Economia & Impresa sociale 

La Sardegna “in rosa” che non cede alla crisi

Nonostante la pandemia, che ha dato il colpo di grazia a 5.334 micro e piccole realtà imprenditoriali nel corso del 2020, tante donne continuano a lavorare con grande determinazione e con ottimismo. Il segreto? C'è chi fa innovazione, chi trova nuove modalità di vendita dei prodotti. Ecco 10 storie che fanno sperare

di Luigi Alfonso

Nel corso del 2020 ben 5.334 imprese femminili sarde hanno chiuso, con un calo del 14% rispetto al totale dell’anno precedente. Il dato della CNA Impresa Donna è pesantissimo e si spiega in un modo: le operatrici economiche sono presenti in prevalenza in settori particolarmente esposti alla crisi del Coronavirus, in particolare quelli dei servizi alla persona e nell’ambito turistico-ricettivo. Nel 2019 le imprese “rosa” erano 38.808, l’anno scorso si sono attestate a quota 33.474. Un dato impressionante. Per fortuna c’è chi non si arrende, nonostante tutto. Ecco dieci storie che parlano di speranza e resilienza.

“Siamo sempre state un po’ in crisi, in quanto facciamo parte di un settore di nicchia”, commenta Wilda Scanu, presidente della cooperativa femminile Su Trobasciu di Mogoro (Oristano), che produce tessuti, tappeti e arazzi. “A parte la battura, un leggero calo di fatturato c’è ancora oggi (un buon 20%) ma stiamo lavorando molto con le vendite on line, perché a causa della pandemia non possiamo ricevere come un tempo visitatori e acquirenti di persona. Abbiamo così avviato contatti con la gente anche lontano dal nostro territorio. Mia figlia, che cura molto i social, sta lavorando parecchio su quel versante. I processi produttivi sono sempre quelli tradizionali ma abbiamo voluto imprimere una svolta tecnologica rispetto alla tradizione, puntando sull’innovazione di prodotto. L’ultima edizione della Fiera dell’artigianato artistico della Sardegna, nonostante tutti i problemi legati al Covid, ci ha dato un ottimo riscontro di visitatori. Inoltre, abbiamo ricevuto numerosi premi e attestati che ci hanno permesso di farci conoscere in diverse realtà dell’Italia e del resto del mondo. Insomma, resistiamo con grande determinazione”.

“A causa della pandemia”, spiega Marilene Castegnaro, titolare della Olimar Autotrasporti e movimentazione containers, “da aprile a giugno 2020 ho dovuto mettere il personale in cassa integrazione, come la stragrande maggioranza delle imprese italiane. Poi c’è stata una ripresa che ci ha permesso di assumere tre persone, di cui due sono ancora in azienda per un totale di 10 dipendenti, e fare investimenti sui mezzi (abbiamo acquistato un trattore in aggiunta al nostro parco veicolare di 10 automezzi e 4 semirimorchi per un totale di 18 semirimorchi). Purtroppo, da un paio d’anni, lamentiamo gravi problemi logistici al Porto Canale di Cagliari: ora il problema prioritario, oltre al calo dei volumi, sta nel fatto che con la chiusura del terminal container con linea diretta il lavoro non è più lineare e fluido, in quanto i container dopo aver stazionato in altri porti vengono poi convogliati lontano dal terminal. Ogni mezzo deve percorrere 40 km al giorno in più, con relativo aggravio di costi. Nonostante tutti questi problemi crediamo fortemente in questa attività, e ringrazio sempre i nostri collaboratori che con diligenza e responsabilità giorno dopo giorno fanno sì che questa realtà continui a crescere”.

Arianna Rais, titolare di un laboratorio artigiano di dolci tipici sardi e pane a Villagrande Strisaili (Ogliastra), dice: “Di questi tempi, è già molto non avere debiti. Ho una ditta individuale, un locale per il quale non devo pagare l’affitto perché l’ho realizzato tempo fa, e non ho dipendenti. Insomma, riesco a contenere i costi. Il mio lavoro era molto legato alla ristorazione tradizionale, con la pandemia molte attività hanno ridotto drasticamente l’attività e di conseguenza è calato il mio lavoro. Il fatturato è calato di un buon 60%, la botta si è fatta sentire. Faccio una distribuzione limitata al nostro territorio. L’importante in questa fase è accontentarsi, basta guardarsi attorno per capire che è un periodo difficile per tutti. Non chiudere bottega è già una vittoria. Il nostro territorio è di per sé povero, ecco perché non ho grandi pretese. Il pane pistoccu è a lunga conservazione, si può spedire con facilità, ma in periodo di crisi il consumatore privilegia i prodotti industriali che costano di meno. Da noi panificare è un rito, significa riunire tutta la famiglia e lavorare insieme: il non potersi incontrare, non fare assembramenti a causa della pandemia, in questo senso forse mi ha agevolato”.

