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Neet, gli 11 errori da non fare

Di tutto hanno bisogno i giovani italiani tranne che di essere visti e trattati come come soggetti deboli, proponendo loro progetti che una volta chiusi, lasciano abbandonati a se stessi come prima, se non peggio, perché con aspettative frustrate. Serve conoscerli e dargli spazio come soggetti attivi. StartNet è una rete che dal 2017 in Puglia e Basilicata lavora per prevenire la condizione di NEET o per riattivarli: con Alessandro Rosina hanno realizzato un paper con 11 suggerimenti per progetti e politiche efficaci

di Sara De Carli

«I nostri giovani? Non si sentono esattamente alla conquista del mondo, della loro autonomia e del loro futuro, ma piuttosto davanti a un abisso, a un buco nero. E temono di dover affrontare situazioni che considerano imprevedibili e per le quali non si ritengono sufficientemente preparati. “Bisogna farsi coraggio… e non avere paura del futuro”, dicono»: Angelika Bartholomäi, Project Manager StartNet – Network transizione scuola-lavoro, sintetizza così la fotografia dei giovani Neet. Lo fa nell’introduzione del report “I Neet in Italia. Dati, esperienze, indicazioni per efficaci politiche di attivazione” curato da Alessandro Rosina per la rete europea StartNet, che ha realizzato diversi progetti nell'ambito scuola-lavoro, con risultati particolarmente significativi in Puglia e Basilicata e con NOVA Onlus Consorzio per l’innovazione sociale. Rosina ha presentato oggi, con StartNet e Regione Puglia, le raccomandazioni alla politica per contrastare la disoccupazione giovanile, raccomandazioni che anticipano i punti principali del nuovo pacchetto legislativo “A Bridge to Jobs” proposto dalla Commissione Europea il 1° luglio scorso per sostenere l’occupazione giovanile.

I giovani-adulti con un’età compresa tra 25 e 34 anni che risultano occupati sono scesi da oltre 6 milioni nel 1997 a 5,6 milioni nel 2007 e risultano a malapena attorno a 4 milioni nel 2018. Si è perso pertanto un lavoratore su tre nella fascia 25-34. Le implicazioni di questo indebolimento risultano ancor più gravi in un Paese caratterizzato da elevato debito pubblico e accentuato invecchiamento della popolazione. Oltre uno su quattro teme di trovarsi senza un lavoro quando avrà 45 anni (tre volte superiore per chi si è fermato alla scuola dell’obbligo rispetto ai laureati). «Spostare le nuove generazioni dalla difesa all’attacco, ovvero dalla condizione di soggetti da proteggere a quella di cittadini attivi nel conquistare un futuro di miglior benessere, significa imboccare un sentiero virtuoso di crescita che produce ricadute positive per tutti», scrive il prof Alessandro Rosina. «Nel 2010 il tasso di NEET è stato adottato dall’Unione Europea come principale indicatore dello spreco delle energie e intelligenze delle nuove generazioni di un territorio. Ne è seguito un decennio di ricerche specifiche, confronti pubblici dedicati, esperienze e politiche mirate, che possono essere considerate base di un patrimonio utile per iniziative e progetti che vogliano riconvertire i giovani in risorsa positiva per i processi di produzione di benessere del territorio in cui vivono», continua Rosina. «I giovani rischiano di trovarsi abbandonati a se stessi e all’aiuto delle famiglie, con alto rischio di disorientamento e di perdersi nel percorso di transizione scuola-lavoro. La conseguenza è un grande spreco di potenzialità, una dissipazione del capitale umano, un’allocazione non ottimale delle risorse nel mercato del lavoro. Per uscire da questa spirale negativa – che rischia di accentuarsi ulteriormente con l’impatto dell’emergenza sanitaria – è necessario investire in modo solido su coerenti politiche attivanti e abilitanti, partendo dalla formazione e facendo tornare la scuola uno strumento che favorisce il riscatto e la mobilità sociale».

