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Serve un miliardo per i livelli essenziali di assistenza sociale

Il presidente degli assistenti sociali scrive alla ministra Catalfo: inaccettabile che ci siano Comuni ancora senza servizio sociale professionale, il bisogno con la pandemia è cresciuto esponenzialmente. Perché senza servizi e reti sociali nessuno strumento, nemmeno il Reddito di Cittadinanza, può funzionare. E perché dalla 328 sono passati 20 anni. Se non ora, quando?

di Redazione

Il presidente degli assistenti sociali scrive alla ministra Catalfo: inaccettabile che ci siano Comuni ancora senza servizio sociale professionale, il bisogno con la pandemia è cresciuto esponenzialmente. Cominciando da quei livelli essenziali oramai non più procrastinabili, perché è inaudito che solo pochi giorni fa un Presidente di un Tribunale per i Minorenni della Sicilia abbia dovuto mandare una diffida ai Comuni perché privi di un servizio sociale professionale. Livelli essenziali previsti a onor del vero da una legge che – la 328 – che proprio a novembre compirà 20 anni. Livelli essenziali che significano avere un servizio sociale professionale strutturato, con un assistente sociale ogni 3.000 abitanti dovunque in Italia e avere ovunque assistenza domiciliare per anziani, non autosufficienti e minorenni.

È quanto chiede oggi il presidente del Consiglio Nazionale degll’Ordine degli Assistenti Sociali alla ministra Nunzia Catalfo, in vista della prossima legge di bilancio. Gianmario Gazzi firma una lettera in cui chiede un «forte impegno» per «un forte cambio di rotta» che corregga «i limiti di visione politica e gli errori di gestione che abbiamo commesso nei decenni passati nel campo della sanità e delle politiche sociali» che l’emergenza sanitaria ha messo a nudo, ma anche quelli «più vicini». Perché – chiosa duro Gazzi – i problemi che oggi riaffiorano con urgenza (povertà, tutela dell’infanzia, assistenza alle persone non autosufficienti) sono noti ma sono stati sottovalutati perché «sommersi dall’euforia del pensare di avervi trovato soluzioni a disagi vecchi come il mondo».

Occorre un miliardo, tanti soldi? Ma «se si pensa che il Ministero della Salute soltanto per rinforzare l’assistenza territoriale ha stanziato 1,2 miliardi di euro, la cifra che le chiedo di investire è più che ragionevole», dal momento «coprirebbe sia i servizi sociali di tutti gli ambiti che l’aumento delle ore di assistenza a persone non autosufficienti e minorenni», liberando peraltro le risorse che oggi i Comuni ci mettono.

Invece, si sa, l’Italia è a macchia di leopardo. Mancano professionisti e servizi sufficienti per contrastare la crisi pandemica, la povertà in aumento, la tutela dell’infanzia, l’assistenza alle persone non autosufficienti e la pianificazione e coprogettazione con Terzo Settore e comunità. Ci sono territori in cui gli Enti pubblici non pagano da mesi gli operatori e gli assistenti sociali che si occupano di povertà, nonostante i finanziamenti ricevuti. Ci sono servizi strutturalmente imperniati sulla logica del progetto e un turn over di professionisti che non ha senso a fronte di una richiesta di integrazione sociosanitaria cresciuta esponenzialmente. «Perché il Paese, Gentile Ministra, non riparte se non facendoci carico, tutti insieme, delle fragilità. Bisogna essere consapevoli che tutte le risorse che si investiranno e si stanno investendo non troveranno efficacia senza un’adeguata struttura e destinazione. Nessuno strumento, nemmeno il Reddito di cittadinanza, potrà raggiungere i suoi obiettivi di contrasto alla povertà se assieme ai trasferimenti non ci sono servizi, comunità e reti sociali. C’è una povertà che non deriva dalla mancanza di lavoro e aver pensato di risolvere la prima con il secondo è un errore. Abbiamo necessità di investimenti strutturali per garantire i percorsi per chi è più in difficoltà e non ha la possibilità (temporaneamente o per sempre) di essere inserito nel mercato del lavoro. Dopo la grande rivoluzione della Legge 328, è il momento di dare un segnale altrettanto storico».

Edit. All'indomani della lettera, la ministra Nunzia Catalfo ha convocando il tavolo di confronto sulle tematiche sollevate per il 22 ottobre. «Il segnale è importante perché la ministra conosce bene il contributo degli assistenti sociali alla tenuta del Paese ancor più in questo drammatico frangente. Abbiamo chiesto che nella prossima legge di Bilancio sia previsto un ulteriore miliardo di euro, per garantire diritti sociali a chi ne è escluso e per garantire i livelli essenziali ovunque in Italia. Torneremo a sottolineare il problema della precarietà che deriva dalla strutturazione a progetto di gran parte dei servizi e al turn over oramai ingestibile. Ascolteremo e proporremo, a fin da ora, grazie per l’attenzione e la sollecitudine nei nostri riguardi», commenta Gianmario Gazzi.


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