Graziella Puddu dal 1973 è titolare di Loddo’s, un’azienda con sede operativa a Selargius (Cagliari) che commercia materiali di consumi del settore arredo, per porte e finestre in legno. “Reggiamo perché siamo innamorati del nostro lavoro e anche perché, dalla mattina alla sera, siamo impegnati in azienda al fianco dei nostri collaboratori. Li responsabilizziamo e coinvolgiamo in tutte le nostre attività, e non li consideriamo semplici dipendenti: ci sentiamo colleghi, ognuno ha il suo ruolo e deve saper interagire con gli altri con un obiettivo comune, cioè fare al meglio il proprio lavoro. Questo consente, in certe situazioni, di prevenire alcune problematiche. A noi piace venire a lavorare con il buonumore. Questa serenità ci fa vedere le cose in maniera più ottimistica. Si parla di crisi, in verità la pandemia ha stravolto il nostro mondo e anche il modo di lavorare: bisogna adeguarsi. Il cliente è diventato molto esigente, desidera risposte immediate, preventivi quasi in tempo reale e consegne veloci. La formazione continua è indispensabile: la gestione del tempo, la comunicazione con i collaboratori e con il cliente per creare una relazione. La nostra attenzione è rivolta soprattutto agli accessori del legno, una materia prima, naturale, che può durare molto più del pvc o dell’alluminio. Ecco, noi portiamo avanti la cultura del legno ed educhiamo i nostri clienti, facendo capire loro che una buona manutenzione dà lunga vita ai manufatti e fa risparmiare. Questa politica di consulenza, alla lunga, si sta rivelando vincente”.

Gina Locci, fotografa, ha iniziato a lavorare 37 anni fa, “quando questa professione era sempre e solo declinata al maschile. Giravo per la Sardegna e tutti, soprattutto nei paesi più piccoli, mi guardavano con stupore e forse un po’ di scetticismo. Ecco perché sono abituata a navigare in acque tempestose e a superare gli ostacoli, non mi spavento per questo periodo di crisi. Dirò di più: proprio a causa della pandemia e delle restrizioni che ne sono derivate, moltissima gente ha riscoperto il piacere della stampa fotografica. Tante persone, e non solo i miei clienti abituali, si sono rivolti a me per stampare vecchie foto da incorniciare a casa o da regalare a familiari, parenti e amici, perché la fotografia emana un senso di calore. In questo periodo burrascoso credo che tutti noi ne abbiamo bisogno. Il lavoro va bene, anche se sono tra i pochi che non hanno un sito internet: la mia pubblicità è il passaparola dei clienti. E quello funziona sempre, se uno lavora con coscienza e professionalità”.

Graziella Scanu di Alghero, da 32 anni ottica: “La mia attività vende prodotti di prima necessità. Certo, un calo di vendita nel periodo del lockdown c’è stato, come per tutti. Magari qualche occhiale da sole in meno, ma questo avveniva già da tempo a causa delle vendite on line, tuttavia la flessione è stata molto contenuta perché le lenti da vista servono a tantissime persone, ed è difficile farne a meno. Sono fiduciosa e ottimista, non posso fare altrimenti. Cerco di non farmi condizionare troppo dalla pressione mediatica e a non pensare soltanto al Covid o alla crisi economica. Internet ci ha dato una bella botta ma la professionalità di un addetto ai lavori può controbilanciare questa tendenza. Molte aziende, poi, stanno praticando una forte scontistica che ci sta dando una mano ad andare avanti. Il risparmio non è tutto, la vista è qualcosa di delicato che richiede grande attenzione e competenza.

