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Solidarietà & Volontariato

Laboratorio Padova: dai volontari anti-Covid a una riserva di comunità per la città

Parte questa sera una serie di incontri promossi dal Csv locale per confrontarsi con 60 realtà sociali. Obiettivo: raccogliere i bisogni e sulla base di questi riconvocare e formare i 1.800 volontari che durante la prima fase del lockdown sono scesi in campo per la loro comunità. Così la Capitale del Volontariato 2020 si doterà di volontari di comunità formati e pronti a supportare le organizzazioni in caso di necessità (non nper forza legate al virus). Un modellino da conoscere e studiare

di Redazione

Incomincia questa sera con l’incontro con la Consulta e le organizzazioni del centro città il round di sei momenti di confronto con le realtà sociali dei sei quartieri di Padova. A promuoverli nell’ambito della seconda fase del progetto “Per Padova noi ci siamo”, ribattezzato “Per Padova noi ci siamo ancora”, il Csv della città capitale europea del volontariato 2020 (l’anno prossimo il testimone passerà a Berlino). Obiettivo degli incontri, come spiega il direttore del Centro Servizi al Volontariato del capoluogo veneto Niccolò Gennaro: «Raccogliere i bisogni delle nostre comunità, e sulla base di quelli formare i “nostri” volontari di comunità, in modo che una volta acquisite le necessarie competenze, siano “a disposizione” della città e delle organizzazioni in caso di necessità, siano esse legate alla pandemia o meno».

Un meccanismo che consentirà di valorizzare e non disperdere il patrimonio di civismo ereditato dal promo lockdown, quando il Csv in collaborazione col Comune la diocesi fu in grado di calamitare e gestire 1.800 volontari l’80% con meno di 45 anni (il 70% di non aveva mai fatto attività di solidarietà), attraverso un’unica regia centralizzata in grado di mappare i bisogni e costruire risposte adeguate. Risultato? Una macchina di prossimità che in poco più di 5 mesi ha distribuito 8mila mascherine a oltre 3.500 anziani over 74 soli, 11.300 mascherine a più di 100 associazioni e comunità di accoglienza, ha raggiunto 2.150 famiglie con la consegna a domicilio di spese e farmaci e ha attivato la "spesa sospesa" in 69 punti vendita o grazie alla raccolta delle eccedenze alimentari recuperate al mercato agro -alimentare, solo per citare alcuni numeri.

Un’esperienza unica in Italia. Emanuele Alecci, presidente del Csv di Padova: «Abbiamo sperato che questo 2020 potesse chiudersi raccogliendo i frutti e gli insegnamenti di questi mesi complicati per una ri-programmazione serena delle prossime attività. Purtroppo invece siamo ancora, di nuovo, in emergenza sanitaria e sociale. Era quindi importante che tutti noi, da subito, rinnovassimo la nostra disponibilità dichiarando che “Per Padova noi ci siamo, ancora”. Questa volta avremo un ruolo diverso: ci occuperemo del coordinamento e supervisione per permettere alle organizzazioni territoriali di operare al meglio e sarà ancora una volta un progetto pilota in Italia perché le risposte verranno dal basso». Un progetto pilota che può fare da modello in Italia. «Il desiderio, con questo modello organizzativo, è di riuscire a intercettare le tante e diverse nuove forme di povertà, che non sono solo economiche ma soprattutto relazionali. Inoltre come istituzioni desideriamo non sostituirci, ma valorizzare, sviluppare e coordinare il grande potenziale di associazioni, parrocchie e singoli cittadini già presenti e attivi nei nostri territori», gli fa eco il direttore della Caritas diocesana, don Luca Facco. «Nei primi mesi dell’anno abbiamo messo in campo un progetto forte, che non si è mai fermato e ha insegnato molto alla città», aggiunge l’assessore al Sociale Marta Nalin.

Ad oggi le associazioni che hanno confermato la disponibilità a questa primo momento di confronto sono 60. Tre i focus: spese e farmaci a domicilio;
attività per i minori, in particolare per le famiglie più fragili; proposte per le persone più anziane, in particolare quelle sole.

Dopo di che saranno riconvocati i 1.800 volontari di comunità. Vedremo nelle prossime settimane quanti di loro confermeranno la disponibilità e quanti eventualmente se ne aggiungeranno. Certo è che proprio in coda all’anno in cui è stata Capitale europea del Volontariato occorre accendere di nuovo un faro su quello che succede nel laboratorio padovano. Padova può essere un modello da esportazione.


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