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Le mascherine inutilizzate a scuola? Non buttiamole

Al via una raccolta dei dispositivi di protezione distribuiti a scuola ma non usati da bambini e ragazzi. Andranno a chi fa fatica a comprarsi le mascherine, attraverso la Comunità di Sant'Egidio di Roma. L'idea del maestro Alex Corlazzoli, che dice: «Non vogliamo polemizzare con nessuno ma nemmeno possiamo restare indifferenti dinanzi a questo spreco»

di Sara De Carli

La prima cosa che Alex Corlazzoli tiene a chiarire è che «non stiamo dando ai poveri gli scarti dei ricchi… Non sono scarti. Sono mascherine monouso certificate, nuove, in pacchi chiusi, solo non del tutto confortevoli rispetto all’utente che deve portarle 6 o 8 ore al giorno. Chi può permetterselo, sceglie di dare a suo figlio una mascherina più confortevole ma questo non significa che la mascherina “di Arcuri” sia da buttare. E la Comunità di Sant’Egidio è sicuramente super-attenta al tema della dignità delle persone: con la sua storia e il suo impegno, oltre ad essere garanzia che le mascherine donate non verranno certo rivendute ma andranno davvero a chi ne ha bisogno, è garanzia anche del fatto che il dono rispetterà la dignità di chi lo riceve».

Alex Corlazzoli, maestro e giornalista, nel weeekend ha lanciato un’iniziativa di raccolta e donazione delle mascherine inviate nelle scuole ma non utilizzate dai bambini, con lo scopo di donarle ai più bisognosi, ai senza dimora, alle famiglie in difficoltà economica o ai migranti che vivono in una situazione di povertà. Il Commissario Straordinario per il Covid-19 distribuisce ogni giorno 11 milioni di mascherine nelle scuole d’Italia, per alunni, docenti e personale scolastico: una scelta estremamente importante. «Stando in classe però vediamo che la gran parte delle famiglie sta preferendo da mesi acquistare la classica chirurgica azzurra con gli elastici sottili dietro alle orecchie, lasciando nell’armadio di casa i pacchi di mascherine distribuite dalla scuola. Nelle nostre classi sono pochissimi i bambini che indossano quelle fornite dallo Stato. Una preside di un liceo di Milano mi ha scritto che scuola ha 46mila mascherine non distribuite», racconta Corlazzoli. Le ragioni? Le mascherine con la doppia fascia elastica dietro la nuca, che avvolgono a fascia la testa (ribattezzate “mutanda” dai bambini) sono giudicate poco confortevoli dai bambini stessi. Chi ha figli lo sa. I modelli sono diversi e le critiche pure: tirano i capelli, sono troppo strette, sono troppo grandi, puzzano. Capricci? Può essere, le prime settimane mi sono impuntata, speravo si abituassero, però in effetti delle altre mascherine i bambini (i miei tre, almeno) non si lamentano. E allora per quieto vivere e per riuscire ad uscire di casa in tempi ragionevoli, andiamo con le altre. Quelle della scuola finora le ho indossate io. Le ho appena contate: nell'armadio ne ho 210 ancora impacchettate.

«Uno spreco in termini di denaro, un messaggio sbagliato dato agli alunni, un grave danno all’ambiente perché in questo modo verranno buttate un numero doppio di mascherine», sottolinea Corlazzoli. «E uno spreco inaccettabile dinanzi al fatto In Italia numerose persone che si trovano in uno stato di povertà assoluta non hanno la possibilità di acquistare una mascherina e sono costretti a girare con dispositivi di protezione usati per giorni o raccolti a terra. Conosco personalmente più di un clochard, è la loro vita, non si fanno problemi a indossare una mascherina raccolta da terra, così come a fumare i mozziconi raccolti a terra. Una mascherina nuova, se pur stretta, è benedetta. Molte mascherine date a scuola sono grandi per i bambini, le può tranquillamente indossare un adulto».

Se questo è il quadro di partenza, ecco che l’idea di raccogliere le mascherine inutilizzate nasce un po’ casualmente tramite la rete. Valentina Tiraboschi, mamma e referente dell’associazione “Castelli romani food and wine” legge i post di Alex che denunciano lo spreco e i primi articoli di giornale che lo hanno ripreseo. I due si sono conosciuti l’estate scorsa, quando Alex è andato in vacanza nei Castelli romani, «ho tenuto i contatti con lei, una imprenditrice intelligente e socialmente impegnata, che oltre alla promozione turistica della zona nel lockdown ha fatto tanto per raccogliere materiali e per chi è in difficoltà. Mi ha detto “perché non facciamo qualcosa?”».

È Valentina che ha i contatti con la Comunità di Sant’Egidio di Roma, realtà che sta già raccogliendo DPI e mascherine in dono e si dice disponibile a ricevere le mascherine nuove, non utilizzate dagli studenti, dandogli nuova vita. Così l’idea si concretizza. Genitori, studenti, presidi o gli insegnanti potranno inviare le mascherine non usate all'associazione “Castelli romani food and wine” ​, c/o Circuito, via della Produzione 1/3 00030 San Cesareo (Roma) oppure Alex Corlazzoli, via 4 Novembre 20/a 26010 Offanengo. «Qualche centinaio di mascherine sono già arrivate… Molte da Crema, ma anche da Bergamo e Scandicci. Trasformerò la casa in un magazzino per il transito delle mascherine», ride Alex. «Non possiamo essere indifferenti di fronte ad un assurdo spreco. Non vogliamo polemizzare con nessuno ma chiedere a ciascuno di dare un piccolo contributo con un gesto di solidarietà che non costa nulla».


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