Welfare & Lavoro

La grande sfida: un agritech in equilibrio tra locale e globale

La pandemia ha evidenziato in modo ancora più forte le contraddizioni del sistema globale dell’agrifood. Per questo sembra necessario creare nuovi equilibri tra i sistemi agroalimentari locali e quello globale, favorendo anche una maggiore diffusione delle tecnologie

di Annalisa Gramigna

Il cibo è ciò che serve all’uomo per rispondere a uno dei suoi bisogni primari ed è uno dei simboli della grande complessità del nostro eco-sistema planetario: ambiente, società ed economia, in tutti i loro grovigli, hanno a che fare con il cibo. Lo spiega bene Maurizio Martina nel suo ultimo
libro, “Cibo sovrano, le guerre alimentari globali al tempo del virus”, dove fa emergere come nei primi cinque mesi del 2020 il mondo ha toccato con mano l’inadeguatezza di due visioni opposte, quella dei “globalisti” e quella dei “sovranisti”, di chi pensa al cibo come una commodity nel sistema globale e, dall’altra parte, a chi invece pensa che occorre tutelare le specificità locali chiudendosi sempre di più nei confini della propria nazione.

A partire da questo libro, lunedì 7 dicembre, nella cornice del Polo Tecnologico di San Giovanni a Teduccio presso l’Università Federico II, è stato aperto un confronto che ha riportato l’attenzione su diversi punti di vista: quello di una Regione (snodo tra la dimensione territoriale, quella nazionale e quella europea), quello dell’Università (come attore-chiave per lo sviluppo dei saperi e per il progresso delle scienze), quello dei territori e delle aree interne (protagoniste in questi mesi come luoghi più salubri e dove si possa vivere meglio) e quello dei processi di innovazione innovazione tecnologica per le PMI a vantaggio degli ecosistemi locali. Insieme a Maurizio Martina sono intervenuti il Magnifico
Rettore dell’Università Federico II Matteo Lorito, l’Assessore all’agricoltura della Regione Campania Nicola Caputo, la coordinatrice del Progetto di Anci/Ifel SIBaTer per il supporto dei comuni al recupero e alla valorizzazione delle terre abbandonate e il Prof. Alex Giordano, docente di marketing e trasformazione digitale all’Università Federico II e coordinatore di vari progetti di ricerca-azione (tra cui anche Ruralhack, citato come
esempio di innovazione non urbana nel libro di Martina).

L’incontro è stato aperto dal Ministro per il Sud e per la Coesione Territoriale Giuseppe Provenzano che non si è limitato a fare un saluto ma ha evidenziato la complessità, che ben emerge dal libro di Martina, data dal fatto che la catena lunga del cibo è condizionata da sistemi di poteri forti di poteri concentrati in poche mani, produce gravi disuguaglianze ed è insieme una grande occasione di rilancio per i territori delle aree interne italiane anche grazie al potenziale che ha l’innovazione tecnologica in questo settore. I temi discussi nel corso dell’evento, sono stati due: il rapporto tra la dimensione locale e quella globale e i processi di innovazione tecnologica che stanno investendo anche l’agroalimentare.

L’onorevole Martina è stato chiamato a riflettere su come la pandemia abbia stravolto intere catene di approvvigionamento comprese quelle del cibo, proprio perché i luoghi della produzione e quelli del consumo sono sempre più distanti tra loro e ha ricordato che c’è una frontiera di grande interesse da coltivare cioè l’economia generativa dei territori e delle comunità locali. Servono, ha detto Martina, nuovi modelli che ripensino gli equilibri tra locale e globale. Questa è stata l’occasione per enfatizzare la necessità di cambiamento di questi territori, grazie all’applicazione con un’attenzione particolare ai processi di innovazione sociale. Ha aggiunto poi che le tecnologie possono portare valore alle piccole impresa agricole: “più conoscenza per ettaro” può essere una delle chiave dello sviluppo economico anche nelle aree più critiche del nostro paese. Inoltre Martina ha enfatizzato il ruolo chiave della tecnologia non solo per la produzione ma anche per la distribuzione del cibo che potrebbe essere un’occasione d’oro per rimettere in connessione città e campagna. E proprio su questo l’Italia deve fare scuola, ha sostenuto Martina.

