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Africa, il ritorno a scuola come antidoto all’impatto sociale del virus

L'interruzione dei percorsi scolastici, denuncia l'OMS, ha creato una vera e propria «school disruption» esponendo i sistemi più fragili a problemi enormi. Al tempo stesso ha rivelato i settori in cui gli investimenti umanitari potrebbero essere orientati: fornire di servizi igienici le strutture scolastiche

di Marco Dotti

L'interruzione scolastica rischia di destabilizzare i sistemi sociali. Specialmente i più fragili. L'Africa, per esempio. Nel Continente, denuncia l'Organizzazione Mondiale della Sanità, le interruzioni scolastiche hanno avuto un impatto significativo: i bambini soffrono sempre più spesso di cattiva alimentazione, esposizione alla violenza e allo sfruttamento, gravidanze infantili, stress e il processo di crescita e sviluppo rischia di essere compromesso.

Le scuole sono antidoti sociali

La school disruption ha creato problemi enormi e ancor più rischia di crearne. L'allarme arriva dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dall'UNICEF che hanno esortato i governi del Continente a promuovere un ritorno sicuro in classe, limitando al contempo la diffusione del virus. Ritorno a scuola e lotta alla pandemia non sono azioni in contraddizione fra loro, come vorrebbero far credere negazionisti da un lato e fautori dello stato d'eccezione permanente dall'altro.

Le scuole sono case sicure

Al contrario, osserva Matshidiso Moeti, direttore regionale dell'OMS per l'Africa, «le scuole hanno aperto la strada per una via professionale e umana di successo per molti africani». Formazione, cultura, istruzione: il virus, sul medio-lungo periodo, si sconfigge anche così. Le scuole, inoltre, continua Moeti, «forniscono un rifugio sicuro per molti bambini in circostanze difficili». Le scuole, in Africa, sono anche case. Case sicure.

«Non possiamo dissipare una generazione»

Moeti spiega inoltre che è compito della società civile, africana ed europea, aprire gli occhi e farli aprire a tutti: lottare e contenere il COVID-19 è una priorità, ma una priorità ancor più grande è evitare che un'intera generazione africana vada perduta.

«I Paesi stanno aprendo le imprese in modo sicuro, perché non possiamo riaprire le scuole?». Ovviamente, spiegano gli esperti dell'OMS, la decisione deve essere guidata da un'analisi approfondita dei rischi per garantire la sicurezza dei bambini, degli insegnanti e dei genitori.

Un'indagine dell'OMS, resa pubblica nelle scorse ore e condotta su 39 Paesi dell'Africa subsahariana, ha rivelato che le scuole sono aperte solo in 6 Paesi e parzialmente aperte in altri 19. Le scuole sono chiuse in 14 Paesi anche se 12 prevedono di riprendere le lezioni in presenza entro settembre.

Al contempo emergono altri dati: sarebbero oltre 10 milioni di bambini che, con la scuola, perdendo i pasti alla mensa scolastica hanno visto venir meno la loro fonte di alimentazione principale. Conseguenza: l'incremento dei tassi di malnutrizione, con un rischio particolarmente elevato tra le ragazze, in particolare quelle di famiglie sfollate o provenienti da famiglie a basso reddito.

Scuole sane = scuole sicure

La Banca Mondiale ha inoltre evidenziato il potenziale impatto sociale ed economico a lungo termine delle chiusure nell'Africa subsahariana, che potrebbe portare a perdite di 4.500 dollari per ogni bambino. Bambini che, oggi, rischiano di essere considerati «nuovi untori». Tesi ovviamente smentita dagli epidemiologi.

Bambini e ragazzi tra i cinque e gli otto anni non sono i principali vettori epidemici, come ha spiegato il direttore regionale dell'UNICEF per l'Africa orientale e meridionale, Mohamed M. Malick Fall. La chiusura delle scuole rischia, pertanto, di essere un moltiplicatore di rischio, non un'opzione di contenimento.

«L'impatto a lungo termine dell'estensione della chiusura della scuola rischia di danneggiare sempre più i bambini, il loro futuro e le loro comunità», ha concluso Fall.

Al tempo stesso, ricordando che nell'Africa subsahariana solo un quarto delle scuole ha servizi igienici di base, le agenzie dell'ONU evidenziano che la pandemia da COVID-19 ha rivelato la necessità di investimenti proprio in questo settore. Una logica che, negli anni scorsi, ha portato figure come Bill Gates a investire, con la propria Fondazione, proprio sulla ricerca di servizi igienici sicuri e affidabili (in particolare w.c.), in grado di salvare milioni di vite umane.


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