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Quel che il Covid-19 ha cambiato nella filantropia

Nell'emergenza si è sperimentato uno spostamento del focus dal singolo progetto al sostegno delle organizzazioni. Un approccio nuovo, dettato dall’emergenza, che ha introdotto il tema della fiducia e della collaborazione tra enti erogatori ed enti beneficiari in una fase critica, in cui il bisogno di sostegno immediato non poteva essere condizionato alla presentazione di un progetto specifico. Ecco un passo del nuovo working paper di Fondazione Italia Sociale

di Redazione

Fondazione Italia Sociale ha pubblicato il working paper "I SOSTEGNI AL NON PROFIT NELL’EMERGENZA COVID-19: 20 CASI EMBLEMATICI DELLA FILANTROPIA ISTITUZIONALE", che restituisce una prima panoramica delle risposte di governi, privati ed enti erogatori per sostenere le realtà non profit impegnate durante la prima ondata dell’emergenza da SARS-CoV2. L’intento è quello di spiegare come i diversi attori si sono mobilitati nel sostegno al Terzo settore e suggerire spunti utili a una valutazione dell’efficacia degli interventi attivati. Qui un passaggio.


Gli enti erogatori, in tutto il mondo, hanno risposto in massa all’emergenza Covid-19 con interventi molteplici e diversificati. Una caratteristica comune è stata però l’assenza di coordinamenti nazionali e internazionali che gestissero programmi di sostegno sistematici. Le partnership tuttavia non sono mancate, ma sono state il frutto di iniziative sporadiche avvenute per lo più tra singoli soggetti privati e senza coordinamento con le istituzioni pubbliche. In Italia, ad esempio, le partnership tra amministrazione pubblica e filantropia istituzionale si sono concretizzate in poche collaborazioni a livello regionale (Fondazione Cariplo – Regione Lombardia e Impresa sociale e Con i Bambini – Regione Lazio).

Tra gli enti erogatori, a livello internazionale un ruolo importante è stato inoltre ricoperto dalle Fondazioni di comunità (FdC) che per capillarità, vicinanza ai territori di riferimento e strutture snelle hanno raggiunto ottimi risultati sia nella fase di raccolta che nella fase di lettura dei bisogni con conseguente erogazione rapida di risorse agli enti che ne abbisognavano maggiormente.

Gli Stati Uniti hanno visto l’attivazione di numerosi fondi emergenziali con larghe adesioni da parte delle fondazioni erogatrici, allo scopo di aumentare la dotazione di risorse a disposizione (come nel caso del NYC Covid-19 response & impact fund). In Europa invece, lo strumento del bando è rimasto la modalità di erogazione più utilizzata.

Quest’ultimo si è arricchito di alcuni, limitati esperimenti innovativi che hanno riguardato interventi di co-progettazione tra enti erogatori e beneficiari, partnership internazionali e modalità di sostegno combinato di grant, finanziamento agevolato e percorsi di capacity building. In alcuni casi, sia in Italia (bando Let’s go di Fondazione Cariplo) che all’estero, si è sperimentato uno spostamento del focus dal singolo progetto al sostegno delle organizzazioni. Un approccio nuovo, dettato dall’emergenza, che ha introdotto il tema della fiducia e della collaborazione tra enti erogatori ed enti beneficiari in una fase critica, in cui il bisogno di sostegno immediato non poteva essere condizionato alla presentazione di un progetto specifico.

L’esperienza di questi mesi potrà quindi costituire materia di riflessione per definire le strategie future, alimentando ulteriormente il dibattito sul ruolo dei bandi e sulle modalità alternative di finanziamento delle organizzazioni non profit.


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