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Welfare & Lavoro

Occupazione e vecchiaia non è un ossimoro

Presentato oggi a Roma il volume “La popolazione anziana e il lavoro: un futuro da costruire”, una pubblicazione che ha l’obiettivo di ribaltare alcuni luoghi comuni e che si propone di guardare a un domani che riduca il conflitto tra giovani lavoratori e senior lanciando un patto fra generazioni per uscire dalla crisi innestata dalla pandemia

di Antonietta Nembri

Un tema controcorrente, così Laura Gavinelli del centro studi 50&Più ha descritto la tesi al centro del libro “La popolazione anziana e il lavoro: un futuro da costruire” (Edizioni il Mulino), opera realizzata da 50&Più Associazione e Fondazione Leonardo, realtà impegnate nella valorizzazione degli anziani che è stato presentato questa mattina a Roma. Un volume di 400 pagine frutto di un lavoro “corale”, a più voci – con i contributi di 22 autori tra i quali Gian Carlo Blangiardo, Tiziano Treu, Alberto Brambilla, Nadio Delai, Claudia Manzi, Giovanna Rossi, Francesco Marcaletti, Leo Nahon, Cristian Leorin, Maria Cristina Migliore – che affronta questioni spesso poco conosciute e approfondite.

Nel corso della presentazione trasmessa in streaming dalla sala gialla del Cnel, sono intervenuti Tiziano Treu, presidente Cnel; Carlo Sangalli presidente di 50&Più e Marco Trabucchi, presidente di Fondazione Leonardo.
Nel suo intervento il presidente del Cnel ha ricordato come già 10 anni fa l’Europa parlava della necessità di valorizzare gli anziani, mentre non mancano aziende che hanno iniziato a valorizzarli. «Un fenomeno che è cresciuto nel tempo e che sta cambiando il rapporto tra le generazioni», ha insistito Treu che ha messo in guardia su una tendenza che si è fatta strada: con l’innalzamento dell’età pensionabile «la reazione sono stati i prepensionamenti perché gli anziani sono un peso», e per converso i giovani sono stati destinatari di retribuzioni più basse. Su tutto poi si è abbattuto il Covid-19 che ha aggravato la situazione. Per Treu occorre iniziare a guardare alle buone pratiche europee, pensare a una gradual retirement «Occorre immaginare un tipo di lavoro differente, compatibile con l’età anziana e che favorisca un passaggio graduale e senza traumi dall’occupazione alla pensione».


I partecipanti alla presentazione del volume nella Sala Gialla del Cnel


Un tema sempre più di attualità se si pensa che nel nostro Paese sono 643mila i lavoratori over 65 che alimentano la forza lavoro e in soli 10 anni la loro presenza è cresciuta del 60,8% ed entro il 2070 in Europa un lavoratore su due sarà anziano.

L’emergenza Coronavirus ha fatto cadere alcune “certezze” sino ad ora considerate inattaccabili. Una tra queste l’adagio “gli anziani portano via il pane ai giovani. Se mandiamo via un anziano, entra un giovane”. Un automatismo che non si realizza, anche perché, come ha osservato Carlo Sangalli da un lato la longevità è un fenomeno positivo perché è un indice di migliore qualità di vita, ma «se è accompagnata dalla denatalità e non è affiancata dalla valorizzazione dell’anziano la scorciatoia è il conflitto generazionale».
Nel volume ha ricordato Sangalli, si affronta il tema da un punto di vista culturale nella direzione di considerare gli anziani una risorsa per l’economia e non un peso. «Purtroppo la Pandemia ha aumentato la distanza tra le generazioni» cosa che chiede di conseguenza un «patto generazionale e la necessità di ridisegnare in modo flessibile le politiche del lavoro e di welfare per renderle anche più inclusive nei confronti dei giovani». Il quesito, per Sangalli è «come dare voce all’esercito dei lavoratori senior che» ha sottolineato «dà un contributo importante all’economia e alla tenuta sociale del Paese. E qui entra in gioco il ruolo dei corpi intermedi: ci sono 16 milioni di pensionati e tra di loro ben 12 milioni sono iscritti ad associazioni di rappresentanza». Il volume ha ricordato infine il presidente di 50&Più nasce da una collaborazione e vuole essere un punto di partenza che «ci deve portare lontano».

Da parte sua Marco Trabucchi ha sottolineato l’importanza di iniziare a considerare il lavoro dell’anziano «un atto vitale, sia per il singolo sia per la collettività. I vecchi di oggi sono diversi da quelli di 30, 40 anni fa… lo diciamo sempre ma ce ne dimentichiamo». Per Trabucchi la partecipazione attiva degli anziani è fondamentale anche perché «il lavoro richiede di guardare avanti e gli studi dicono che riduce il rischio della demenza: è prevenzione e lo dico da medico». Insomma una società di pensionati giovani e senza un impiego non è una società serena. Da non trascurare infine l’aspetto sociale e di relazione, perché un senior che lavora combatte la solitudine, «l’home working non è adatto alle persone anziane».

Per i curatori del volume, infine, oltre a Marco Trabucchi, Gabriele Sampaolo e Anna Maria Melloni l’uscita dal tunnel dell’emergenza Covid-19 sarà possibile solo attraverso l’apporto di tutti e “anche il lavoro dell’anziano farà parte di questo mondo da ricostruire. La durezza delle condizioni per la ripresa si fonderanno, infatti, sull’impegno e il lavoro di tutti e nessuno sarà considerato marginale: la ricostruzione richiederà fatica e orgoglio”.
L’uscita dalla crisi, insomma, sarà possibile solo attraverso un patto generazionale e sarà per questo fondamentale avere maestranze, in ogni ambito produttivo, di tutte le età e saper valorizzare le conoscenze acquisite e maturate sia dai più anziani sia dai più giovani.

Dopo la presentazione del volume che va a colmare un vuoto di conoscenza nel panorama italiano il percorso, ha concluso Gavinelli, proseguirà con una serie di incontri sul territorio, il primo dei quali è già programmato per il 10 novembre a Genova.


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