Cooperazione & Relazioni internazionali

Sahel, senz’acqua difficile anche combattere il Covid

La mancanza di risorse naturali sta rendendo sempre più grave la crisi in corso nella regione africana. Il riscaldamento globale dovuto ai cambiamenti climatici ha deteriorato o reso inutilizzabili l’80% dei terreni coltivabili, mentre la violenza dei gruppi armati continua senza tregua. L’appello di Unhcr Italia: “Servono 185 milioni di dollari, l’acqua è una priorità”

di Redazione

Sono oltre 3 milioni le persone tra rifugiati e sfollati presenti nel Sahel centrale. In Burkina Faso in un anno è quadruplicato il numero degli sfollati interni passato da 193mila a 848mila. Un’intera regione sta da tempo affrontando le drammatiche conseguenze di una crisi prodotta da molteplici fattori, rispetto alla quale la violenza senza scrupoli dei gruppi armati estremisti è causa ed effetto principale. Niger, Burkina Faso e Mali sono i Paesi più colpiti da una combinazione letale di eventi. La regione è inoltre tra le aree del mondo più colpite dai cambiamenti climatici, che stanno avendo un impatto devastante: circa l’80% dei terreni coltivati nell’area si sono deteriorati a causa del riscaldamento globale. Ogni anno paesi come il Niger perdono centinaia di migliaia di ettari di terreno coltivabili e le carestie mettono in ginocchio gli allevatori. Mancano acqua e cibo e questo determina non solo insicurezza alimentare e malnutrizione diffusa ma anche corruzione, tensioni sociali e violenza. Nei primi 3 mesi del 2020 l’Unhcr ha registrato 191 tra attentati, aggressioni e rapimenti da parte dei gruppi armati estremisti, che hanno causato 549 vittime. In questo scenario drammatico il Covid-19 rischia di generare un catastrofico effetto moltiplicatore.

«Per molti di noi, l’acqua è una certezza imprescindibile per la nostra routine quotidiana, indispensabile a maggior ragione in una fase di pandemia come quella attuale. Ma nel Sahel l’accesso all’acqua resta purtroppo limitato e non sufficiente né per soddisfare il fabbisogno quotidiano delle famiglie né per garantire la prevenzione del Covid-19 negli insediamenti, negli ospedali, nelle scuole» commenta Alessandra Morelli, rappresentante dell’Unhcr in Niger. «Oggi più che mai, dinanzi alla minaccia del virus, abbiamo bisogno di fondi per assicurare l’approvvigionamento idrico a migliaia di famiglie».

La pandemia è ormai presente in tutti i Paesi del mondo e sta mettendo a dura prova anche i sistemi sanitari con più risorse e meglio attrezzati. Solo poche settimane fa l’Alto Commissario Onu per i Rifugiati Filippo Grandi ha detto chiaramente che se il virus si diffondesse in maniera massiccia nel Sahel si andrebbe certamente incontro a un disastro umanitario.

L’Unhcr ha di recente lanciato un appello urgente per l’emergenza nel Sahel: servono 185 milioni di dollari per mettere in atto un piano di azione che poggia su diversi cardini fondamentali, tra i quali l’istruzione occupa un posto speciale insieme alla prevenzione della violenza di genere e alla distribuzione di alloggi di emergenza e di oggetti essenziali per la sopravvivenza. Parte di queste risorse sono necessarie per la prevenzione del Covid-19, in particolare per il rafforzamento dei sistemi sanitari locali attraverso la fornitura di acqua, il reclutamento di personale medico e di farmaci. In tutta la regione l’organizzazione sta già lavorando per garantire adeguato accesso all’acqua. In Burkina Faso sono stati installati oltre 1700 punti di erogazione di acqua necessari per lavarsi le mani in diversi insediamenti e aree dove vivono famiglie di rifugiati, oltre alla distribuzione di una riserva di 5 mila litri di acqua a Dori attraverso i camion. Inoltre, l’Unhcr costruirà o riabiliterà altri 270 punti di erogazione di acqua nelle scuole.


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