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Le norme anti pandemia? Copiate dalla peste di Alghero del 1582

Un medico calabrese fu determinante nell'individuare le misure per arginare l'epidemia che arrivò in Sardegna a bordo di una nave e causò migliaia di morti. In un libro e in un opuscolo le restrizioni imposte alla popolazione, raccontate anche dall'emittente britannica BBC. Tantissime le analogie col Coronavirus, seppure a distanza di oltre 400 anni

di Luigi Alfonso

Il distanziamento sociale salvò Alghero da un’epidemia di peste, nel novembre del 1582. In periodo di Covid-19, la notizia non appare così banale se anche la BBC ha deciso di dedicare uno spazio al manuale redatto dal dottor Quinto Tiberio Angelario oltre quattro secoli or sono. La tv britannica ha scovato l’importante testimonianza, dal titolo “The 432-year-old manual on social distancing” (Manuale sul distanziamento sociale di 432 anni fa) e l’ha pubblicata sul proprio sito web. Si tratta di un vero e proprio vademecum pensato per scongiurare il contagio della peste, arrivata nella cittadina catalana con una nave proveniente da Marsiglia.

Un marinaio, colui che oggi sarebbe definito il paziente zero, sbarcò e infettò parecchi avventori delle taverne da lui frequentate. I controlli al porto di Alghero furono aggirati perché la variante di quella patologia era particolarmente subdola: i bubboni, infatti, erano poco visibili in quanto per lo più concentrati nella zona inguinale. Per la cronaca, il marinaio morì pochi giorni dopo il suo arrivo in Sardegna, ma i contatti con la popolazione locale furono numerosi, dunque la peste si diffuse con grande rapidità. Uno storico del XVIII secolo ha stimato che l’epidemia causò circa 6.000 morti, lasciando in vita 150 persone. In realtà, si pensa che la peste del 1582 abbia ucciso il 60% della popolazione algherese: un numero comunque impressionante.

Le misure individuate dal dottor Angelario erano semplici: “Si consiglia alle persone di stare a sei piedi (un metro e ottanta) di distanza, evitare di stringere la mano e inviare solo una persona per famiglia a fare la spesa”. Sembra di leggere un passaggio delle tante prescrizioni scritte in tempi di pandemia Covid. Ma non è il solo punto in comune tra le due emergenze storiche: il medico calabrese faticò non poco a farsi ascoltare dalle autorità algheresi, quando invocava misure severe e distanziamento sociale. Eppure fu proprio quello il provvedimento che consentì di arginare la peste all’interno delle storiche mura di Alghero, innalzate in parte dai Doria e in parte dagli Aragonesi. I quartieri circostanti furono in gran parte risparmiati e, nell’arco di otto mesi, l’epidemia fu sconfitta.

Tuttavia, non fu tanto l’intuito a illuminare Quinto Tiberio Angelario. Il medico, infatti, si era formato nella penisola e persino all’estero perché all’epoca in Sardegna non c’erano università (la prima, nella vicina Sassari, sarebbe stata fondata nel 1617). Aveva poi maturato esperienza in Sicilia, dove si era sviluppata un’epidemia di peste nel 1575, cioè appena sette anni prima. Un evento che tornò utile al suo arrivo ad Alghero, assunto dalla Municipalità con un contratto biennale da 100 scudi (una bella cifra, per quei tempi, ma il commercio andava a gonfie vele e le imposte avevano arricchito le casse dell’ente locale). Però, quando chiese alle autorità locali di mettere in quarantena i pazienti, fu ripetutamente ostacolato: prima da magistrati indecisi sull’applicabilità di tali restrizioni, poi da un senatore che si rifiutò di riportare questi suggerimenti nel suo rapporto, attribuendo le preoccupazioni di Angelario a “visioni apocalittiche”. Il medico, per fortuna, fu ascoltato dal vicerè Michele de Moncada che decise di istituire un triplo cordone sanitario attorno alle mura della città, per impedire qualsiasi scambio con le persone che giungevano da altri paesi. Forse non è superfluo precisare che quelle misure suscitarono grandi malumori tra la popolazione e i commercianti ma, visti i risultati, risultarono determinanti.

Nel 1588 il dottor Angelario pubblicò un opuscolo dal titolo “Ectypa Pestilentis Status Algheriae Sardiniae” (l’unica copia rinvenuta è custodita nella Biblioteca Nazionale di Francia), in cui erano contenute 57 regole per i suoi concittadini, tra le quali: predisposizione di un cordone sanitario attorno alla città, quarantena per i pazienti malati, istituzione dei lazzaretti per la quarantena, disinfezione di merci e abitazioni. Agli algheresi fu suggerito, inoltre, di non lasciare le proprie case neppure per visite ai parenti. Soltanto una persona per ciascun nucleo familiare poteva uscire per fare la spesa. Una sorta di transenna doveva essere aggiunta ai banchi dei negozi in cui venivano venduti i generi alimentari, in modo da tenere le debite distanze tra i clienti in fila. Infine, erano proibiti incontri, balli e intrattenimenti. Durante le funzioni liturgiche, i fedeli dovevano fare attenzione nello stringersi la mano. La storia si ripete.


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