Giada Benelli, amministratore delegato della Me.T.Web, azienda di Sassari che dal 2016 si occupa di informatica alberghiera: “Siamo tre soci e veniamo da esperienze differenti, sempre nel settore turistico. Abbiamo un grosso numero di clienti in Sardegna e alcuni nella penisola, ai quali stiamo proponendo servizi e anche un software sviluppato da noi: Metpay, una sorta di moneta elettronica. Il periodo Covid è stato devastante per il settore alberghiero, di conseguenza anche noi abbiamo dovuto ricorrere, a turno, alla cassa integrazione. Ma siamo giovani e cerchiamo di andare avanti con ottimismo. Alti e bassi, ma guardiamo alla primavera con fiducia. Allo stato attuale le prenotazioni in alberghi e residence sono poche, i turisti stanno aspettando per capire se si potrà viaggiare, arrivare in Sardegna e muoversi in sicurezza. Però, prima o poi si dovrà pure uscire da questa situazione di incertezza”.

Alessandra Argiolas dal 2012 è responsabile marketing di Argiolas Formaggi. “L’azienda di famiglia non solo ha tenuto ma continua addirittura a crescere, nonostante il brutto periodo. Come si spiega? Da una parte avevamo iniziato a utilizzare da tempo altri strumenti di promozione e vendita, per esempio le piattaforme on line, dunque la crisi non ci ha trovati impreparati; da un’altra parte, la scelta di puntare soprattutto sulle donne per i ruoli di responsabilità è risultata vincente. Le donne Le donne hanno spesso una marcia in più, dovuta anche al fatto che, nella nostra società, sentono più il bisogno di dimostrare quanto valgono. Marisa Bellisario ha detto che le donne non hanno diritto a essere mediocri: può apparire come una forzatura, però c’è un fondo di verità perché ancora il mondo è prevalentemente in mano agli uomini. L’aver studiato e lavorato per anni a Milano mi ha consentito di portare in azienda una ventata di novità, per esempio nell’approccio di certe problematiche. Inoltre, abbiamo investito sull’innovazione anche strutturale, e questo ci permette di essere competitivi su un mercato che è sempre più complesso”.

Manuela Collu, banconiera di Quartu Sant’Elena, non ha difficoltà a sottolineare che “il periodo che stiamo attraversando è brutto per tutti. Il nostro è uno dei settori più colpiti ma sto resistendo con tutte le forze, e di questo devo ringraziare anche e soprattutto i miei straordinari clienti: persino quando la Sardegna era zona arancione per la pandemia, hanno fatto pazientemente la fila all’aperto sotto la pioggia o con il vento forte, pur di ordinare un caffè o una bibita, prendere un panino o qualcos’altro. È scattata una sorta di gara di solidarietà, hanno capito che per un esercente non è facile sopravvivere a una situazione di questa portata. E vi garantisco che non sono tutte persone facoltose. Il bar, in fondo, è un luogo di incontro e di sorrisi, a volte mi sento un po’ psicologa perché da me la gente instaura un rapporto di confidenza e amicizia, come dal barbiere o dalla parrucchiera. Queste restrizioni ci hanno messo in grande difficoltà ma la forza per proseguire ci viene dalla gente che, sin dal primo mattino, si ferma da noi anche soltanto per un saluto. Invio un grande ‘in bocca al lupo’ a tutti i colleghi del settore per una ripresa generale”.

Pamela Bandu, ristoratrice di Gesturi, non ha perso il sorriso. “Con questa crisi, ho voluto investire e acquistare un nuovo forno che mi permette di fare le pizzette al taglio. Questo mi consente di far lavorare meglio anche il bar annesso al locale. Purtroppo, nel 2020, abbiamo avvertito un calo vertiginoso del turismo, mi sto salvando grazie ai clienti del paese. Il segreto per far funzionare un’attività del genere in periodo di pandemia è che il proprietario deve lavorarci a pieno ritmo. Se dovessi affidarmi ai dipendenti, non riuscirei a far fronte a tutte le spese, anche perché c’è da pagare il mutuo del locale. Ho una dipendente alla quale ho dovuto ridurre l’orario: mi è dispiaciuto moltissimo, però non potevo fare diversamente. La speranza ora è di tornare alla normalità e di poterle ridare un contratto più sostanzioso. Non mi interessa ricevere un bonus, voglio riprendere a lavorare come prima. Intanto sto valutando la possibilità di fare il servizio catering”.