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Gli italiani e i corpi intermedi: il 70% li ritiene importanti per far ripartire il Paese

I risultati dell'analisi svolta da Ipsos per Fondazione Astrid e Fondazione per la Sussidiarietà mostrano una cittadinanza socialmente attiva, che ha resistito anche sotto la pressione del lockdown, tenendo alta la fiducia per il Terzo Settore. Emerge uno spaccato del Paese diverso da quello presente sui mass media

di Lorenza Violini

È stata presentata a Roma, nella sede del Cnel, la ricerca condotta da Ipsos sul valore dei corpi intermedi nel nostro Paese. Tre i temi affrontati: la crisi della democrazia nella percezione degli intervistati, al fine di valutare l’impatto della crisi stessa sul Paese; il senso della partecipazione politica e sociale e, in essa, il ruolo dei diversi corpi intermedi; il senso e il valore dei corpi intermedi e del principio di sussidiarietà nella erogazione dei servizi pubblici (e non solo pubblici).

La ricerca, partita nei mesi precedenti alla crisi pandemica, ha ampliato il suo raggio di azione comprendendo alcune domande relative all’influsso che tale accadimento ha esercitato sulle questioni da analizzare e, in particolare, sul ruolo dei corpi intermedi in questa difficile transizione.

Tre le platee prese in considerazione: da un lato chi ha un ruolo attivo nell’ambito dei corpi intermedi, soprattutto come partecipazione volontaria alle attività degli stesse. Hanno partecipato due gruppi di volontari, divisi per fascia di età (25-45enni il primo, 46-70enni il secondo), per un totale di 50 partecipanti.

L’indagine si è svolta nel novembre del 2019. Sono poi state realizzate 10 interviste con figure apicali nel panorama dei Corpi Intermedi (associazioni imprenditoriali, CCIA, sindacati, cooperative, fondazioni bancarie, associazioni). Sono state condotte 10 interviste tra l’aprile e il maggio di quest’anno. E’ stata infine realizzata una indagine demoscopica sulla popolazione italiana, realizzata su un campione di circa 2.000 persone a maggio di quest’anno.

Il tema generale è risultato essere di grande interesse, nonostante le tendenze alla cd. disintermediazione propugnata a gran voce nell’arena politica e assai diffusa in Italia e in Europa, a cui si sono volute contrapporre forme nuove di democrazia diretta o di democrazia via web.

Interessanti anche i risultati, da cui è emerso uno spaccato del Paese in molti punti sostanzialmente diverso da quello presente sui mass media. Un esempio riguarda il tema della democrazia, la cui crisi è sotto gli occhi di tutti.

La diffusa disaffezione verso questa forma di organizzazione delle istituzioni porta a ricercare qualcosa di diverso rispetto ai meccanismi tradizionali che ponga rimedio alle lentezze e ai costi delle procedure decisionali costituzionalmente sancite (e alla incapacità dei governanti a far fronte alla crisi economica successiva alla crisi sanitaria, crisi a cui gli stessi governanti non sono stati in grado di rispondere con efficacia); si salva solo la capacità del sistema democratico a tutelare i diritti fondamentali benchè anche questa funzione potrà essere messa in crisi dalla paura di una recrudescenza della crisi economica conseguente alla pandemia.

Problematico è apparso prima e dopo la crisi il rapporto tra lo Stato centrale e le Regioni, che ha dato l’idea di uno sfrangiamento tra le varie istituzioni pubbliche a tutto discapito del bene comune

Analoghe difficoltà sono state percepite in relazione alla partecipazione sia politica che sociale, benchè l’analisi abbia messo in luce una tendenza alla partecipazione forse inattesa, soprattutto per quanto riguarda le associazione culturali e a quelle di volontariato. Vi è, in altre parole, un popolo “socialmente attivo” che ha resistito anche sotto la pressione del lockdown, come molti degli intervistati ha testimoniato, anche se – come è naturale – molte delle attività sono state sospese o sostanzialmente diminuite.

Quanto alla fiducia che il Terzo Settore ispira tra gli intervistati, essa è assai viva. Al primo posto tra gli enti del Terzo Settore che godono della fiducia della popolazione vanno ascritti gli enti di volontariato; all’ultimo, i partiti. Ovviamente, questo risultato non era certo inaspettato: è ben nota la crisi della politica, a sua volta alla base della crisi della democrazia.

Questa fiducia nel Terzo Settore è tuttavia carente di fondate basi culturali visto che, in generale, gli intervistati tendono ad avere una concezione del rapporto tra pubblico e privato essenzialmente basato su una preminenza del pubblico, senza che emerga una concezione autenticamente sussidiaria, dove pubblico e privato portano entrambi la responsabilità del bene comune.

La maggioranza degli intervistati non conosce il concetto di sussidiarietà e la associa ad un mentalità assistenzialistica o, se la conosce, la limita al concetto di sussidiarietà verticale, di cui tuttavia la pandemia ha messo in luce i limiti.

Da ciò consegue, indirettamente, una attribuzione ai corpi intermedi – e soprattutto ai più amati tra di essi, e cioè le associazioni di volontariato – di compiti essenzialmente di supplenza rispetto alle carenze del pubblico, vero titolare dei compiti di welfare, soprattutto in vista dei problemi economici che si prospettano a seguito della pandemia.

Tutto ciò posto, va evidenziato in conclusione che vi è una concezione diffusa che va tratteuta e che consiste nel valore che viene da tutti riconosciuto ai corpi intermedi come elemento portante della democrazia, anche della forma di una nuova democrazia che dovrà nascere dalle difficoltà e dai drammi causati dalla crisi sanitaria.

Nella visione di molti, aver toccato con mano le deficienze del pubblico e i suoi limiti ha aperto la strada ad una riscoperta dei corpi intermedi come fattore portate del vivere civile, una visione che – non va dimenticato – era alla base della nostra Costituzione, per unanime concezione delle diverse visioni presenti in Assemblea. Oggi una scoperta da rifare e da rendere nuova.

*Professore ordinario di Diritto costituzionale presso la facoltà di giurisprudenza dell’Università di Milano


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