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La democrazia del caso: sorteggio sì, sorteggio no?

Le elezioni sono un concetto superato? Possono i sorteggi liberare i cittadini da una responsabilità civica e morale, risolvendo al contempo la crisi e il declino delle istituzioni? Può il sorteggio limitare pericolose ingerenze politiche e meccanismi clientelari di dubbia moralità? A questi e altri quesiti provano a rispondere nel loro saggio, Nadia Urbinati e Luciano Vandelli

di Fabio Turroni

Parliamo di sorteggio. O, meglio, di Democrazia del sorteggio (Einaudi), 2020), un libro di Nadia Urbinati, docente di Teoria politica alla Columbia University di New York, e Luciano Vandelli, docente universitario di Diritto degli enti locali, scomparso tre settimane dopo la stesura del testo, alla cui memoria il libro è dedicat).

Il titolo di questa recensione, che vuole essere anche una piccola riflessione, prende spunto da “La Terra dei Cachi” di Elio e Le Storie Tese: una canzone dal testo quanto mai irriverente e al contempo profetico, che riassume il popolo italiano esaltandone il “cuore grande così”, ma soprattutto i “problemi irrisolti”.

Un problema enorme è appunto la crisi delle istituzioni, nonché la quasi totale disaffezione verso i meccanismi democratici. L’ultimo decennio in particolare, ha portato ad una perdita di fiducia verso professionisti ed esperti della politica, accusati da più parti di essere la causa del malfunzionamento delle istituzioni: un terreno minato, reso fertile per l’avanzare di quel Movimento 5 Stelle, dapprima critico e antipartitico, ma che in seguito è divenuto parte dell’establishment e, di fatto, partito politico consacrato da un’elezione che lo ha visto emergere come baluardo maggioritario di una nuova politica. Una nuova concezione della politica basata su un’identità plebiscitaria di rete, che attraverso la piattaforma informatica Rousseau ha portato gli iscritti a influire sulle dinamiche decisionali del Movimento.

Se non c’è merito, se non c’è assunzione di responsabilità, se è un’estrazione a decidere, perché prendersi la briga di riflettere, esaminare fatti o cercare di punire i colpevoli? Resterà solo la sorte da maledire

Già nel 2014 il Movimento propose la meccanica del sorteggio per gli scrutatori elettorali con l’intento di prevenire la corruzione e il monopolio dei partiti. Successivamente, nel Luglio del 2018, Beppe Grillo (garante politico e guru del Movimento 5 Stelle) arriverà a dire che “la Democrazia è superata”, lanciando la proposta di scegliere casualmente una delle due camere del Parlamento, con un sorteggio basato su criteri che rappresentino la nazione. Era estate, molti hanno bollato l’esternazione come provocazione dovuta all’eccessiva calura. Non tutti però. A cominciare dai due autori di questo saggio che hanno colto l’occasione per sviscerare pregi e difetti del sorteggio, accompagnando i lettori verso una conclusione che lascerà più quesiti che risposte.

Ciò non è di per sé un male, bensì un modo per riflettere e riaccendere la passione politica dei cittadini, a partire da forme nuove di rappresentanza. Il testo, suddiviso in due parti, offre una disamina di cos’è il sorteggio e di come ha trovato una propria collocazione storico-letteraria a partire dalla democrazia Ateniese fino ai giorni nostri.

Giorni in cui si consuma l’episodio eclatante ed emblematico più volte citato nel testo, ovvero, l’assegnazione della sede dell’Agenzia Europea del Farmaco: in una gara quasi calcistica, con turni ad eliminazione diretta, la finalissima ha visto trionfare Amsterdam su Milano proprio grazie ad un sorteggio. Pensare che una cosa importante possa essere affidata al lancio di una moneta o all’estrazione di un biglietto può certamente far sorridere o storcere il naso, fosse anche una partita di calcio, come la semifinale dei Campionati Europei del 1968 (poi vinti proprio dall’Italia), quando la nazionale azzurra approdò in finale proprio grazie al lancio della monetina. Tuttavia, perdere un’importante assegnazione economica o decidere il destino politico-amministrativo di una nazione è tutt’altro paio di maniche.

Proprio la seconda parte del saggio va a presentare il progressivo sgretolarsi di forme tradizionali di partecipazione politica in favore di nuove formule affidate al sorteggio o quanto meno a criteri casuali. La fortuna è dunque l’ago della bilancia, ma allo stesso tempo può diventare sfortuna per gli esiti imprevedibili della lotteria e sfortuna per il sorteggiato stesso, soprattutto se costui non ha abilità o competenze atte allo svolgimento del compito. Perché allora ricorrere al sorteggio? Perché sperare in una fortuna che può essere arma a doppio taglio?

Campeggia sulla copertina del libro, un altro quesito: può il caso restituire spessore alla responsabilità politica? Certamente non è di fortuna che i due autori vogliono dibattere, bensì della perdita progressiva di responsabilità da parte della classe politica. L’excursus sulle diverse possibilità offerte dal sorteggio evidenzia anche aspetti positivi su cui riflettere e potenziali applicazioni che possono essere attuate nelle gare d’appalto o nella scelta di giurie e comitati revisori. Ma senz’altro, il fulcro del discorso è affidato proprio al recupero di una discrezionalità decisionale che non sia di per sé partigiana e schierata, ma che riporti l’assunzione del ruolo al centro della vita politica.

Il potere, fosse anche acquisito tramite sorteggio, trasforma persino i contestatori più accaniti e chi lo conquista deve fare i conti con la responsabilità che esso comporta.

Uno dei principi cardine su cui si basa il Movimento 5 Stelle, quel “uno vale uno”, secondo cui chiunque può svolgere qualsiasi incarico, contrasta inequivocabilmente con una realtà in cui “qualcuno vale più degli altri”, una realtà complessa in cui nessuno deve poter sfuggire alle pericolose conseguenze di una scelta sbagliata.

Se non c’è merito, se non c’è assunzione di responsabilità, se è un’estrazione a decidere, perché prendersi la briga di riflettere, esaminare fatti o cercare di punire i colpevoli? Resterà solo la sorte da maledire.


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