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Infrastrutture sociali, l’ora del rilancio

A UrbanPromo in primo piano l'housing sociale e la nascita di un Comitato che riunisce i soggetti più rappresentativi del settore. Opportunità per operare in partenariato pubblico / privato di fronte a un'Europa che mette sul piatto finanziamenti che non si possono perdere, soprattutto davanti al disagio abitativo che la crisi Covid rischia di accentuare.

di Antonietta Nembri

Le infrastrutture sociali quali, sanità, scuola e casa sono importanti e mai come in questo periodo ci si è resi conto del loro valore. È partito da questo riconoscimento Edoardo Reviglio, responsabile Progetti europei ed internazionali di Cdp, nell’illustrare il Rapporto sulle infrastrutture sociali in Italia promosso dalla Fondazione Astrid e dalla Fondazione Collegio Carlo Alberto della Compagnia di San Paolo che ha aperto il convegno inaugurale della XVII edizione di UrbanPromo (per riascoltarlo YouTube). La ricaduta nazionale del rapporto che propone un piano per i prossimi 15 anni con un investimento di circa 150 miliardi, riguarda la sanità, le scuole e l’edilizia residenziale sociale.
Quattro gli obiettivi indicati da Reviglio: la riqualificazione di 800mila alloggi (22 i miliardi di costo stimati in 15 anni); la rigenerazione urbana e il social housing per 200mila alloggi (la stima è di 2 miliardi anno di spesa); 100mila alloggi a canone calmierato e, infine, la riqualificazione del patrimonio esistente nei centri urbani. Ma come finanziare il piano? Reviglio ha ricordato come in un contesto come l’attuale nel quale si è assistito al «crollo degli investimenti locali dovuto ai tagli» non ci si può basare su capitali pubblici nazionali. Servono nuovi strumenti di investimento di lungo periodo e attivare strumenti finanziari nuovi in un’ottica di blending oltre che lavorare «sul collo di bottiglia della burocrazia attraverso la semplificazione». Ha poi concluso il suo intervento ricordando come in questo periodo si prospettino anche diversi fondi europei.

Da parte sua Elena Molignoni, responsabile BU Immobiliare e Strategie Urbane, di Nomisma nell’illustrare la dimensione del disagio abitativo pre e post Covid-19, esito di uno studio realizzato per Federcasa, partendo dal dato del 2019 che vedeva l’11,1% della popolazione in disagio, contro il 5,6 della media europea ha osservato come la pandemia ha esacerbato una situazione già difficile a fronte di «un ruolo marginale della casa nel welfare italiano». Le ha fatto eco Lorenzo Bellicini del Cresme (Centro ricerche economiche e sociali del mercato dell'edilizia) che parlando della casa nella crisi: quale domanda, quale offerta, quale politica non solo ha ricordato che quella in corso «è la terza crisi in poco tempo» e con in più il problema di «un Paese che non sa crescere, che si è impoverito». Ma anche una nazione in calo demografico e tuttavia con forti diversità tra un territorio e un altro «Milano nel 2019 è cresciuta di 29mila abitanti, mentre Torino ne ha persi 12mila», c’è competizione tra territori e tra città e città. «Non si può utilizzare un’unica politica abitativa occorre dotarci di strumenti nuovi», ha osservato Bellicini nel sottolineare come sia anche difficile non solo avere un’esatta misura della domanda abitativa, ma anche del tipo di offerta. Servono quindi nuovi modelli di intervento in grado anche di intercettare la cosiddetta area grigia. «Il problema è saper investire in un partenariato pubblico /privato che potrebbe essere la chiave di una nuova stagione per il mondo della casa».

La nascita del Comitato Nazionale per l’Housing Sociale, che aggrega i soggetti più rappresentativi del settore si gioca in questo campo con l’obiettivo di progettualità comune e condivisa per lo sviluppo di iniziative partenariali pubblico / privato. «Il Comitato rafforza la possibilità di realizzazione dei progetti e anche facilita l’accesso alle ricorse europee», ha sottolineato Giordana Ferri presidente del Comitato che ha annunciato tra i primi passi la realizzazione di uno, due progetti pilota che «sperimenteranno il partenariato pubblico/privato da un punto di vista dei contenuti».

Daria Ciriaci, Responsabile Affari Europei, Cdp, ha voluto ricordare come l’attuale contesto europeo potrebbe oggi vedere la possibilità di utilizzare gli strumenti economici messi in campo dalla Commissione europea nel campo del social and affordable housing, lavorando sulla sinergia tra sostenibilità sociale e ambientale anche se resta il problema di capire quando i fondi saranno effettivamente disponibili. Dopo gli interventi di Michael Faith della Commissione europea e Angela Mancinelli, responsabile dell’Unità infrastrutture e settore pubblico Bei, si è aperta la tavola rotonda cui hanno partecipato Francesco Profumo, presidente Fondazione Compagnia di San Paolo; Francesco Abba Legnazzi, presidente FHS Carlo Cerami, presidente Redo Spa Sgr; Marco Sangiorgio, direttore Cdp; Cristina Giovando, presidente Fondazione Sviluppo e Crescita Crt; Rossana Zaccaria, presidente Legacoop Abitanti; Luca Talluri, presidente Federcasa.

Per Profumo di fronte a un’Europa che ha dimostrato di essere in grado di disegnare il proprio futuro l’Italia è «partita molto male, di fronte alla richiesta di progetti ne sono arrivati 600: serve qualcosa di diverso, non un insieme di progetti ma il recupero di una filiera. Il rischio è perdere la nostra ultima occasione. Siamo un grande Paese ma incapace di operare con progetti integrati. Il tema oggi è quello di lavorare su infrastrutture sociali di nuova generazione in sanità, edilizia scolastica e housing sociale». Sulla stessa lunghezza d’onda anche Abba Legnazzi che ha evocato la necessità di «grossi progetti condivisi e coordinati e qui il Comitato nazionale per l’Housing sociale è il passo fondamentale per creare quella massa critica che ci permetterà di avere visibilità e un ruolo», il presidente della fondazione Housing sociale ha ricordato come ci siano spesso progetti «molto interessanti ma troppo piccoli».
Per Cerami siamo davanti a una nuova stagione in cui la «rigenerazione urbana deve essere sociale», mentre Giovanda di fronte all’Europa che chiede progettualità «occorre imparare a lavorare in sinergia» e mettendo le persone al centro dell’azione operare a 360 grazie. Ha auspicato un lavoro di adovocacy per il neonato Comitato Zaccaria che ha ricordato come di fronte a Investing Ue si stiano aprendo delle finestre per le quali serve un salto di paradigma. Infine Talluri ha rivendicato la necessità di rigenerare il servizio pubblico «da 120 anni nelle case popolari noi abbiamo praticato la mixité, ma siamo consapevoli che oggi occorre fare dei ragionamenti sulle infrastrutture» e sul fronte dei finanziamenti, in particolar europei occorre lavorare con i partenariati pubblico / privato. «Siamo convinti che serva una rigenerazione fatta dal pubblico e soprattutto in un sistema come la casa la sussidiarietà è accessoria. Non si devono smantellare i servizi pubblici come casa, scuola e sanità fatti dal pubblico», ha concluso.


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