L’Assessore Caputo, in carica da poco più di un mese, ha sostenuto che l’agroalimentare campano, simbolo di eccellenza italiana e del Made in Italy in tutto il mondo, ha in sé tutte le componenti per diventare il perno di un approccio all’economia generativa nelle politiche di sviluppo rurale e di sostegno al rilancio della competitività, perché da sempre mette l’uomo al centro e, da sempre, dice al mondo non solo del mangiare bene ma anche della centralità di un territorio, del rapporto tra uomo e ambiente, del rapporto tra cibo e cultura, delle sfide della sostenibilità anche in chiave ambientale. Persone, ambiente, salute, … sono i perni della Dieta Mediterranea diventata Patrimonio dell’Unesco dieci anni fa. L’Assessore sta studiando modelli di acceleratori per le imprese agricole che riescano a catalizzare investimenti, soluzioni, finanza per lo sviluppo, unendo le forze del pubblico e del privato.

Il Rettore Matteo Lorito, direttore del Dipartimento di Agraria della Federico II e ideatore del corso di Laurea in Scienze Gastronomiche Mediterranee, ha sottolineato il ruolo rilevante che ha la ricerca per tutto quanto riguarda i processi di innovazione e ha ricordato come il corso da lui ideato, con l’intento di creare figure professionali nuove dotate di un mix di competenze, stia riscuotendo un grande successo, segno dell’interesse dei giovani per questi temi. Inoltre ha ricordato l’importanza della terza terza missione per la co-creazione di soluzioni concrete insieme alle imprese e con gli attori del territorio. L’Università guarda a tecnologie 4.0, agricoltura e territori con una grande attenzione agli impatti, ha detto il Rettore, secondo l’idea di sostenibilità dell’ONU che emerge dai 17 goal definiti per il 2030.

Simona Elmo ha enfatizzato le scelte fatte dai territori resilienti, che sanno mettere a valore tradizione e innovazione adottando anche dispositivi nuovi come, per esempio, le cooperative di comunità che raccolgono imprese, associazioni e anche istituzioni all’interno di un insieme di attività che consentono anche ai più giovani di rimanere (o ritornare) nei loro piccoli borghi e nelle piccole città, svolgendo attività che restituiscono una parte del valore prodotto a tutta la comunità. In questi contesti, ha detto la Elmo, le tecnologie servono tutte e sono di sicuro da diffondere per creare occasioni che, in molti contesti, le persone sembrano disposte e capaci di valorizzare.

Alex Giordano, facendo riferimento all’esperienza fatta con le Camere di Commercio di Salerno e di Caserta per la creazione di un PID (un Punto Impresa Digitale, previsto dal Piano Impresa 4.0 per favorire la transizione digitale delle PMI) ha raccontato del lavoro svolto con i piccoli agricoltori campani. Ha sottolineando l’importanza di co-ideare processi di cambiamento anche attraverso la collaborazione di attori che portino più competenze affinché si possano personalizzare le soluzioni tecnologiche, favorendo una progettualità che possa andare anche a vantaggio dei territori com’è successo, per esempio, con il Consorzio Cilento di Qualità che lo scorso anno ha avuto un riconoscimento nazionale per un progetto di intelligenza artificiale e uso dei big data che mette insieme le informazioni raccolte da tutte le imprese del Consorzio per ripensare e ampliare le strategie per il turismo locale. Inoltre, stimolato a offrire qualche idea sul futuro Polo Agritech di Napoli, annunciato dal Presidente Conte qualche giorno fa, ha detto che questo nuovo soggetto potrà essere, a tutti gli effetti, un hub legando -in una strategia anche un po’ visionaria- la dimensione globale e quella locale, a partire da ciò che il territorio campano esprime (in primis i valori della Dieta Mediterranea e grandi produzioni di qualità) e aprendosi all’interlocuzione e alla conoscenza del meglio che si muove a livello internazionale in una
logica di economia generativa.

L’incontro ha consentito di mettere in risalto, seppure per accenni, la grande opportunità che il sistema del cibo ha per il nostro Paese, proprio a (ri)partire dalle realtà locali; dal ripensamento tra la dimensione rurale e quella urbana; dai processi di innovazione tecnologica che sappiano valorizzare sempre l’innovazione anche sociale; dalla combinazione tra il portato positivo della tradizione e il portato necessario dell’innovazione.
Come ci ricorda Maurizio Martina, il cibo è un crocevia dei grandi cambiamenti della società e del mondo. E’ una delle grandi sfide del contemporaneo.

*Annalisa Gramigna, Referente di progetto IFEL Fondazione ANCI Istituto per la Finanza e l'Economia locale


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