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Oxfam: «Covid19, la pandemia dei profitti e dei poteri»

32 multinazionali hanno realizzato 109 miliardi di extra-profitti nel 2020, ma l’88% andrà a remunerare gli azionisti, mentre 400 milioni di posti di lavoro sono già andati persi e 430 milioni di piccole imprese sono a rischio chiusura. A 6 mesi dallo scoppio della pandemia un nuovo rapporto Oxfam fotografa l’acuirsi di enormi disuguaglianze nell’epoca del coronavirus. La pandemia produrrà mezzo miliardo di nuovi poveri, mentre la ricchezza finanziaria di 25 miliardari è aumentata di 255 miliardi di dollari in poco più di due mesi

di Redazione

109 miliardi di dollari in extra-profitti rispetto alla media dei 4 esercizi finanziari precedenti: è il risultato economico complessivo atteso nel 2020 per 32 tra le più grandi multinazionali al mondo.

A rivelarlo è Potere, profitti e pandemia, il nuovo rapporto pubblicato oggi da Oxfam a 6 mesi dalla dichiarazione della pandemia da Covid-19, che denuncia quanto l’emergenza sanitaria in corso abbia portato molte grandi multinazionali ad anteporre i profitti alla salute e alla sicurezza dei lavoratori, ad abbattere costi e trasferire rischi e ad usare il proprio potere di influenza per condizionare le politiche dei governi. Il risultato è un acuirsi impressionante di disuguaglianze già esistenti a ogni livello.

La pandemia produrrà mezzo miliardo di nuovi poveri, mentre la ricchezza finanziaria di 25 miliardari è aumentata di 255 miliardi di dollari in poco più di due mesi.

A livello globale, a causa della crisi economica generata dalla pandemia, mezzo miliardo di persone si ritroveranno in povertà. Nel solo primo semestre dell’anno 400 milioni di posti di lavoro a tempo pieno sono andati perduti e l’Organizzazione internazionale del lavoro stima un rischio di chiusura per oltre 430 milioni di piccole imprese.

La crisi ha tuttavia generato, per alcuni, anche dei grandi surplus: dall’inizio della pandemia 100 grandi corporation globali quotate hanno visto una crescita del proprio valore in borsa di oltre 3 mila miliardi di dollari e i patrimoni finanziari dei 25 tra i più facoltosi miliardari al mondo hanno registrato un incremento di ben 255 miliardi di dollari, solo tra metà marzo e fine maggio 2020. Jeff Bezos da solo potrebbe personalmente pagare a ciascuno degli 875.000 dipendenti di Amazon un bonus una tantum di 105.000 dollari, senza intaccare i livelli di ricchezza finanziaria personale di inizio pandemia.

“Il Covid-19 ha avuto conseguenze tragiche per molte persone in tutto il mondo, ma ha anche beneficiato chi si trova all’apice della piramide distributiva. – ha detto Misha Maslennikov, policy advisor su giustizia economica di Oxfam Italia. – A livello globale alcune grandi multinazionali, in particolare i colossi tecnologici, farmaceutici e del commercio online stanno registrando, senza particolari meriti produttivi, livelli di utili da capogiro, beneficiando della domanda eccezionale dei loro beni e servizi causata dalla pandemia, e applicando incrementi talvolta ingiustificati dei prezzi. Si tratta di quelle imprese che spesso sono anche le maggiori destinatarie di forme di supporto diretto e indiretto, a volte addirittura senza averne bisogno. Pensiamo al caso italiano: nel primo semestre 2020, di oltre il 25% delle ore di cassa integrazione erogate hanno beneficiato imprese che non hanno riportato alcun calo di fatturato rispetto allo stesso periodo del 2019. Il tema però non è tanto la creazione degli utili, quanto il loro mancato reinvestimento nella produzione e nel lavoro. È sconcertante come nel bel mezzo di questa gravissima crisi sanitaria queste imprese destinino i loro utili quasi esclusivamente alla distribuzione dei dividendi agli azionisti o ad operazioni di buyback azionari, a discapito di investimenti produttivi e del miglioramento delle condizioni retributive dei dipendenti. Questo ha l’inevitabile risultato di ampliare le disuguaglianze retributive e patrimoniali in un momento in cui è necessaria maggiore equità per risollevarci da una crisi economica così grave”.

