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La lettera di Renzi a Conte, tra i punti di attenzione il Terzo settore

Diciannove punti all'ordine del giorno e quattro allegati, così l'ex premier scrive a Giuseppe Conte preparando l'incontro di domani. «Il Terzo settore un settore cui destinare risorse in modo residuale e assistenzialistico, bensì un modello economico stabile su cui innestare i pilastri della ripartenza nel solco della sostenibilità, della transizione ecologica e sostenibile, e dell’innovazione»

di Matteo Renzi

Ecco alcuni passaggi della lunga letterera di Matteo Renzi a Giuseppe Conte:

Caro Presidente,

Basta con il populismo della comunicazione
in questi giorni il racconto fatto dal Palazzo dice che “quelli di Italia Viva” vogliono le poltrone. È il populismo applicato alla comunicazione. Ma è soprattutto una grande bugia. Noi Ti abbiamo detto in Parlamento che quando un Paese può spendere 209 miliardi di € non si organizzano task force cui dare poteri sostitutivi rispetto al Governo. Non si scambia una sessione del Parlamento con una diretta Facebook. Non si chiede al Consiglio dei Ministri di approvare un documento condiviso all’ultimo momento. Perché questi duecento miliardi di € sono l’ultima chance che abbiamo. Come nota acutamente Mario Draghi: “Il problema è peggiore di quello che appare e le autorità devono agire urgentemente”.

l Next Generation UE come ultima chance
Ti facciamo questi esempi, Presidente, perché te li abbiamo già citati in Parlamento. Ma anche perché ti dimostrano che nel piano che hai inviato alle ministre alle due di notte, senza averlo condiviso, c’è un collage di buone proposte senza un’anima, senza una visione, senza un’idea di come vogliamo essere tra vent’anni. Il Next Generation UE non è un cesto di risorse gratis al quale tutti possiamo attingere a piene mani, con criteri di distribuzione parcellizzati. Le risorse sono vincolate in numerose dimensioni: la destinazione, la tempistica, i risultati, le riforme di sistema che si accompagnano alla spesa. Non è un fondo di 209 miliardi, perché i trasferimenti a fondo perduto sono circa 82 miliardi. Il resto sono prestiti, e quindi equivalgono a risorse a debito. Seppur con due differenze: costeranno meno del nostro debito tradizionale e il rapporto con gli investitori privati è mediato dal bilancio comunitario.

Serve una visione, non riciclare i vecchi progetti
Che senso ha spendere 88 dei 127 miliardi dei prestiti europei solo per finanziare progetti che già esistevano? Abbiamo una visione o abbiamo solo svuotato i cassetti dei ministeri con le vecchie proposte? Pensiamo di non avere idee buone da coltivare oggi? Che fine hanno fatto i documenti di Colao che avevi coinvolto con grande eco mediatica? Hai letto i tanti contenuti ottimi che la società civile ti sta mandando, a cominciare da M&M che riunisce un bel gruppo di professionisti che conoscono lo Stato e che Ti allego per comodità? Ci sono progetti che avrebbero bisogno di prendere tutti e 128 i miliardi dei prestiti. Il Tuo Governo, il Mef, ha deciso di utilizzare solo 40 miliardi per nuovi progetti: sicuro che questo sia la scelta giusta? Noi pensiamo che se ci sono buone idee, questo è il momento per finanziarle. Si fa debito? Certo. Ma l’unico modo di combattere il debito è la crescita, non i sussidi.

La cultura non "fa divertire", la cultura ci ricorda chi siamo
Recuperando i denari del MES, possiamo allocare i nove miliardi originariamente previsti per la sanità su un settore decisivo per il nostro futuro: la cultura e il turismo. Bisogna smetterla con una visione ottocentesca di musei e teatri, come se questi possano essere considerati meri divertissements per annoiati signori: sono la base della nostra identità. E i professionisti che vi lavorano meritano di essere trattati come tali: gli operatori della cultura non sono quelli “che ci fanno divertire” ma coloro che ci ricordano chi siamo, perché viviamo, perché amiamo, perché siamo ancora capaci di sognare. Se davanti a un piano di 200 miliardi l’Italia mette solo 3 miliardi sulla cultura e sul turismo stiamo perdendo noi stessi. Presidente, hai idea di come stanno soffrendo alberghi, ristoranti, città d’arte, operatori?

La tragedia della scuola
Perché è il fattore umano a essere decisivo. E questo ci porta a richiamarTi alle responsabilità che tutti abbiamo sulla scuola. Da due mesi i nostri ragazzi non vanno più a scuola: è una tragedia, Presidente, una tragedia. Sussistono le responsabilità delle Regioni, certo; quelle del trasporto pubblico non organizzato per tempo; il grave errore di aver chiuso l’unità di missione sull’edilizia scolastica che oggi tutti dicono di voler riaprire. Ma c’è un dato di fatto: i nostri figli hanno perso un anno rispetto ai ragazzi tedeschi o francesi. Perché loro tengono aperte le scuole, a differenza nostra. È un patrimonio di competenze perse, di relazioni smarrite, di umanità infranta. Misureremo negli anni i danni psicologici per questa generazione condannata alla solitudine in una stagione in cui la relazione è tutto. Ma adesso lavoriamo per riaprire le scuole. I tedeschi e i francesi, non sono migliori di noi: se loro hanno gestito per tempo l’emergenza scolastica, cerchiamo di farlo anche noi. Prendiamo atto che servono i tamponi e i vaccini, non i banchi a rotelle e le autocertificazioni. La didattica a distanza, Presidente, è una sconfitta per tutti. Ma per noi, politici e genitori, è una sconfitta doppia.

Dai diritti all'economia sociale
Nella mia esperienza a Palazzo Chigi il momento più esaltante è stata la scrittura di una nuova pagina sui diritti. Dal terzo settore all’autismo, dal caporalato alla cooperazione internazionale, dai diritti civili al dopo di noi. Oggi però occorre uno sforzo in più. Andare oltre la sfera dei diritti per capire che il presunto Terzo Settore è già il Primo. Rappresenta infatti i valori fondanti del Paese. L’economia sociale è già una realtà in Italia, rappresentando oltre 360mila organizzazioni e il 5% del nostro prodotto interno lordo. Il cosiddetto non profit, con quasi sei milioni di volontari e un milione di occupati, rappresenta per la sua capillarità, flessibilità e pluralità di intervento il motore sul quale fare leva per attuare un sistema davvero resiliente. Non si tratta di un settore cui destinare risorse in modo residuale e assistenzialistico, bensì un modello economico stabile su cui innestare i pilastri della ripartenza nel solco della sostenibilità, della transizione ecologica e sostenibile, e dell’innovazione. Per sua natura, si tratta di un ambito produttivo finalizzato alla generazione di valore sociale in molti ambiti di interesse generale con la precipua caratteristica dell’assenza di scopo di lucro, dove la cura e la presa in carico si esplicano in attività di assistenza socio sanitaria, educazione e formazione, cultura, sport, ambiente e valorizzazione del territorio e dei beni comuni.

Ci hai sempre chiesto di essere trasparenti e di dire le cose alla luce del sole.
Come vedi lo facciamo animati solo da un desiderio: che l’Italia torni a correre.
Di questi argomenti vogliamo parlare e su questi temi siamo pronti a confrontarci.

Un caro saluto, ci vediamo domani

Matteo Renzi


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