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Il tempo del Covid? Una porta del cambiamento sistemico

«Un punto di passaggio tra due differenti realtà, l’attuale e quella che verrà», spiega nella sua analisi Federico Mento, direttore di Ashoka Italia, riassumendo le cinque perdite che il virus ci sta imponendo con i suoi effetti

di Federico Mento

Qualche mese fa, sulle pagine del Financial Times, l’attivista e scrittrice indiana Arundhati Roy ha utilizzato un’immagine particolarmente efficace per cogliere le conseguenze della pandemia COVID, descrivendola come un “porta”, punto di passaggio tra due differenti realtà, l’attuale e quella che verrà.

Possiamo, conclude Roy, attraversarla portando con noi le carcasse della modernità, oppure utilizzare un bagaglio leggero cercando di immaginare un mondo differente. Nel pieno della seconda ondata della pandemia che sta interessando gran parte del pianeta, l’attraversamento verso una nuova realtà appare molto difficoltoso. L’utilizzo dei lockdown appare come l’unico strumento in grado di contenere la crescita dei contagi, producendo, però, effetti dirompenti su diverse catene di valore, esponendo, allo stesso tempo, la parte più fragile e deprivata della società all’incertezza. Le inaccettabili disuguaglianze che connotano il nostro tempo si stanno reificando attraverso l’esplosione, quasi quotidiana, di manifestazioni di dissenso che mettono in luce la crescente insoddisfazione nei confronti dell’operato delle istituzioni.

Provando a semplificare la complessità degli effetti legati alla pandemia, ci troviamo di fronte a 5 “perdite”:

  • Apprendimento. A causa del lockdown, milioni di studenti non hanno avuto modo di fruire di un’educazione di qualità. Alcune prime evidenze, dimostrano come nella scuola a distanza si siano acuite le differenze di apprendimento, aumentando i gap esistenti a sfavore degli studenti che provengono da contesti più fragili. Quale sarà l’impatto sul lungo periodo della perdita di apprendimento?

  • Lavoro. Gli effetti dei lockdown hanno interessato in maniera difforme il mondo del lavoro. In particolare, i lavoratori dei settori informali hanno subito le maggiori conseguenze, privi di misure compensative. Sul lungo periodo, gli effetti determineranno un aumento consistente della povertà. Come potremo fronteggiare l’aumento della povertà con politiche pubbliche sempre meno efficaci?

  • Benessere.La pandemia ha modificato comportamenti, ridotto gli spazi della socialità, invaso il tempo libero a causa dello smart working, aggravato le condizioni di disagio e di violenza. Quanto tempo sarà necessario per lenire queste ferite fisiche e psichiche?

  • Vite.La pandemia ha colpito gli anziani fragili, soggetti con deficit immunitari o colpiti da malattie degenerative. Come possiamo proteggere la parte più fragile della società affinché non sia esposta ai rischi della pandemia?

  • Futuro.Le società esposte all’incertezza perdono la capacità di pensare al futuro. Come possiamo restituire la capacità “immaginifica”?

Si tratta di domande alle quali non possiamo esimerci dal rispondere, provando, come suggerito da Roy, a cercare altrove. Nell’attraversamento tra la nuova e la vecchia realtà, dobbiamo, in primo luogo, interrogare le nostre certezze e farlo con estrema franchezza, utilizzando il più affilato rasoio di Occam. Senza un nuovo paradigma che metta al centro l’empatia, l’intraprendenza, la collaborazione, una diversa concezione di leadership, vi è il rischio di trascinare stancamente la vecchia normalità, rabberciandola nella speranza che possa nuovamente funzionare. Per farlo, è necessario ingaggiare tutti coloro che sono già al lavoro per il cambiamento, cittadini, scuole, organizzazioni, imprese, centri di ricerca, istituzioni pubbliche e media, affinché questi sforzi, spesso isolati, possano ritrovarsi e affermare una visione radicalmente diversa di società. In primo luogo, occorre superare la logica di progetto, di un intervento isolato, temporalmente e territorialmente situato, e per quanto possa risultare innovativo, non potrà mai fronteggiare le sfide che si stanno presentando e necessitano di cambiamento sistemico, ovvero di qualcosa in grado produrre una rottura profonda rispetto a ciò che c’era prima.


Ashoka, da oltre 40 anni, è impegnata in questa missione, selezionando imprenditori sociali, supportando organizzazioni e comunità affinché possano diventare changemaker, rafforzando il ruolo delle giovani generazioni come attori di cambiamento. Dal 17 al 19 novembre in occasione dell’Ashoka Changemaker Summit, riuniremo online la nostra comunità per riflettere su come poter contribuire al cambiamento sistemico e attraversare insieme quella porta verso un mondo che vogliamo sia profondamente differente.


*Federico Mento, direttore di Ashoka Italia


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