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Più posti letto in terapia intensiva, ma non abbastanza medici

Se all’inizio dell’emergenza a livello nazione avevamo 2,5 anestesisti per posto letto in terapia intensiva, al 15 dicembre il rapporto è pari a 1,6 con un decremento dello 0,9. «In altre parole, sembrerebbe che l’aumento di posti letto di terapia intensiva non sia stato adeguatamente supportato con un altrettanto necessaria implementazione di personale» scrive il report dell'Università Cattolica

di Redazione

Sono aumentati i posti letto in Terapia Intensiva, ma non abbastanza i medici anestesisti in grado di gestirli. È il quadro che emerge dall’Instant Report ALTEMS pubblicato oggi, dal titolo Analisi dei modelli organizzativi di risposta al Covid-19 in Italia. Il report ha costruito un indicatore che potesse esprime, seppur con alcuni limiti, il carico di lavoro degli anestesisti, identificandolo nel rapporto tra anestesisti e posti letto di terapia intensiva: un nodo fondamentale nella gestione dei pazienti critici.

L’indicatore mostra come il rapporto sia peggiorato: se all’inizio dell’emergenza a livello nazione si attestava su 2,5 anestesisti per PL, al 15 dicembre il rapporto è pari a 1,6 con un decremento dello 0,9. «In altre parole, sembrerebbe che l’aumento di posti letto di terapia intensiva non sia stato adeguatamente supportato con un altrettanto necessaria implementazione di personale».

Anche questo indicatore viene qui riportato a 4 instanti temporali: la situazione pre-emergenza, al 29 aprile, al 14 ottobre e al 15 dicembre. «Si evidenzia lo sforzo comunque messo in atto dal Sistema Sanitario Nazionale e poi dai diversi Sistemi Sanitari Regionali nel rafforzare le risorse professionali specificamente dedicate alla gestione delle cure mediche», ma si notano anche le «differenze di efficienza e di risultato nei diversi Territori, come effetto delle diversità di regie e di governance presenti nelle Autonomie Regionali». «Rispetto ad un fenomeno così pervasivo come una pandemia però, che non riconosce confini né limiti, forse ottiche troppo differenziate non riescono sempre a rispondere adeguatamente alle esigenze delle comunità servite. Sarà, pertanto, necessario sviluppare ulteriori approfondimenti ed affinare la preparedness dei sistemi sanitari per affrontare il prossimo futuro», conclude il report.


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