Economia & Impresa sociale 

L’economia per i giovani riparte dalla prossimità

Dialogo con cinque fra i 500 ragazzi italiani che hanno partecipato a The Economy of Francesco. L'esigenza di essere legati ai territori, per avere un impatto concreto: «vogliamo sporcarci le mani» secondo le linee indicate dal Papa, «l’incontro personale con il povero e consapevolezza del locale», perché «questo sta già facendo la differenza»

di Sara De Carli

«Il nostro tempo è troppo difficile per non chiedere l’impossibile. Abbiamo fiducia in voi e per questo vi chiediamo molto. Ma se chiedessimo di meno, non chiederemmo abbastanza. Tutto ciò lo chiediamo prima di tutto a noi stessi e ci impegniamo a vivere gli anni migliori delle nostre energie e intelligenze perché l’economia di Francesco sia sempre più sale e lievito dell’economia di tutti»: così si chiude il final statement & common commitment di The Economy of Francesco, che settimana scorsa ha riunito virtualmente ad assisi 2mila giovani da 115 Paesi del mondo.

Un programma in 12 punti radicale e ambizioso, nella consapevolezza forte che «chiedere meno» dell’impossibile significa «non chiedere abbastanza», sferzati da quell’invito del Papa a sporcarsi le mani là dove si fa il presente e il futuro: «voi non potete restare fuori da dove si genera il presente e il futuro. O siete coinvolti o la storia vi passerà sopra». È questo il punto di partenza di una chiacchierata con cinque fra i 500 giovani italiani che hanno partecipato all’evento.

Si tratta di Annalisa Spalazzi, 31 anni, di origine marchigiane e casa a Bologna, che si occupa di progetti di innovazione sui cambiamaenti climatici per programmi europei; Diletta Pasqualotto, 29 anni, vive in provincia di Padova, si occupa dell’area commerciale con l’estero di un’azienda che produce scavatori; Marilù D’Angelo, da Maddaloni, 31 anni, è progettista sociale per due ETS del territorio; Gabriele Spacchiola, romano, 28 anni, ha fondato un’associazione che realizza progetti di sviluppo in Africa e una startup che si occupa di nidi e infanzia; Andrea Tamburrini, 25 anni, tarantino che studia ingegneria per l’ambiente e il territorio a Bologna, che vuole occuparsi di bonifiche ed economia circolare.

Gioia. È questa la prima parola che la conversazione mette a fuoco. «La gioia che avevamo tutti negli occhi nel renderci conto di quanto fosse un evento concreto e non l’osanna di una economia migliore», dice Diletta. Anche i giovani che nell’anno di preparazione avevano partecipato meno ai “Villaggi” e che sono arrivati alla tre giorni un po’ più spaesati, «hanno iniziato a dare il meglio, a fare proposte, e anche adesso ogni giorno nel gruppo nascono nuove idee su come portare avanti le proposte, come fare comunicazione, come lanciare il messaggio nelle parrocchie, nelle comunità, nelle imprese dei nostri territori, sia for profit e sia non profit». Diletta la definisce «una bella ondata di illuminazione e presa di coscienza». E quello che «ha cambiato i cuori e le menti di tutti è stato il messaggio di Papa Francesco, che è stato come una spada di fuoco che ha tagliato l’atmosfera: ci ha fatto indossare un’armatura, siamo pronti a fare la nostra parte».

Il dialogo con l’impresa. Marilù ha sentito, da progettista sociale, ha sentito molto la sollecitazione del Papa a «non restare chiusi nei contenitori», fossero anche quelli del sociale o della filantropia. «Dobbiamo essere facilitatori, costruire reti, avvicinare mondi apparentemente lontani». La sfida è questa e Gabriele la sintetizza così: «Dobbiamo essere collante tra mondo profit e l’economia dei poveri, che ha una economia di comunione più spinta, nell’ottica del co-sviluppo. Dobbiamo andare a impattare sull’impresa, con l’obiettivo che un giorno lontano ci sarà solo un’impresa solidale che vede il suo profitto nel bene della comunità. Il cambio paradigma è questo secondo me». E Diletta racconta di un territorio, quello del Veneto, che «dopo un momento iniziale di titubanza, dopo aver spiegato agli imprenditori che Economy of Francesco non è l’anti for profit, hanno lodato questo percorso, perché hanno capito che siamo a un punto della storia e dell’economia in cui c’è da fermarsi e cambiare».

Infine prossimità. «È un bisogno avvertito da tutti, in maniera fortissima. Quest’anno tutti l’hanno riscoperta, ma noi fin da subito, essendo i partecipanti italiani 500, abbiamo sentito l’esigenza di fare piccoli gruppi… legati ai territori, per avere un impatto concreto. Senza trascurare però l’avere una linea nazionale comune e un progetto comune», spiega Annalisa. Il dopo Economy of Francesco parte così, all'insegna della prossimità: «da qui a un anno ci immaginiamo con una linea nazionale, un modo comune di agire, che non cancella la dimensione territoriale ma che si arricchisce del conoscere uno cosa fa l'altro. Vogliamo anche avere un progetto comune concreto». Andrea porta l’esempio del gruppo dell’Emilia Romagna, una quarantina di giovani che da mesi si incontrano online una volta al mese, con l’obiettivo di «fare la differenza»: «vogliamo sporcarci le mani anche noi», secondo le linee indicate dal Papa, «l’incontro personale con il povero e consapevolezza del locale», perché «questo sta già facendo la differenza, l’abbiamo sentito in tante testimonianze di altri giovani da tutto il mondo».


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