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Education & Scuola

La vignetta di Silvia Ziche per una scuola che non lasci nessuno indietro

Il presidente di We World Marco Chiesara: “La pandemia ha accentuato le disuguaglianze e aggravato la povertà educativa. Ora non perdiamo l’occasione di ripensare l’educazione in Italia, ascoltando le esigenze di chi la vive, sostenendo la comunità educante e focalizzandoci in particolare sugli studenti già ai margini”

di Redazione

«Il futuro è una storia bellissima. Aiutiamo tutti i nostri figli a scriverla»: è Lucrezia, il celebre personaggio della fumettista e disegnatrice Silvia Ziche, a raccontare in una frase il rientro a scuola per WeWorld, organizzazione impegnata da 50 anni a garantire i diritti di donne, bambini e bambine in 27 Paesi del mondo compresa l’Italia.

Con la vignetta disegnata appositamente per la Ong dalla celebre autrice in occasione della riapertura delle scuole, WeWorld vuole sottolineare l’importanza dell’accesso all’istruzione equo e per tutti, dopo i lunghi mesi di chiusura delle scuole a causa del Coronavirus. Nella vignetta, Lucrezia accompagna un gruppo di bambini e bambine verso il portone di scuola, facendosi portavoce di un messaggio positivo di inclusione, perché la nuova scuola dopo la pandemia sia davvero la scuola di tutti i bambini e le bambine, e perché la ripresa sia occasione per ripensare la scuola in senso più equo e giusto, rimediando ai danni educativi provocati dalla chiusura prolungata.

Tra le tante disuguaglianze che l’emergenza Covid-19 ha messo in evidenza, l'accesso all'istruzione è una delle più evidenti: «Sin dai primi giorni del lockdown ci siamo resi conto delle ricadute che questo avrebbe avuto sul diritto all’istruzione di bambini e bambine – spiega Marco Chiesara, Presidente di WeWorld – La didattica online ha accentuato le differenze tra studenti che avevano le risorse per seguire le lezioni e studenti privi di tali risorse. Questo vuol dire che chi prima del lockdown era in condizioni di povertà educativa non solo continuerà ad esserlo al rientro a scuola, ma vedrà nettamente peggiorata la propria situazione. I bambini sono stati privati delle relazioni con i pari, gli insegnanti, gli educatori e tutta la comunità educante per più di tre mesi e questo per molti di loro ha compromesso la socialità e accentuato i rischi di isolamento. Un grave danno per tutti, ma in particolare per quei bambini e bambine che vivono in famiglie in disagio sociale, o famiglie a rischio violenza domestica, per i quali stare a casa ha avuto rilevanti conseguenze emotive e psicologiche».

Continua Chiesara: «L’intento degli stanziamenti pubblici per la scuola è comunque buono: destinare le risorse alle scuole per gli studenti più a rischio di povertà educativa, individuare gli istituti bisognosi sulla base di alcuni criteri oggettivi (tasso di dispersione scolastica, disagio negli apprendimenti, status socioeconomico della famiglia di origine rilevati dall’Invalsi), si tratta finalmente di risorse ad hoc per chi rischia di rimanere indietro. Ma non possiamo non rilevare alcune criticità che ci preoccupano, come la scarsezza della dotazione per ogni scuola (800 euro a scuola per dotazione di kit di strumenti e materiali per la didattica o per il potenziamento della connettività) e il fatto che le risorse per acquisto di materiali non serviranno se poi studenti e docenti non saranno dotati di sufficienti competenze digitali. Servono risorse anche e soprattutto per corsi di formazione sulla didattica on line e per studenti provenienti da famiglie che non hanno risorse (anche conoscenze) per aiutare i figli nella DAD.

La pandemia ha accentuato criticità preesistenti ma ci offre ora la possibilità di ripensare l’educazione in Italia, ascoltando le esigenze di chi la vive, sostenendo la comunità educante e focalizzandoci in particolare sugli studenti già ai margini – conclude Chiesara – Non buttiamo via questa opportunità: alle istituzioni quindi chiediamo che gli investimenti siano diretti per creare un impatto reale e possano rafforzare la comunità educante e recuperare chi rischia di rimanere irrimediabilmente indietro».


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