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Politica & Istituzioni

Ma la disabilità non è un problema di categoria

Il Governo Draghi ha un Ministero per le Disabilità. Ma l’approccio corretto alla disabilità è quello del mainstreaming, non di politiche specifiche, di settore, dedicate. La reazione? Pronti alla collaborazione, avendo chiaro che bisogna continuare la strada delle politiche di mainstreaming e non di interventi settoriali e segmentati, che riducono la disabilità a una condizione settoriale.

di Sara De Carli

Era stato un cavallo di battaglia di Matteo Salvini nel Conte I (vedi prima Lorenzo Fontana e poi il fugace passaggio di Alessandra Locatelli), poi nel Conte II la delega alla disabilità era rimasta nelle mani del Presidente del Consiglio, che si era scelto un consulente personale sulla disabilità, il prof Giuseppe Recinto, e aveva rafforzato l’Ufficio per le politiche in favore delle persone con disabilità. Oggi, nel nascente Governo Draghi, un po’ a sorpresa risorge il Ministero della Disabilità (tutti gli “addetti ai lavori” auspicavano che continuasse l’approccio di mainstreaming) e senza troppa sorpresa va ancora alla Lega, con Erika Stefani, avvocato di Valdagno, già ministra per gli affari regionali, nel cui curriculum non si trova traccia di una precedente familiarità con il tema.

«Il dado è tratto, il ministero è stato istituito. Ci auguriamo che il ministero istituito abbia competenze istituzionali trasversali, forti e chiare, con la messa a disposizione di adeguate risorse per attuare politiche mirate. Non si deve occupare solo in modo ancillare di disabilità», commenta Vincenzo Falabella, presidente della Fish, annunciando per i prossimi giorni un documento che indichi alcune priorità di lavoro, per proseguire l’impegno costruttivo per rispondere ai diritti, ai bisogni e alle aspettative dei tanti cittadini e cittadine con disabilità che vivono in Italia. «Auspichiamo che il Presidente Draghi insieme ai ministri possa incontrare al più presto la nostra Federazione, per ascoltare le nostre istanze costruttive e propositive. Questo confronto a nostro avviso sarebbe dovuto avvenire in sede di consultazione, così non è stato, avremmo sicuramente dato un ulteriore contributo finalizzato a costruire un Governo forte con chiari obiettivi su alcune importanti priorità sul tema della disabilità. La assunzione di responsabilità del Governo precedente sulla disabilità è stata unica in Europa e ha portato dei frutti. Oggi, come sempre, porteremo il nostro contributo come costruttori là dove ci sarà possibilità di coinvolgimento, come previso dalla Convenzione Onu ma insieme saremo attenti osservatori delle scelte e delle decisioni che verranno prese e ci faremo sentire. Non lo abbiamo fatto in passato e non lo faremo oggi né in futuro: non negozieremo i diritti dei cittadini e delle cittadine con disabilità. Ora recuperiamo il tempo perduto e lavoriamo per il bene del nostro Paese e dei nostri cittadini e cittadine con disabilità».

Roberto Speziale, presidente nazionale di Anffas, per il primo commento sceglie la stessa frase che ha usato pochi giorni fa Claudia Fiaschi, presidente del Forum del Terzo settore, uscendo dalle consultazioni con il presidente incaricato Draghi: «Non posso che ripetere la frase di Claudia Fiaschi, siamo a disposizione del Paese. Ma c’è una condizione. In questi anni abbiamo conquistato il riconoscimento che la disabilità non è un problema di categoria ma trasversale alle politiche, un tema di cittadinanza. Quando abbiamo ottenuto che la disabilità fosse in capo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, avevamo conquistato il concetto che l’approccio corretto alla disabilità è quello del mainstreaming e non di politiche specifiche, di settore, dedicate. Questo ha rappresentato per noi e per tutto il mondo della disabilità un obiettivo importante», afferma. «Al nuovo ministro garantiamo collaborazione nei luoghi deputati, con l’auspicio che abbia chiaro che bisogna continuare quella strada di politiche di mainstreaming e non di interventi settoriali e segmentati, che riducono la disabilità a una condizione settoriale. L’inclusione si fa quando si riesce a realizzare un progetto di vita individualizzato e a dare i giusti sostegni per garantire la piena partecipazione e il diritto di cittadinanza di ogni persona con disabilità. Questo resta il nostro obiettivo e da qui ripartiremo nell’interlocuzione con il nuovo ministro».

Le urgenze sono tante e una è letteralmente una emergenza: «Va affrontata subito la questione della vaccinazione per tutte le persone con disabilità. Ad oggi nel Piano Vaccinale si è scelto un approccio legato alla patologia, riconoscendo la priorità per quelle patologie riconosciute più a rischio», spiega Speziale. «Invece bisogna considerare la disabilità nella sua accezione sociale, non in quella sanitaria: in questa logica vanno vaccinate tutte le persone con disabilità perché la disabilità comporta già limitazioni alla socialità, alle relazioni, alla vita… e in questi mesi, con il rischio di contagio, la situazione per tutte le persone con disabilità è diventata drammatica. Vaccinare non ha solo il valore di proteggere la vita ma anche di “liberare” le persone con disabilità e restituirle alle relazioni». L’emergenza è dettata anche dal fatto che in questi ultimissimi giorni si vede un aumento di contagi tra i giovani, forse anche a causa della famosa variante inglese: «Questo pensando alle persone con disabilità significa il rischio di vedere esplodere, da qui a pochissimo, problemi enormi nei “centri semiresidenziali”, in tutti quei centri diurni, servizi di terapia occupazionale o dove si svolgono di attività educative. L’80% delle persone con disabilità frequenta queste realtà, non i servizi residenziali che ormai sono blindati». Se esplodono dei cluster nei centri semiresidenziali sarebbe un problema enorme, sia per la catena dei contagi che potrebbe essere molto più lunga, sia perché con la chiusura dei servizi le famiglie si ritroveranno ancora una volta con un enorme carico da gestire in solitudine. «La vaccinazione delle persone con disabilità anche per questo motivo comincia a diventare emergenziale».

Un’esplicita critica rispetto alla scelta di avere un Ministero della disabilità l’aveva espressa subito ieri sera Dario Ianes, professore di pedagogia e didattica speciale a Bolzano: «Sono fermamente contrario ad un ministero della disabilità, perché deve essere un tema trasversale, di diritti universali fondamentali, al di là del colore politico di chi lo ha avuto. No, non si comincia bene!», ha scritto sulla sua pagina Facebook. «È assurdo, non so quanti potrebbero essere favorevoli», aggiunge al telefono. «La disabilità deve essere in tutti i ministeri, altrimenti si creano delle riserve indiane. In maniera analoga metterei in discussione anche il Ministero delle pari opportunità o della famiglia… lo sforzo deve essere quello di creare dialogo fra i ministeri e gli uffici, e trasversalità. Un po’ quel che è successo con le barriere architettoniche, non è che ci sia stato un ministero ad hoc per l’abbattimento delle barriere architettoniche… pian pianino è entrato nella cultura».


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