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Un campus per dare scacco matto alla paura del virus

«Lo scopo del campo estivo, gratuito e aperto a tutti, soprattutto ai figli di chi è stato in prima linea nelle corsie del Policlinico durante la pandemia, è quello di permette ai piccoli di rielaborare le paure», spiega Antonella Costantino, direttrice del reparto di neuropsichiatria infantile del Policlinico di Milano. Per realizzare il campus il Policlinico ha unito le forze al Muba, il museo dei bambini di Milano, e la Fondazione di Comunità Milano onlus

di Luca Cereda

Per tanti bambini il lockdown causato dal coronavirus è stato motivo di ansia, disagio, ma anche fonte di paure: dopotutto bisognava affrontare quello che a tutti gli effetti è un nemico invisibile e incomprensibile persino per gli adulti. «Il modo migliore per tornare alla normalità, soprattutto per i più piccoli, è quello di farlo col sorriso», secondo la dottoressa Antonella Costantino, direttrice del reparto di neuropsichiatria infantile del Policlinico di Milano (qui sotto al sua audiointervista completa). Per questo il nosocomio milanese ha organizzato un campus estivo per dare, insieme ai più piccoli, ‘scacco matto’ alla paura del virus. «Si tratta di percorsi pensati per far rielaborare quanto è successo durante il lockdown e affrontare gli effetti psicologici e sociali provocati dal coronavirus».

La famiglia, epicentro della ripartenza dei bambini
«Lo scopo del campus, gratuito e aperto a tutti, soprattutto ai figli di chi è stato in prima linea nelle corsie del Policlinico durante la pandemia, è quello di permette ai piccoli di rielaborare le paure», spiega la dottoressa Costantino. Per realizzare il campus il Policlinico ha unito le forze al Muba, il museo dei bambini di Milano, e la Fondazione di Comunità Milano onlus. Sono tante e diverse le situazione vissute dai più piccoli in famiglia nel corso della pandemia: genitori senza lavoro, al lavoro ore e ore da casa con il virus che imperversava fuori. Sono capitate anche casi in cui uno o entrambi i genitori erano ricoverati per il Covid-19. La famiglia è stata il fulcro intorno a cui gli italiani si sono radunati per far fronte alla crisi sociale oltre che economica, causata dal coronavirus, sarà anche il “luogo uno” da cui iniziare la ripartenza. Anche e soprattutto dei più piccoli. Ne è certa la direttrice del reparto di neuropsichiatria infantile del Policlinico: «È così, le famiglie sono il punto da cui l’Italia deve rimettersi in moto. In famiglia i bambini non devono restare da soli con le loro paure perché poi queste diventano più grandi. Paure come quelle di non aver capito cosa sia accaduto ad un nonno, ad un parente, ad un vicino di casa o al lavoro dei propri genitori che ora si fa da casa, quando c’è ancora».

Un “laboratorio di sorrisi” per i bambini
I percorsi intrapresi e le attività proposte durante le prime settimane di campus, iniziato a luglio, sono improntate sul far fronte alle paure e alle ansie dei bambini legate alla pandemia: «Abbiamo costruito un’esperienza piacevole, leggera, andando oltre i limiti imposti, ma rispettando le regole. Lo abbiamo fatto attraverso la fantasia e l’immaginazione e sfruttando le interessanti possibilità offerte dagli spazi del nostro museo, circa 800 metri quadri», spiega Mariella Bottino, direttore operativo del Muba. Così la stanza che ha accolto un bambino per tutto il lockdown trasforma in una ‘stanza acquario’, e un’altra diventa una ‘stanza pianeta’. «Con un nuovo alfabeto gestuale, inventato insieme ai bambini, si è aggirato il problema dell’incomprensione verbale che ogni tanto genera l’indossare la mascherina», continua Bottino.

I bambini necessitano della presenza
Ai bambini durante il locdown sono mancati: il contatto con gli altri, l’incontro, il gioco. Tutte attività che hanno un denominatore comune. La presenza. Alcune esperienze sono andata online, per altre è impossibile. «L’interruzione delle attività in presenza, soprattutto scolastiche, sono andate a gravare situazioni in cui mancavano gli strumenti come i dispositivi o la rete. Casi di sovraffollamento in casa. Fragilità, aggravate dalla pandemia», testimonia la dottoressa Antonella Costantino. Molti genitori però sono riusciti a ricostruire proprio durante il lockdown momenti e spazi di gioco dove prima, per via delle esigenze lavorative, era mancato. E poi la fantasia: «Alcuni ragazzi anche piccolissimi, grazie ad insegnati con estro e voglia di sperimentare hanno vissuto anche a distanza momenti formativi insieme ai compagni. Abbiamo verificato casi in cui i giovani che faticavano a vivere il contesto sociale della scuola, arrivando a perdere giorni e quindi formazione, con la modalità della distanza hanno recuperato, anche l’entusiasmo per la scuola. E ora desiderano tornare nei luoghi fisici, insieme ai compagni», spiega Costantino.

La voce dei bambini
La voce dei ragazzi è da ascoltare. Loro ci dicono di aver bisogno non di essere assecondati, ma ascoltati. Questo è il primo passo per far fronte alle paure, esternate e non dette, nate durante la pandemia. È questo quanto emerge dall’esperienza del campus ma anche dai progetti del Policlinico: «Quest’anno ai percorsi di trekking che proponiamo ai ragazzi presi in carico dai servizi sociali e seguiti dalla neuropsichiatria hanno aderito il triplo dei ragazzi hikikomori (termine giapponese usato per riferirsi a coloro che hanno scelto di ritirarsi dalla vita sociale, spesso cercando livelli estremi di isolamento)». La chiusura del lockdown e la lontananza imposta dalla pandemia ha riattivato in loro la consapevolezza che molti aspetti della vita sono interessanti, anche in gruppo: come le gite immersi nella natura. «Dobbiamo trovare sempre più modi per ascoltare la voce dei ragazzi e non interpretarla dal punto di vista di noi adulti», conclude Antonella Costantino.


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