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Superbonus, un’occasione per gli enti di Terzo settore a patto che…

Per evitare che l’art.119 si riveli un’occasione mancata sarà necessario che il tempo di validità sia prolungato di almeno due anni (31.12.2023) e che gli Ets possano goderne anche per gli immobili ad uso collettivo e per gli immobili in uso a titolo diverso da quello di proprietà

di Francesca Giani

Se le volpi hanno le loro tane anche gli Enti del Terzo Settore hanno “luoghi in cui poggiare il capo”, ossia una sede in cui svolgere le proprie attività (in foto: Casa della Fondazione Ronald Mc Donald di Firenze). Talvolta questa è situata in edifici costruiti appositamente, spesso ricchi di una storia che racconta l’impegno della collettività a favore del bene comune; altre volte ospitata a vario titolo in immobili di proprietà di altri soggetti che ne condividono la missione. In ogni caso, la manutenzione degli immobili – strumentali o non strumentali – costituisce una voce rilevante per il bilancio degli ETS. Heller ha rilevato che copre il 15% del totale dei costi, e ha segnalato che le risorse accantonate per questo scopo sono insufficienti.[1] In Italia la gestione degli immobili di proprietà o occupati da ETS non ha ancora trovato una opportuna specificità sia dal punto di vista normativo che da quello gestionale.[2] La crisi economica derivante dalla pandemia da Covid-19 potrebbe essere sfruttata come un’opportunità, dato che il decreto Rilancio – ossia il D.L. 34/2020 relativo alle misure urgenti in materia di salute e di sostegno al lavoro e all'economia – ha recepito un emendamento che amplia anche agli ETS la possibilità di accedere al super bonus relativo all’efficientamento energetico degli edifici, al sismabonus e alle colonnine veicoli elettrici (art. 119: si veda il volume II – Articoli 104-185-bis Edizione provvisoria D.L. 34/2020 – A.C. 2500-A/R https://documenti.camera.it/Leg18/Dossier/Pdf/D20034d_vol_II.Pdf).[3] Il Decreto deve essere approvato in via definitiva dal Senato (cosa prevista entro 1 o 2 settimane) ed essere poi accompagnato da un provvedimento attuativo dell’Agenzia delle Entrate (da emanare entro 30 gg. dalla pubblicazione).

Il super bonus introduce una detrazione pari al 110% delle spese relative a specifici interventi di efficienza energetica, installazione di impianti solari fotovoltaici e di misure antisismiche sugli edifici ad uso abitativo sostenute dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2021. Il meccanismo si basa sul riconoscimento della detrazione d’imposta delle spese sostenute entro un limite massimo stabilito in relazione a ciascuno degli interventi previsti, sulla base di una complessa articolazione di criteri specifici.[4] Pertanto, sarà opportuno che ogni ETS valuti preventivamente sia la propria «capienza di imposta», in quanto il superbonus vale a scomputo dell’imposta dovuta, che la possibilità di cedere il credito a terzi, o chiedere lo sconto in fattura all’impresa per il trasferimento di tale credito – entrambe azioni previste dal decreto -.

Il provvedimento assume un particolare interesse per il terzo settore, in quanto da un lato sostiene i soggetti che devono mantenere gli immobili in cui svolgono le loro attività, e dall’altro lato potrebbe aprire una strada per il recupero dei tanti immobili dismessi, spesso fatiscenti, che potrebbero essere riusati dagli ETS.

Sappiamo che nel giro di pochi anni l'Italia si è trasformata da un luogo di «persone senza spazi» ad uno di «spazi senza persone» e che l’urbanizzazione dalla fine della seconda guerra al 2000 è cresciuta del 400%, mentre la popolazione del 27%.[5] E' stato anche osservato che il 60% dei beni culturali architettonici censiti nella Carta del Rischio del 2012 è in stato di abbandono, degrado o comunque inaccessibile. Anche il patrimonio immobiliare pubblico, che per oltre il 76% è in mano agli Enti locali, condivide questa stessa sorte,[6] comune pure agli immobili ecclesiastici: 300 case religiose e oltre 200 scuole cattoliche vengono chiuse annualmente in Italia,[7] nonostante gli sforzi intrapresi per convertire questi beni in opportunità comuni, come ha fatto la fondazione Summa Humanitate. [8]

Opportuni investimenti di manutenzione possono riportare questo immenso patrimonio immobiliare sottoutilizzato e inutilizzato a giocare un ruolo di sviluppo sociale. Si tratta spesso di beni nati per essere destinati a produrre capitale sociale, che potrebbero facilmente trasformarsi in occasioni di crescita del territorio, creando occupazione, inclusione e coesione sociale. Questo darebbe vita alle tre forme principali dell’economia circolare: sostenibilità ambientale, economica e sociale. Senza contare la potenzialità prodotta dalla messa in sicurezza del territorio e all’impatto sociale.

