Education & Scuola

A Bologna la scuola la fanno le imprese sociali

Unica nel suo genere, la Scuola di Quartiere sta diventando un modello. Nato grazie a un'alleanza fra imprese sociali, associazioni e istituzioni culturali, coordinati dal Comune di Bologna e dalla Fondazione Innovazione Urbana

di Laura Solieri

La cultura e la creatività per promuovere inclusione e coesione sociale in aree connotate da fragilità e povertà educativa. Succede a Bologna con il progetto Scuole di Quartiere dove al posto dei banchi ci sono i quartieri e il corpo docente è una rete di realtà (teatri, musei, biblioteche, associazioni ma anche strade, piazze, parchi) che mettono in campo attività che spaziano dai laboratori di moda alla musica, la danza, il teatro ma anche l’artigianato fino alle nuove tecnologie e all’arredo urbano.

Promosso da un’alleanza di imprese sociali, associazioni e istituzioni culturali, coordinati da Comune di Bologna e Fondazione Innovazione Urbana, si tratta di un progetto unico nel suo genere a livello nazionale, tanto che si parla di modello bolognese, per il tipo di proposta messa in campo. Gli alunni di Scuole di Quartiere sono ragazze e ragazzi, per la maggior parte tra gli 11 e i 20 anni, che sperimentano nuovi approcci educativi volti a valorizzare talenti attraverso specifiche formazioni e generare opportunità professionali.
Con la proposta di MIA, ad esempio, Musei­­­_Inclusivi_Aperti, il museo diventa leva per l’inclusione sociale attraverso un percorso di formazione che, partendo dalla conoscenza del patrimonio museale cittadino, porta i giovani ad acquisire competenze professionali in ambito culturale, contrastando isolamento e solitudine, promuovendo le condizioni per possibili sviluppi occupazionali e rafforzando la rete territoriale. Questa attività ha coinvolto 18 ragazzi, tra cui giovani in condizione di fragilità e a rischio esclusione, in un percorso di formazione sia sotto il profilo della mediazione che in materie quali museologia, museografia, storia del territorio e delle istituzioni culturali.

«All’inizio ero un po’ scettico perché sono tendenzialmente solitario e preferisco lavorare da solo. Poi ho fatto amicizia con gli altri e ho capito che mettere le menti insieme poteva essere bello». Muheddine Bejaoui ha 17 anni, nato in Italia da genitori tunisini, vive nel quartiere Bolognina e fa parte del gruppo di Freewear Academy, un altro percorso formativo altamente innovativo, in questo caso in fashion design, che parte dall’identità della Bolognina e porterà alla produzione di una linea di moda sostenibile e inclusiva. «Mi piace la moda – racconta – ma soprattutto creare, inventare. Mi piace perché siamo un gruppo grande e voglio vedere il risultato finale, che secondo me sarà una bomba. Io mi occupo di graphic design e videomaking».

Durante il lockdown degli scorsi mesi, non ci siamo mai fermati e attraverso incontri e formazioni online abbiamo continuato a lavorare con i ragazzi. Appena è stato possibile vedersi dal vivo, abbiamo messo a disposizione spazi pubblici a partire da teatri e giardini per fare ripartire le attività

Ad un anno dal loro avvio, le Scuole di Quartiere hanno coinvolto e intercettato migliaia di giovani. «Le Scuole di Quartiere nascono sulla base di quanto emerso nei Laboratori di quartiere, spazi di confronto attivati in tutti i quartieri di Bologna dal 2017 e agiscono su aree individuate grazie a dati demografici e socio-economici, come quelli raccolti nelle Mappe della fragilità – spiega l’assessore alla cultura del Comune di Bologna Matteo Lepore – Durante il lockdown degli scorsi mesi, non ci siamo mai fermati e attraverso incontri e formazioni online abbiamo continuato a lavorare con i ragazzi. Appena è stato possibile vedersi dal vivo, abbiamo messo a disposizione spazi pubblici a partire da teatri e giardini per fare ripartire le attività».

Il progetto è cofinanziato dall’Unione europea – Fondo Sociale Europeo, nell’ambito del Programma Operativo Città Metropolitane 2014-2020 e tutti gli attori non istituzionali coinvolti sono stati selezionati attraverso bandi. L’obiettivo è farlo diventare un progetto stabile dell’amministrazione per garantirne la continuità.

Tutte le scuole della città sono state coinvolte e partecipano, alemeno con alcune classi per istituto, alle tante proposte culturali di Scuole di Quartiere

«Fondamentale è il dialogo con le scuole – spiega Veronica Ceruti, responsabile del progetto Scuole di Quartiere, Dipartimento Cultura e Promozione della Città del Comune di Bologna – Tutte le scuole della città sono state coinvolte e partecipano se non tutto l’istituto, con alcune classi, alle tante proposte culturali di Scuole di Quartiere. Il percorso di teatro senza mura “Così Sarà! La città che vogliamo”, ad esempio, ha coinvolto tutte le scuole secondarie di secondo grado della città di Bologna e anche quelle di primo grado. Alcune proposte coinvolgono direttamente le scuole, altre invece si riferiscono a gruppi informali, non per forza veicolati dalla scuola, e qui sta la vera sfida del nostro progetto che mira ad includere tutti, lavorando molto sul tema della dispersione scolastica in rete con i quartieri e i servizi educativi territoriali».

Spesso da queste reti di comunità è partita anche la voglia di fare volontariato e mettersi a disposizione delle persone più anziane e fragili e si è creata una comunità di mutuo aiuto che ha generato soluzioni che andavano ben oltre quelle previste dal progetto finanziato. «Uno dei progetti che ci ha maggiormente colpito è quello con Auser per l’ottima risposta da parte dei più giovani alla formazione per fare volontariato con gli anziani – dice l’assessore Lepore – Tra le attività in partenza nei prossimi mesi, c’è il progetto “Rileghiamoci” con la rete delle biblioteche comunali che prevede momenti di formazione gestiti dal terzo settore per attività di promozione della lettura a casa degli anziani e di animazione territoriale attraverso la parola scritta. L’immaginazione civica è la nostra spinta gentile – conclude l’assessore – Produrre innovazione e cambiamento facendo partecipare le persone, con un approccio plurale per riuscire a immaginare e realizzare insieme qualcosa che rimanga e migliori la vita di tutti. E in questo percorso, il rafforzamento del ruolo strategico del terzo settore è fondamentale».


Credits foto (esclusi i due primi primi piani di Lepore e Ceruti): Margherita Caprilli Production


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