Il rapporto di Oxfam evidenzia come alcune multinazionali abbiano contribuito ad aggravare l’impatto economico del coronavirus, destinando utili stratosferici agli azionisti invece di investirli in posti di lavoro di qualità, attività di ricerca e sviluppo, tecnologie amiche del clima, riconversione dei processi produttivi, nonché nel pagamento di una equa quota di imposte, che generano risorse pubbliche necessarie alla ripresa: quattro delle più grandi aziende tecnologiche del mondo, Google, Apple, Facebook e Amazon, sono proiettate a realizzare quest’anno e complessivamente quasi 27 miliardi di dollari di extra-profitti. Si stima che Microsoft sia destinata a realizzare da sola 19 miliardi di dollari di utili in più quest'anno rispetto alla media del quadriennio precedente. Da gennaio, secondo i dati forniti dalle stesse aziende, Microsoft e Google hanno remunerato gli azionisti rispettivamente con oltre 21 e 15 miliardi di dollari.

Anche se la domanda per i suoi prodotti è diminuita nel corso della pandemia, da gennaio Toyota ha distribuito agli azionisti oltre il 200% degli utili realizzati. I giganti farmaceutici hanno visto incrementare i propri profitti. Le 7 società farmaceutiche analizzate da Oxfam stanno realizzando in media un margine di profitto del 21%. 6 di queste guadagneranno 12 miliardi di dollari in più durante la pandemia rispetto alla media degli ultimi 4 anni. Tra queste Merck 4,9 miliardi in più, Johnson & Johnson e Roche avranno circa 3 miliardi di dollari di extra-profitti ciascuna.
Tre delle più importanti aziende statunitensi che stanno lavorando allo sviluppo di vaccini per il Covid19, grazie anche a cospicui investimenti pubblici Johnson & Johnson, Merck e Pfizerhanno già distribuito dal mese di gennaio 16 miliardi di dollari ai propri azionisti.

Le 6 maggiori compagnie petrolifere del mondo – Exxon Mobil, Total, Shell, Petrobras, Chevron e BP – hanno registrato una perdita netta complessiva di 61,7 miliardi di dollari da gennaio a luglio 2020, ma sono riuscite lo stesso a corrispondere 31 miliardi di dollari agli azionisti. Nel 2019, 10 tra i più grandi marchi dell’abbigliamento hanno utilizzato il 74% dei profitti (21 miliardi di dollari) per dividendi e buyback. Nel 2020, la massiccia cancellazione di ordini ha messo in ginocchio 2,2 milioni di lavoratori tra i fornitori nel settore tessile nel solo Bangladesh. La Chevron ha annunciato tagli del 10-15% della propria forza lavoro globale, nonostante nel primo trimestre dell’anno abbia distribuito dividendi e realizzato buyback per un ammontare superiore agli utili del periodo. La più grande industria del cemento della Nigeria, la Dangote Cement, ha licenziato 3.000 lavoratori senza preavviso, pur prevedendo di corrispondere nel 2020 il 136% dei propri profitti agli azionisti.


Secondo le stime di Oxfam, 32 tra le corporation più redditizie al mondo prese in esame nel rapporto destineranno l'88% dei loro profitti in eccesso agli azionisti, arricchendo in gran misura chi è già ricco. Non è una novità, ma la conseguenza di un modello d’impresa orientato all’esclusiva massimizzazione dei profitti per gli azionisti e all’incremento del valore finanziario delle aziende a discapito dello sviluppo dei livelli occupazionali e retributivi dei dipendenti e della più ampia attenzione alla società. Per questo Oxfam chiede alle istituzioni di sostenere maggiormente le imprese che perseguono l’obiettivo di creare e distribuire il valore in modo più equo tra tutti gli stakeholder, economicamente sostenibili e in grado di coniugare redditività e solidarietà.

“Abbiamo di fronte l’occasione straordinaria di ripensare il nostro modello economico. Chiediamo ai leader politici di lavorare per creare un ambiente normativo che favorisca le imprese capaci di essere socialmente responsabili, mostrando attenzione all’interesse generale e diventando delle entità generative di inclusione oltre che di sviluppo economico”, aggiunge Maslennikov.

Una delle proposte del rapporto è l’introduzione di un’imposta sugli extra-profitti generati da imprese con fatturato annuo consolidato superiore ai 500 milioni di dollari. Un’imposta che non aggraverebbe in alcun modo le precarie condizioni di piccole e medie imprese in difficoltà, ma si applicherebbe solo a grandi società in alcuni settori economici che hanno beneficiato, in maniera anche fortuita, dalla pandemia.

“Se introdotta, la misura può fornire un disincentivo all’aumento indiscriminato dei prezzi di beni e servizi e impedire ad alcuni giganti corporate l’incremento del proprio potere di mercato attraverso acquisizioni di imprese in difficoltà. – conclude Maslennikov – Il gettito stimato per questa imposta si attesterebbe intorno a 104 miliardi di dollari dalle sole 32 multinazionali analizzate nel rapporto. Si tratta di risorse sufficienti a finanziare lo sviluppo e la distribuzione di test, terapie e vaccini anti-Covid gratuiti per tutti, a livello globale”.


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