Non possiamo però nascondere che il periodo di 18 mesi previsto dal decreto è molto stretto affinché sia i committenti che l’industria edile acquisiscano la necessaria consapevolezza e competenza ed abbiano la possibilità di svolgere gli interventi edilizi, come ha già osservato Cogliati Dezza.[9] Un altro problema è quello dell’ambito di applicazione del superbonus che individua come soggetti degli interventi i soli edifici residenziali non collettivi, categoria poco frequentata dagli ETS. Tuttavia, il decreto si presenta comunque come un azione positiva per il processo di riuso degli immobili degli ETS che speriamo possa prestare particolare alla progettazione architettonica – che è condizione necessaria per la qualità dell’intervento e per la quale si prevede la deducibilità delle spese – e alla sostenibilità economica a valere nel tempo, che deve essere costruita mediante uno studio di prefattibilità comprensivo della fase di gestione del bene successivo agli interventi edili. Tognetti di Riusiamo l’Italia auspica di:“prevedere la possibilità di attivare percorsi di partecipazione e animazione finalizzati alla definizione dei modelli gestionali e di aggregazione dei soggetti riattivatori. Ciò a garanzia della tenuta e della sostenibilità anche socio-economica degli investimenti, poiché è sempre più frequente il caso che all’intervento di recupero di un immobile con destinazioni di interesse generale, NON corrisponda un adeguato modello funzionale e gestionale di riutilizzo. Il caso di edifici perfettamente ristrutturati e ciononostante “vuoti” o sottoutilizzati, è infatti piuttosto frequente”. Tale affermazione dimostra ancora una volta che gli immobili in uso al Terzo settore sono beni destinati anche alla produzione di valori immateriali che necessitano di paradigmi gestionali e di valutazione più ampi della massimizzazione del profitto a cui ci ha abituato la valorizzazione immobiliare ordinaria.[10]

Per evitare che l’art.119 si riveli un’occasione mancata sarà necessario che il tempo di validità sia prolungato di almeno due anni (31.12.2023) e che gli enti del Terzo settore possano godere del superbonus:

  • per immobili della categoria catastale B (immobili ad uso collettivo), valutando l’eventuale inserimento di altre categorie catastali destinate ad attività non commerciali;[11]
  • per immobili in uso a vario titolo, anche diverso da quello di proprietà così come previsto attualmente dal bonus facciate.[12]

Lo spiraglio aperto con l’inserimento del terzo settore come possibile beneficiario dell’articolo 119 fa sperare sia all’implemento anche nel nostro paese di politiche adeguate alla gestione degli immobili degli ETS, ed in un futuro propizio per il riuso dei molti immobili dismessi a favore di nuovi servizi orientati verso una bellezza intesa come “qualità della vita delle persone, la loro armonia con l’ambiente, l’incontro e l’aiuto reciproco” .[13] Speriamo che ciò divenga presto realtà, contribuendo a realizzare il mondo migliore sognato durante la trascorsa quarantena.


[1] Heller, U., (2010). Immobilienmanagement in Nonprofit-Organisationen Analyse und Konzeptentwicklung mit Schwerpunkt auf kirchlichen und sozialen Organisationen, Wiesbaden: Gabler, introduzione e p. 97.

[2] Si veda Cecconi, A., Giani, F. (2020). “Innovazione sociale e opere della Chiesa” in Fondazione Emanuela Zancan (a cura di) La lotta alla povertà è innovazione sociale. Bologna: Il mulino, pp. 119-138.