Le iniziative di maggior successo nei confronti dell’attivazione dei giovani, anche quelli più disorientati e con competenze carenti, non solo quelle che li identificano come categoria svantaggiata o emergenza sociale. Sono invece quelle in grado di far leva su loro interessi, sensibilità e desideri. Per riuscirci serve un patto tra i giovani NEET, le realtà che operano sul territorio e le istituzioni

Alessandro Rosina

Questa la chiave di volta: «Le iniziative di maggior successo nei confronti dell’attivazione dei giovani, anche quelli più disorientati e con competenze carenti, non solo quelle che li identificano come categoria svantaggiata o emergenza sociale. Sono invece quelle in grado di far leva su loro interessi, sensibilità e desideri. Per riuscirci serve un patto tra i giovani NEET, le realtà che operano sul territorio e le istituzioni, con queste ultime che offrono occasioni e strumenti e con i primi che mettono il loro impegno ad utilizzare al meglio l’opportunità offerta per rafforzarsi come cittadini responsabili e attivi nella comunità in cui vivono.”

Ecco alcune proposte, derivanti dall’esperienza di Garanzia Giovani e dalle varie altre azioni messe in atto sul territorio di Puglia e Basilicata, che si sono confrontate con l’attivazione dei giovani in condizione di NEET. Indicazioni utili per futuri programmi nazionali e locali.

  1. Misure fondate su conoscenza della realtà dei giovani NEET. Qualsiasi misura rivolta ai giovani deve partire da un’ade – guata e approfondita conoscenza delle loro realtà, delle loro caratteristiche specifiche, diverse dalle generazioni precedenti e delle loro aspettative positiv
  2. Strategie di ingaggio positive e propositive. Le politiche di maggior successo nei confronti dell’attivazione dei giovani – anche quelli più disorientati e con competenze carenti – sono quelle in grado di far leva su loro interessi, sensibilità e desideri, non quelle che li identificano come categoria svantaggiata o emergenza sociale. Lo stesso termine NEET va usato per identificare una condizione oggettiva, non deve diventare un giudizio soggettivo incollato al giovane che lo rinchiude nello spazio della difesa e della diffidenza.
  3. Esperienze di confronto tra pari. Soprattutto i giovani più fragili hanno bisogno di momenti di interazione libera, di apprendimento informale, di sperimentazione di ruoli e abilità senza tensione e ansia. Hanno bisogno anche di confrontarsi con coetanei nelle stesse condizioni per sentire che quanto stanno facendo è un’esperienza condivisa, sentirsi meno isolati e trovare stimolo dai risultati di altri simili a sé.
  4. Trovare leve motivazionali adeguate. Si può alimentare la motivazione stimolando a porsi le giuste domande per scoprire dentro di sé ciò che davvero si vuole, che fa poi da motore alla propensione a mettersi in gioco per ottenere risultati incoraggianti e fare ancora di più.
  5. Inserire in percorsi virtuosi di crescita. I programmi che si rivolgono ai NEET non possono essere solamente considerati come un’attività da fare in alternativa a non far nulla. Una parentesi che dopo che si chiude, lascia abbandonati a sé stessi, con aspettative frustrate: ciò rischia di far perdere ulteriormente fiducia in sé stessi e nelle politiche di attivazione.
  6. Le politiche di attivazione dei NEET come innovazione sociale. L’approccio più promettente per le politiche giovanili di attivazione è quindi quello finalizzato a rafforzare nei giovani l’occupabilità, la progettualità, l’intraprendenza e il senso di appartenenza sociale.
  7. Coordinamento centrale, implementazione locale. Le politiche migliori non sono quelle che si limitano a replicare ciò che ha avuto successo altrove negli anni scorsi, ma in grado di adattarsi alle specificità del territorio guardando alle esigenze dei prossimi anni.
  8. Azioni diversificate per categorie di NEET diverse. Tale eterogeneità riguarda sia le caratteristiche individuali ovvero genere, cittadinanza, titolo di studio, condizioni della famiglia di origine, sia la fase in cui la persona si trova, che non corrisponde solo all’età, ma al punto del percorso della transizione scuola-lavoro e più in generale della transizione alla vita adulta.
  9. Prevenire la condizione di NEET. Vanno previste misure specifiche per ridurre il flusso di chi entra nella condizione di NEET, soprattutto preventive, nella fase di uscita dal percorso scolastico. Sono utili strategie che identificano i giovani a rischio di drop-out, offrendo supporto attivo ed eventuali soluzioni alternative che bilanciano in diversa misura formazione ed esperienza lavorativa.
  10. Strategie mirate di intercettazione. Per intercettare i giovani NEET vanno sviluppate strategie mirate (outreach), in collaborazione tra centri per l’impiego, associazioni e organizzazioni che operano sul territorio, usando sia canali di prossimità, sia social network e più in generale canali legati alla rete e alle nuove tecnologie di comunicazione. Con modalità molto smart, leggere, anche ironiche (utili anche testimonial riconosciuti dai giovani e in grado di attirare la loro attenzione). Anche queste strategie possono beneficiare molto del coinvolgimento dei giovani stessi, sia potenziali beneficiari sia giovani con esperienza di attivazione.
  11. Proposta di alternative al lavoro sommerso. In alcune aree è fondamentale offrire una proposta di ingaggio che sia più appetibile rispetto al lavoro sommerso, svolto spesso in relazione con conoscenti influenti e su attività che sembrano dare appagamento di breve periodo e prestigio nella rete ristretta, ma che relegano in un presente di espedienti senza futuro. Va prevista una rigorosa valutazione dell’impatto che ha la funzione non tanto di giudicare il programma ma di considerarlo come parte di un processo di miglioramento continuo della capacità delle politiche di mettersi in relazione con il mondo complesso e in mutamento delle nuove generazioni a favore di un loro ruolo attivo nel mondo del lavoro.

