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La pianificazione partecipata in goal con il dialogo

Avviata l’iniziativa “Non avere paura di tirare un calcio di rigore” che ha alla sua base la comunità dialogante. Dopo la prima serata nell’orizzonte i diritti essenziale e gli obiettivi dell’Agenda 2030: ambiente e sostenibilità, ma anche una nuova idea di turismo nella capitale della riviera romagnola

di Laura Solieri

Una comunità dialogante è alla base di un cambiamento condiviso. C’è spesso tanta retorica dietro questo concetto ma sappiamo bene che i processi partecipativi per essere tali non devono essere di facciata ma svilupparsi su un piano di chiarezza e reciproca lealtà. A Rimini, si è aperta con grande successo di pubblico l’iniziativa “Non avere paura di tirare un calcio di rigore”, ispirata alla celebre canzone di Francesco De Gregori e che prevede un ciclo di incontri pubblici in dialogo con la città e i cittadini. L’obiettivo principale è quello di verificare lo strumento del “Piano strategico”, un’esperienza di pianificazione partecipata che ha coinvolto la città di Rimini e che si trova a metà del suo lavoro.
L’amministrazione comunale si mette in gioco sia ascoltando la voce e il parere di ospiti ed esperti, sia decidendo di aprire un canale privilegiato di dialogo con la cittadinanza attraverso l’indirizzo email nonaverpauraditirareunrigore@gmail.com e l’hashtag #NonAverPauraDiTirareUnCalcioDiRigore.

«Ho raccolto riflessioni, proposte, domande dalla cittadinanza che ho consegnato al sindaco Andrea Gnassi e al professor Stefano Zamagni, relatori della prima serata, con cui si è aperto il ciclo di incontri – spiega Silvia Sanchini (nella foto) che lavora tra Rimini e Bologna per l’associazione Agevolando e che ha moderato la serata su invito del Centro culturale Paolo VI di Rimini – Colpisce che molti abbiano evidenziato il tema di superare le storiche barriere tra zona mare, centro e aree più lontane del territorio comunale: Rimini è una città non troppo grande, ma evidentemente alcune zone e alcuni quartieri si percepiscono ancora come marginali».

Come sottolineano gli organizzatori, si è respirata un’aria di ritrovata e orgogliosa appartenenza alla città per questa inattesa occasione in cui per la prima volta – così in molti si sono espressi – si è avvertita fortemente la sensazione di dialogo con i cittadini, di ascolto dei loro bisogni e desideri.


Qui e in apertura alcuni momenti della serata di avvio dell'iniziativa a Rimini – foto ©Antonio Polselli

Il mondo dell’associazionismo chiede che siano garantiti a tutti i diritti essenziali e, in molti, hanno fatto riferimento come orizzonte agli obiettivi dell’Agenda 2030. Altri temi emersi: l’ambiente, la sostenibilità, una visione nuova del turismo. Tra le proposte: biblioteche nei quartieri lontani dal centro, maggiore valorizzazione del Museo etnografico, centri di documentazione di quartiere e Mappe di città per sapere a chi rivolgersi e favorire l’accesso agli spazi per chi ha idee.

«Una grande attenzione è stata portata sulla questione adolescenti e giovani: la cittadinanza chiede più proposte dedicate e la creazione di spazi inclusivi e di condivisione – prosegue Sanchini – Portando la mia esperienza, ho imparato che la partecipazione può avere rischi ed è faticosa, ma ha anche enormi potenzialità. Come direbbe l’amica e collega Diletta Mauri mi sono “innamorata” dell’idea di partecipazione attiva: spesso quando si parla di politiche giovanili si fa riferimento a giovani che possono già contare su risorse familiari e sociali e la vera sfida è coinvolgere anche persone che provengono da contesti più difficili e deprivati. Come direbbe il prof. Andrea Canevaro, dobbiamo mettere avanti chi fa più fatica».

Il Centro Culturale Paolo VI ha partecipato con convinzione sin dalla prima ora a questo modello di Piano Strategico che, per il suo metodo partecipativo concreto, è stato un unicum, preso poi ad esempio da altre città italiane e non. Sempre il Paolo VI, da oltre dieci anni, organizza periodicamente un focus pubblico sulla città e sul suo essere luogo umano prima che urbano, nella convinzione che le persone vadano sollecitate ad essere propositive e non sempre e solo sterilmente critiche.

«Inutile dire che in una visione concretamente democratica del potere, laddove i luoghi decisionali devono mantenere, certo, le loro prerogative, ma a partire da un atteggiamento concreto di ascolto del demos, questo strumento contiene a livello metodologico potenzialità straordinarie – sostiene la presidente del centro Paola Affronte (nella foto), insegnante – E non solo per chi il potere concretamente lo esercita, bensì anche per il cittadino che nel corso di questo ultimo ventennio ha progressivamente abdicato al proprio ruolo attivo, chiudendosi in un comodo ma sterile individualismo o in un altrettanto sterile vittimismo rassegnato. Insomma, non è solo chi fa politica nelle “segrete stanze” a dover cambiare il proprio habitus, ricordando che la politica è un servizio (Paolo VI diceva la più alta forma di carità), ma è anche chi ha dimenticato di essere civis, ovvero un mattone di quella civitas sulle cui strade ognuno di noi ogni giorno cammina e vive la propria vita. C’è tanta strada da fare, ma il cammino è iniziato. Il primo calcio di rigore è stato tirato e un goal è stato sicuramente realizzato. Il dialogo alla base di tutto e, in tal senso, va la scelta dei soggetti che di volta in volta saranno chiamati a promuovere, coordinare, costruire gli eventi. Questa volta siamo stati noi. Domani chissà».


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