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Economia & Impresa sociale 

Scoppia la crisi. Microcredito dove sei?

Boom di crediti su pegno e di reati legati all’usura. In pochi però ricorrono a microprestiti senza garanzia. Perché? Ecco qualche risposta

di Francesco Dente

Bussano ai compo-oro. Bazzicano i banchi dei pegni. Ma non hanno mai messo piede in un’agenzia di microcredito. Sono i cosiddetti “soggetti non bancabili”, le persone a cui le banche non fanno credito perché non possono dare nulla in garanzia. La maggior parte non sa nemmeno cosa sia il prestito sociale. Così finisce che se hanno dei gioielli nel cassetto li vendono o li impegnano. Altrimenti si aggrappano all’unica mano che si allunga, quella dei cravattari. È il paradosso dell’esclusione finanziaria ai tempi del Covid. Da un lato gli aiuti interessati degli strozzini e le file davanti ai monti di pietà, dall’altro gli intermediari delle agenzie di microcredito costretti quasi a inseguire i clienti per spiegare cosa fanno. E, cioè, in sintesi, prestiti alle famiglie fino a 15mila euro per provvedere alle necessità finanziarie della casa, della salute e dell’istruzione e prestiti alle imprese – una volta apporvato il decreto del Mef- fino a 40mila dopo il decreto “Cura Italia” (prima il tetto era a 25mila euro) per dar vita a un’attività economica. Senza che i beneficiari debbano lasciare in cambio alcuna garanzia reale. Neanche le fedi benedette del matrimonio, come si fa al banco dei pegni. L’ultimo appiglio insomma a cui aggrapparsi prima di scivolare nel baratro dell’usura. La normativa in più prevede che chi eroga microcredito fornisca anche i servizi ausiliari, ad esempio il tutoraggio nella stesura del business plan e nell’avvio dell’impresa. Che accompagni insomma chi ottiene il prestito sociale per evitare il naufragio.

La mafia si sfrega le mani
Peccato che al momento i non bancabili sembrino varcare più altre soglie. Affide, società attiva nel settore del credito su pegno (38 filiali), ha visto crescere la clientela del 30% fino a maggio e del 20% nei mesi successivi. PerMicro, una tra le più importanti società di microcredito (19 filiali), stima invece un incremento del 10% delle richieste di finanziamenti da parte delle imprese e del 30% delle famiglie. FidiPersona, società con base ad Ancona, segna un 10% in più solo nella clientela imprese. Nel frattempo le mafie si sfregano le mani. I reati legati all’usura (un crimine difficile da fotografare) sono gli unici cresciuti, insieme a quelli informatici, negli ultimi mesi a fronte di un calo generalizzato. Secondo il terzo report dell’organismo di monitoraggio del Viminale fra gennaio e giugno sono saliti del 6,5% rispetto allo stesso periodo del 2019. Crescita complessiva più contenuta se si guardano solo i mesi da marzo a luglio (accertati 67 casi contro 75) ma con un balzo di +45,45% nel Lazio e di +21,43% in Campania.
«Il Covid ha esasperato situazioni già compromesse. Registriamo un contesto di drammatico impoverimento sul quale la criminalità si può inserire facilmente», fa notare Luciano Gualzetti neo presidente della Consulta nazionale antiusura “Giovanni Paolo II” e direttore di Caritas Ambrosiana. La Consulta tuttavia non ha ancora dati: l’istruttoria delle pratiche con cui le fondazioni concedono prestiti ai soggetti sovraindebitati in base all’articolo 15 della legge 108/96 è piuttosto lunga. Servirà aspettare almeno Natale.

Come rilanciare
Come far mettere radici al microcredito? «Bisogna potenziare la rete territoriale. Il contributo del Terzo settore può essere prezioso. Soggetti ramificati sul territorio come ad esempio Acli, Arci, patronati potrebbero compiere una prima valutazione: capire se a una persona serve più un sussidio o il microcredito e in tal caso affiancarla nella formulazione della domanda di finanziamento», suggerisce Giampietro Pizzo, presidente della Rete italiana di microfinanza (Ritmi). Basti pensare che gli operatori di microcredito in senso stretto, quelli registrati presso l’albo di Bankitalia, sono solo 12 in Italia. Il prestito sociale tuttavia può essere erogato anche dalle banche e da altri intermediari finanziari purché forniscano i servizi ausiliari di accompagnamento. Giorgio Giancamilli, direttore generale di FidiPersona, propone di «estendere la tutela del Fondo centrale di garanzia, al momento prevista solo per i finanziamenti alle imprese, anche ai crediti concessi alle famiglie». Pizzo invita poi a puntare sul web. «Creiamo piattaforme ad hoc. In Olanda fanno assistenza online ai clienti già da cinque anni», fa notare. Un segnale positivo in tal senso viene da Banca Etica e da PerMicro che a metà ottobre hanno stretto un accordo quadro con Caritas italiana per promuovere l’educazione finanziaria e il ricorso a questo strumento di inclusione. Qualcosa comincia a muoversi.

Foto: Ag. Sintesi


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