[3] Gli enti del terzo settore sono individuati come “organizzazioni non lucrative di utilità, organizzazioni di volontariato e associazioni di promozione sociale iscritte nel registro nazionale e nei registri regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano, lettera d-bis”. Vi si ricorda inoltre che “l'articolo 101, comma 3 del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, dispone che il requisito dell'iscrizione al Registro unico nazionale del Terzo ARTICOLO 119 115 settore, nelle more dell'istituzione del Registro medesimo, si intende soddisfatto da parte delle reti associative e degli enti del Terzo settore attraverso la loro iscrizione ad uno dei registri attualmente previsti dalle normative di settore”. Sono inoltre citate le associazioni e le società sportive dilettantistiche per i lavori finalizzati ai soli immobili, o a parte di immobili, adibiti a spogliatoi (lettera e).

[4] Per approfondire la parte tecnica si consiglia la lettura di http://bim.acca.it/superbonus-guida-agli-interventi-agevolabili/. Si ricorda

[5] “Il nostro Paese è passato, nel giro di pochi anni, da un’Italia formata da persone senza spazi, ad una realtà di spazi senza più persone, mentre si continua a costruire con la velocità di consumo del suolo di 8 metri al secondo. L’urbanizzazione è cresciuta tra il Dopoguerra ed il 2000 del 400%, mentre la popolazione del 27%.” Tognetti R., Campagnoli G. “Dalla parte delle comunità”, https://www.chiesaoggi.com/dalla-parte-delle-comunita/

[6] Milella, F., (2019). “Nuove strategie possibili per il patrimonio culturale”, Il giornale dell’arte, marzo, n. 395. https://www.ilgiornaledellarte.com/articoli/nuove-strategie-possibili-per-il-patrimonio-culturale/130817.html

[7] Dati presenti in Giani, F., Giofré, F., (2018). “Gli immobili ecclesiastici degli enti religiosi: riuso e valorizzazione sociale”, in BDC, n. 2, pp. 247-265, http://www.serena.unina.it/index.php/bdc/article/view/6240/7372. e Giani (2018). “Il patrimonio immobiliare ecclesiastico: analisi per una sua valorizzazione a fini sociali”, in Porcari V.D., Atti del XIV congresso internazionale di riabilitazione del patrimonio CICOP. La conservazione del patrimonio artistico, architettonico, archeologico e paesaggistico, Luciano Editore, Napoli, pp. 97-110. https://www.academia.edu/36887346/Il_patrimonio_immobiliare_ecclesiastico_analisi_per_la_sua_valorizzazione_a_fini_sociali._The_ecclesiastical_property_assets_an_analysis_for_its_valorisation_for_social_purposes

[8] https://www.fondazionehumanitate.it/

[9] “Superecobonus gli ultimi saranno gli ultimi” la Stamoa che il nuovo ecobonus “è uno dei rarissimi casi di politica industriale sistemica del nostro paese, che punta a tenere insieme la lotta al cambiamento climatico e all’inquinamento atmosferico, il rilancio di un settore economico e l’inclusione sociale. Una politica industriale, articolata sul territorio, senza bisogno di grandi opere, con forti condizionalità green: consumo di suolo zero e riqualificazione energetica. Con un importante potenziale contributo al contrasto della povertà energetica che in Italia tocca ormai più di 9,5 milioni di persone”. https://www.lastampa.it/tuttogreen/2020/07/06/news/superecobonus-gli-ultimi-saranno-gli-ultimi-1.39050019?fbclid=IwAR2sWZJ77Ur_VgiYDezSt6n0E8gUX63_BVrdJx8dsbFDReEv46cBeJ9AkIU

[10] Vedi Giani (in corso di stampa) “Attivare processi più che possedere spazi. Il patrimonio ecclesiastico e la valorizzazione immobiliare sociale” nel volume del corso di progettazione architettonica del prof. Francesco Careri CIRCO Casa Irrinunciabile per la Ricreazione Civica e l’Ospitalità https://laboratoriocirco.wordpress.com/

[11] Il superbonus interessa solo la categoria catastale A relativa alle abitazioni con esclusione delle case di lusso, le ville e i castelli (categorie A/1, A/8 e A/9).

[12] Il bonus facciate prevede che i benefici siano concessi ai contribuenti che devono:

[13] Papa Francesco, (2015), Laudato si’, enciclica sulla cura della casa comune, § 150.

*arch. PhD ing. fgiani@fondazionehumanitate.it


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