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SanPa, il welfare ingenuo e autoprodotto di Muccioli

Nell'impreparazione generale prende il via l’epopea del welfare ingenuo di Muccioli basato su tre azioni che possiamo in sintetizzare in: accogliere, contenere, far lavorare. Come per tutte le istituzioni totali, SanPa ha un tempo preciso per diventare patologica in sè: la comunità estromette la droga ed assume su di sè la patologia attraverso l’esercizio dell’autorità

di Angelo Moretti

La serie Netflix sulle “ombre e luci” di San Patrignano è davvero un’importante novità , la regista Cosima Spender passa in rassegna una storia apparentemente “minore” a cavallo di due decenni, tra gli anni ‘80 e ‘90, una storia circoscritta nel luogo, sulla collina di Coriano, in provincia di Rimini, e di “settore”, la tossicodipendenza, facendola assurgere a fotografia di un’epoca.

Senza nessuna retorica e senza voler sciogliere la controversia tra bene e male, inestricabilmente intrecciati nel testo narrativo, la Serie Tv su Muccioli aiuta lo spettatore a farsi domande per nulla banali e per moltissimi (quelli che già allora non vissero i clamori della vicenda) nuove. Si poteva fare diversamente ? Da che parte sto rispetto alla storia? Hanno ragione quei genitori in lacrime che gridano la loro solidarietà a “Vincenzo”, anche quando le prove contro il metodo del “contenimento” sono schiaccianti, oppure ha ragione quel figlio dallo sguardo spento, il cui padre Roberto fu ucciso nel reparto macelleria di San Patrignano e ritrovato tumefatto in una discarica ad Arzano? Il tossicodipendente che fugge e viene riacciuffato per poi liberarsi dalla droga è una persona sotto sequestro o in fase di liberazione dalle crisi di astinenza?

Le risposte queste domande non sono affatto scontate anche se la lucidità, il buon senso e anni ed anni di pedagogia ci fanno tendere a favore del Procuratore di Rimini Andreucci che avrebbe voluto fermare il “metodo” San Patrignano fin dall’inizio, intravedendone il rischio di una istituzione totale e patologica. “Le catene del contenimento fisico dei tossicodipendenti e la morte di Roberto Maranzano sono collegate da un unico filo rosso” dichiara Andreucci in un’intervista.

Ma nel deserto di una società. e di una politica, che restava immobile ed attonita a guardare il fenomeno degli eroinomani non possono non scuotere le parole di Paolo Villaggio, che a San Patrignano aveva trovato la salvezza per suo figlio: “Muccioli con i i suoi metodi si è rivelato migliore di tanti di noi padri progressisti che non hanno dato mai ceffoni ai figli”, ha raccontato con lucidità e gratitudine l’attore ai giudici che lo hanno voluto ascoltare come testimone nei processi penali contro il fondatore della comunità. Ed anche Villaggio sembra avere ragione.

Per gli appassionati e studiosi di welfare e di pedagogia il film sembra un affresco sull’epoca di un tentativo welfare autoprodotto per, credo, spirito di solidarietà autentica, che potremmo definire “ingenuo” per la presa in carico dei “drogati”: un’idea paternalista autenticamente genuina di un uomo che riteneva di essere chiamato ad una missione salvifica. A Muccioli, agli albori della sua avventura, gli riusciva di salvare le vite semplicemente accogliendole in un posto sicuro, l’errore è subentrato dopo, quando ha pensato che salvare vite fosse un mestiere ripetibile ed un metodo replicabile con il semplice motivo che la libertà dalla droga dentro San Patrignano fosse di per sè un bene assoluto rispetto alla droga presente nel mondo fuori. Muccioli è caduto in una trappola in cui caddero in buona fede anche tanti medici volenterosi e onesti che erano impegnati negli ospedali psichiatrici di Italia: tanti intervenivano legando i pazienti ai letti di contenzione, per giorni, convinti di aver fatto bene il loro lavoro perché erano gli stessi pazienti a chiederlo o perché alla fine della contenzione i pazienti apparivano finalmente più sedati e compensati. Sono diversi i racconti dei medici napoletani che ricordano che davanti all’istituto Leonardo Bianchi, ad esempio, c’era spesso la fila dei “pazzi” che chiedevano di essere “attaccati”, perché non riuscivano a stare in pace nel “mondo fuori”. Ma la medicina è una scienza e con il tempo ha aggiornato la sua metodologia e raffinato il suo sapere , fino ad accorgersi che lo stesso habitat del manicomio era diventato una componente della malattia, una condizione di aggravamento della patologia psichiatrica e che per questo andava abolito. Un aggiornamento che fu il frutto più maturo della rivoluzione culturale del ‘68, grazie ad uno scienziato, medico e politico come Franco Basaglia.

In quegli stessi anni, incredibilmente, San Patrignano nasceva e si ingrossava e mentre il litio e la medicina territoriale erano intervenuti a curare la sofferenza psichica dei pazienti che erano tornati a vivere nelle loro case (anche nello sgomento di alcune famiglie), l’eroina dilagava nelle strade e chiedeva nuove cure e nuove leggi in una società impreparata.

In questa impreparazione generale prende il via l’epopea del welfare ingenuo di Muccioli ( basato su tre azioni che possiamo in sintetizzare in: accogliere, contenere, far lavorare). Come per tutte le istituzioni totali, SanPa ha un tempo preciso per diventare patologica in sè: la comunità estromette la droga ed assume su di sè la patologia attraverso l’esercizio dell’autorità della figura retorica del padre ( proprio la figura maggiormente messa in crisi negli anni ‘60), una figura che il film racconta benissimo, tra abbracci e ordini impartiti, larghi sorrisi e gestione delle folle con l’uso del microfono in sala mensa. Una figura archetipa che ha vere capacità curative nella fase di inizio e che poi avrebbe bisogno di uccidere se stessa per evolversi in un welfare maturo.

Ma nell’incedere dei 5 episodi della serie lo spettatore si accorge lentamente che l’uccisione simbolica del leader carismatico non arriva in tempo, tanto che la violenza ed i violenti diventano alcune delle tante “presenze” tollerate nella comunità paterna, che si tiene libera dall’eroina ma non dai soprusi che si riproducono nel “mondo fuori”. Si arriva al quarto e quinto episodio e SanPa è diventato un universo parallelo in cui il diritto di essere liberato dalla sostanza si confonde con la sottomissione ad un’autorità senza limiti, in cui il bene e male continuano ad esistere, con vite salvate e vite disperse, ma adesso la violenza è parte dell’istituzione.

SanPa non è esaltazione nè semplice condanna, è la storia di una storia italiana in cui nessuno può ergersi a giudice ma nemmeno resta semplicemente spettatore, mentre lo guardi ti chiedi: cosa avresti voluto per tuo figlio o tua figlia?

E poi spegni la TV e ti accorgi che il mondo attorno è totalmente altro.

Oggi la droga si usa per essere “dentro”‘il mondo e non fuori dal mondo. Oggi i dati ci dicono che non si evade con la droga , ma con la droga ci si integra, si lavora, si fa sesso, si socializza, si affrontano pomeriggi noiosi, si combatte contro una depressione o una disistima. Con la droga le persone cercano di “curarsi” per essere dentro al mondo, non fuori, si cerca invece piuttosto di evadere con un “turista per sempre” in mano, con i gratta e vinci, con una slot machine ed i suoi luccichii, e ti accorgi che siamo di nuovo impreparati…e la domanda cambia: cosa avrebbe fatto ora un Muccioli contro gli zombie delle sale gioco o contro il mercato online delle droghe legali usate per preparasi ad un esame?


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