti. Questo vuol dire offrire assistenza, accompagnamento e sollievo avendo come faro questi principi cardine: la centralità della qualità e della dignità della vita sempre; un progetto di cura personalizzato per il paziente, pensato con i diversi membri dell’equipe curante, con il paziente stesso e i familiari; l’appropriatezza quale criterio prioritario in ogni situazione di cura per evitare di infliggere sofferenze inutili al malato; l’attenzione ai familiari quale parte integrante del processo di cura e del trattamento terapeutico, partendo dal presupposto che la persona non è un individuo isolato, ma vive di relazioni che danno significato e valore alla sua vita.

Ecco perché il disorientamento, la paura del contagio, la necessità di erigere barriere difensive che la pandemia ha portato con sé, non ha fatto venir meno lo sforzo nel mantenere le relazioni, la condizione umana nei rapporti e negli affetti, a dimostrazione che non può esserci emergenza che sconfini nel tecnicismo assoluto e che perda di vista la missione del “curare la persona”. Riteniamo quindi che la filosofia delle cure palliative debba essere recuperata nella sua essenza, ma senza autoreferenzialità, in un'ottica di integrazione con tutti i servizi, affinché la collaborazione e l'interprofessionalità portino a valutazioni, percorsi e scelte non semplificanti, ma in grado di saper stare nella complessità, di vederla e di provare a gestirla. Una complessità che deve “tenere dentro” l’impotenza che si sperimenta davanti alla morte, l’accettazione del limite e il senso di fallimento della biomedicina davanti alla fine della vita.

I professionisti sanitari e, in particolare, i medici, non devono essere lasciati soli nelle scelte difficili e dolorose. Si tratta di atti di grande responsabilità, non solo rispetto alle cure intensive, ma anche ad una serie di processi di cura quotidiani, diventa fondamentale per la salvaguardia degli operatori e della fragilità delle persone malate. Per aiutare e sostenere i sanitari nel prendere decisioni eticamente difficili è necessario avere a disposizione organi specifici, multidisciplinari, dotati delle necessarie conoscenze etiche, e prevedere la partecipazione del palliativista nel team multidisciplinare e in corsia, non solo come consulente esterno. Solo tenendo conto della complessità delle situazioni verranno rispettate le individualità.

Di seguito alcune proposte operative che abbiamo messo in atto o che intendiamo implementare nei prossimi mesi:

  • Promuovere iniziative ed eventi per dare importanza primaria all’assistenza territoriale nelle scelte politiche e sanitarie da prendere, guardando alla salute come esito di un approccio globale e integrato di tutte le forze della società, e non come esito dell’intervento della sola sanità, che, in quanto tale, tende inevitabilmente a sfociare in un eccesso di medicalizzazione della vita.
  • Promuovere la formazione in cure palliative trasversale a tutti i professionisti della salute, per poter offrire competenze relazionali ed etiche, gestione cattive notizie e trattamenti palliativi.
  • Coinvolgere i familiari e il personale curante nella preparazione del Saluto Rituale attraverso simboli, parole, gesti e oggetti cari al paziente, condividendo con i familiari nuovi modi per affrontare il lutto: è importante far passare il messaggio che il rito può essere rimandato e non eliminato. L'idea di posticipare quel momento di raccoglimento con i parenti ad una fase successiva, in cui poter creare una condivisione del lutto "ufficiale" assieme ai propri cari, fornisce una prospettiva che spesso aiuta. Inoltre, se il paziente produce qualche foglio con scritte e disegni, conservare tutto per poterli poi far avere ai suoi cari, compatibilmente con le norme di igiene e sicurezza.
  • Promuovere un largo e consapevole uso della legge 219/2017 per permettere a chi è ricoverato per Covid di poter dare istruzioni su come trattare il possibile fine vita.
  • Assumersi la responsabilità di affermare il valore della cura e della qualità di vita, pur nel rispetto di nuove procedure a garanzia della collettività e dei curanti, ma tesa a difendere il valore del malato e della sua famiglia.
  • Sottolineare il ruolo-chiave dell’Infermiere/ OSS come “ponte” tra curanti e familiari e accompagnamento-caring essenziale nell’isolamento.
  • Coinvolgere in modo strutturale la figura del palliativista nelle task forces relative alle emergenze, così da garantire, anche in condizioni di emergenza, il rispetto dei principi etici, i diritti e le volontà della persona.

Promuovere e sostenere il ruolo principale del sistema sanitario pubblico nazionale nell’affrontare le situazioni di emergenza e promuovere una rete capillare di cure sul territorio per far fronte al bisogno quotidiano in tempi ordinari (sia come rete di cure palliative e sia come rete di cure domiciliari per la cronicità e per le persone fragili, rafforzando le strutture territoriali come RSA e case protette). Questo richiede maggiori investimenti in termini di: nuovi strumenti, personale infermieristico e di assistenza primaria, e lo sviluppo di programmi orientati alle cure e alla medicina del territorio.

Daria Ravazzini1, Mariagrazia Baroni1, Gabriele Bedini1, Francesca Bonacini1, Vincenza Feola1, Paola Lupini1, Hamarneh Mazen2, Annamaria Marzi1, Luisa Motti1, Celestina Nizzoli2, Elisa Rabitti1, Mirta Rocchi1, Manuela Spagni1, Anna Rita Storchi1, Nicola Verde1, Ludovica De Panfilis3.

1 Casa Madonna dell’Uliveto, Centro Residenziale Cure Palliative – Hospice, Albinea (RE)

2 Hospice di Guastalla, Azienda USL-IRCCS di Reggi Emilia (RE)

3 Unità di Bioetica, Direzione Scientifica, Azienda USL – IRCCS di Reggio Emilia (RE)

Foto di Evie Shaffer da Pexels


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