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E dopo il lockdown? Impennata di adolescenti in Pronto Soccorso per ubriachezza grave

Lo registra una ricerca curata dai medici del Pronto Soccorso dell’Irccs Materno Infantile “Burlo Garofolo” di Trieste. «Il dato più significativo è stato quello di un incremento percentuale, decisamente importante, dei ricoveri per “ubriachezza grave”, che in rapporto a tutti gli accessi in Pronto Soccorso di quella fascia di età sono passati dal 2% del 2019 all’11% del 2020»

di Redazione

Gli adolescenti che nel lockdown non si lamentavano mai, quando hanno potuto riprendere la loro vita hanno esagerato. «Senza voler eccessivamente semplificare», c’è stato qualcosa che in termini di salute ha impattato molto di più sugli adolescenti che non il Covid stesso: dopo la fine del lockdown c’è stata una notevole impennata degli accessi in Pronto Soccorso di adolescenti con intossicazione alcolica acuta grave, spesso associata ad abuso di altre sostanze stupefacenti. Il preoccupante dato è stato evidenziato da una ricerca curata dai medici del Pronto Soccorso dell’Irccs Materno Infantile “Burlo Garofolo” dell’Ospedale triestino di Cattinara, che è stata pubblicata sulla rivista statunitense Journal of Adolescent Health: si tratta di un lavoro di squadra tra medici dei due PS, di neuropsichiatri infantili e di specializzandi della Scuola di Pediatria. Il dato più significativo è stato quello di un incremento percentuale, decisamente importante, dei ricoveri per “ubriachezza grave”, che in rapporto a tutti gli accessi in Pronto Soccorso di quella fascia di età sono passati dal 2% del 2019 all’11% del 2020, mostrando, quindi, un aumento significativo dell’impatto dell’intossicazione.

Egidio Barbi, Direttore della Clinica Pediatrica del Burlo spiega che «i nostri ragazzi hanno rischiato più la vita per questo che per il Covid. Il significato di questo fenomeno è certamente correlabile alle difficoltà emotive e relazionali create dal lockdown, che hanno probabilmente favorito un “rimbalzo” di comportamenti a rischio da liberazione dalle restrizioni. Ciononostante, il livello di incremento del numero di accessi e della loro gravità testimonia di una incapacità di controllo e di messa in pericolo reale che non può essere sottostimata».

Secondo quanto riferito dai curatori della ricerca, guidati al Burlo dal dottor Giorgio Cozzi e a Cattinara dal dottor Alessandro Agostino Occhipinti, si è trattato di accessi di ragazzi e ragazze che hanno corso, in più di un caso, un reale pericolo di vita, anche per i traumi con necessità di valutazione neurochirurgica associati all’ebbrezza da alcol e stupefacenti e per la necessità di supporto respiratorio che ha portato anche all’intubazione e all’accesso in terapia intensiva. Di fatto una buona quota di questi ragazzi aveva precedenti di consumo o di abuso di sostanze.

Giuseppe Abbracciavento, della Neuropsichiatra del Burlo, ha evidenziato come: «I nostri ragazzi e le loro famiglie hanno reinventato la convivenza in una condizione forzata che talvolta ha esasperato dinamiche conflittuali nel nucleo, altre volte ha invece facilitato una maggiore condivisione del tempo e un miglior riconoscimento dei bisogni dei ragazzi da parte dei loro genitori. Questo non è stato, però, sufficiente ai ragazzi per meglio adattarsi alla fase subito successiva alla chiusura. Gli eccessi caratterizzano il periodo dell’adolescenza, sono una componente di genio che, tuttavia, è inevitabilmente accompagnata a una limitata capacità di auto-modulazione. Il lungo periodo di chiusura con un limitato accesso a esperienze di messa alla prova nella vita reale, con i pari, con i compiti evolutivi talvolta anche molto faticosi, ha portato a una ricerca di sensazioni ed emozioni intense, aprendo o riaprendo così la strada all’uso di sostanze psicoattive. La maggior parte di questi ragazzi infatti già prima del lockdown aveva avuto contatti con le sostanze psicoattive o con comportamenti a rischio».

Oggi alle 18 sulle pagine Facebook di Vita e Telefono Azzurro si discuterà di questi temi


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