Sostenibilità sociale e ambientale

L’accordo fra Governo e ArcelorMittal per Peacelink “brucia ricchezza senza creare occupazione”

Non va infatti dimenticato che nel 2013 l'ILVA passò allo Stato e due anni dopo - nel gennaio 2015 - i conti erano già in rosso per 2,9 miliardi di euro. Si arrivò al tribunale fallimentare di Milano. Oggi la storia rischia di ripetersi, l'accordo sembra più un tentativo di rimandare di qualche mese la morte di un moribondo che la volontà di dare una prospettiva ai lavoratori e a una città ferita.

di Redazione

L'accordo tra Governo e AcerlorMittal con l'ingresso di Cassa Depositi e Prestiti al 50% è un'operazione che getta i soldi dello Stato in una prospettiva che non è di risanamento e di rilancio ma di puro tamponamento di perdite. Non è un investimento che creerà ricchezza e occupazione ma è un modo per bruciare la ricchezza senza creare occupazione.

Cinquemila lavoratori verranno espulsi e gli altri perderanno il lavoro non appena il mercato globale – in crisi di sovraproduzione e con la Cina che avanza sempre più – farà il suo corso decretando la fine di una fabbrica decotta e fallito da tempo. Vi sono quindi tutte le caratteristiche di un'operazione perdente, basata su un piano industriale privo di concretezza, destinata ad esser vagliata, probabilmente, anche dalla Corte dei Conti, dato che stiamo parlando di soldi pubblici e del loro "buon uso". Non va infatti dimenticato che nel 2013 l'ILVA passò allo Stato e due anni dopo – nel gennaio 2015 – i conti erano già in rosso per 2,9 miliardi di euro. Si arrivò al tribunale fallimentare di Milano.

Oggi la storia rischia di ripetersi, tanto più che il mercato siderurgico presenta difficoltà ancora maggiori rispetto al 2013-2015. E l'Ilva produce la metà, essendo ormai arrivata al livello minimo di produzione mai registrato. L'accordo siglato sembra più un tentativo di rimandare di qualche mese la morte di un moribondo che la volontà di dare una prospettiva ai lavoratori e a una città ferita.

Alessandro Marescotti, presidente di PeaceLink aggiunge, Mettendo a confronto di due comunicati che sono giunti stanotte, il primo dal governo italiano e il secondo da ArcelorMittal, si nota subito la differenza. E la differenza sta in una noticina alla fine del secondo comunicato.

Ecco la noticina:

*Le condizioni sospensive al closing comprendono: la modifica del piano ambientale esistente per tenere conto delle modifiche del nuovo piano industriale; la revoca di tutti i sequestri penali riguardanti lo stabilimento di Taranto; e l’assenza di misure restrittive – nell’ambito dei procedimento penali in cui Ilva è imputata – nei confronti di AM InvestCo.

Cosa è il closing? Il closing è l'effettivo trasferimento dal venditore al compratore della titolarità delle azioni, delle quote o dell'azienda.

Questa noticina sul closing contiene le condizioni dettate da ArcelorMittal a cui è sottoposta la realizzabilità effettiva e conclusiva dell'accordo, ossia dell'acquisto da parte di ArcelorMittal della sua quota dello stabilimento (attualmente è in affitto).

La ricapitalizzazione di cui si parla è pertanto effettiva solo per il governo (che mette 400 milioni) ed è puramente virtuale da parte di ArcelorMittal che, a leggere attentamente entrambi i comunicati, per ora non mette nulla nella ricapitalizzazione. Bisogna solo capire se pagherà gli affitti degli impianti e se quali somme, quelle versate e quelle da versare, possano essere considerate come "ricapitalizzazione". Insomma siamo di fronte a un'operazione in cui, da quello che è dato sapere dai comunicati, è solo lo Stato che si accolla per ora l'onere della ricapitalizzazione con 400 milioni di euro. In nessuna parte dei due comunicati si riesce a trovare un investimento di pari entità da parte di ArcelorMittal. E quindi questa storia della ricapitalizzazione al 50% è un vero mistero della politica, oltre che della matematica.


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