Le raccomandazioni anticipano i punti principali del nuovo pacchetto legislativo “A Bridge to Jobs” proposto dalla Commissione Europea il 1 luglio scorso per sostenere l’occupazione giovanile e combattere l’aumento della disoccupazione degli under 29. A partire dal 2021 dovrebbero essere messi a disposizione almeno 22 miliardi per combattere la disoccupazione giovanile in tutti i Paesi europei, in particolare in quelli, come l’Italia, che hanno un tasso molto alto.

StartNet è una rete per la transizione scuola-lavoro, è nata nel 2017 per dare una risposta propositiva alla problematica, raccogliendo buone pratiche da vari Paesi europei e motori dell’iniziativa ci sono la fondazione tedesca Stiftung Mercator, cui obiettivo è sostenere i giovani in Europa nel loro percorso verso le pari opportunità da cittadini democratici, e il Goethe-Institut, l’istituto di cultura ufficiale della Repubblica Federale Tedesca, che coordina le attività del network. Grazie a StartNet, in Puglia e in Basilicata sono nati progetti pilota sull’orientamento consapevole (già dalla scuola primaria), corsi di formazione per docenti, iniziative di cooperazione tra scuole e imprese e proposte di politiche attive per prevenire la condizione di NEET o addirittura di “drop-out”. I primi risultati dimostrano che la strada è quella giusta, che il lavoro in rete facilita molto l’impatto delle azioni sulle nuove generazioni, perché ogni componente della rete dà un contributo per la propria area specifica. Il report integrale è disponibile sul sito di StartNet. All'evento odierno sono intervenuti anche Mario Rossi Doria, Vice Presidente di Con i Bambini e Domenico De Maio, Direttore Generale di ANG Agenzia Nazionale Giovani.​

Foto Unsplash


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