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Cooperazione & Relazioni internazionali

«Non potevamo solo guardare. Così siamo volati a Lesbo»

«Non è la prima volta che interveniamo oltre confine per aiutare homeless e poveri, ma questo è il nostro esordio in un’emergenza in un Paese europeo», Alberto Sinigallia, presidente di Fondazione Progetto Arca racconta la missione partita subito dopo l’incendio nel campo di Moria per assistere migliaia di persone rimaste senza nulla

di Antonietta Nembri

L’eco della notizia dell’incendio nel campo rifugiati di Moria, sull’isola di Lesbo avvenuta nella notte tra l’8 e il 9 settembre, non si era ancora spenta che un primo gruppo di operatori di Progetto Arca sbarcava sull’isola greca per portare un primo aiuto.
«Siamo sempre stati sensibili agli interventi oltre confine. Abbiamo lavorato in Costa d’Avorio, in Sud Sudan, Libano, Giordania e sempre la nostra azione è stata indirizzata ad aiutare i senza dimora o a portare i pasti per i poveri nelle mense e non solo. Quando abbiamo saputo che a Moria, dopo l’incendio c’erano 13mila persone in strada che non avevano più nulla non ci abbiamo pensato due volte e ci siamo mossi subito». A raccontare la decisione presa nel giro di 48 ore è Alberto Sinigallia, presidente della Fondazione che sottolinea «È anche una prima volta perché non eravamo mai intervenuti in un’emergenza europea, è vero che a Lesbo la Turchia è vicina, ma siamo in Grecia, in Europa».

«Noi abbiamo sempre pronti dei kit di emergenza, delle tende e delle brandine, anche per questo siamo riusciti ad attivarci nel giro di 48 ore. Acqua e viveri li abbiamo acquistati in loco In prima battuta avremmo voluto organizzare subito un campo, ma c’erano delle difficoltà logistiche», racconta Sinigallia ricordando anche il fatto che gli estremisti greci hanno bloccato alcune strade a Lesbo. «Abbiamo inviato una delegazione con i primi aiuti, ma entro questa settimana riusciremo a far arrivare una cucina da campo e un container con coperte e alimenti, in particolare per i bambini». In questa operazione di aiuto Progetto Arca sta collaborando con l’ong spagnola Remar «una delle poche ancora presenti», chiosa Sinigallia.

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Nella gallery le immagini dal campo allestito dall'Unhcr a Lesbo e quanto rimane di quello di Moria che ospitava 13mila persone – In basso la distribuzione d'acqua e viveri

Con i volontari dell’ong spagnola nel campo allestito dall'Unhcr operano i tre logisti di Progetto Arca che hanno fatto un primo sopraluogo e stanno pianificando il prosieguo degli aiuti «quando arriverà il container ci sarà anche una squadra di sette persone. Ma al momento la prima emergenza sono i bambini. A Moria c’erano 13mila persone, adesso ci sono più di 10mila rifugiati in strada, mille o duemila sono ancora nei boschi attorno al campo che è bruciato. L’esercito greco distribuisce del cibo, ma non hanno né omogeneizzati né biberon e altro per i più piccoli. Ed è qui che siamo intervenuti in prima battuta distribuendo acqua e viveri e in particolare con alimenti per i più piccoli».

I bambini sono la prima emergenza e proprio per questo Progetto Arca ha iniziato a sensibilizzare i suoi sostenitori, «ma ci rivolgiamo anche alle aziende, al corporate, perché siano di fronte a grandi numeri, le persone che hanno bisogno di tutto sono migliaia…», conclude Sinigallia.


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