Welfare & Lavoro

Il lavoro smart, ma in vicinanza

Il lavoro a distanza è possibile soprattutto per le attività routinarie che non richiedono di maneggiare strutture ad alta intensità di capitale. Il lavoro di persona invece è necessario per le attività che richiedono di maneggiare strutture ad alta intensità di capitale

di Luca De Biase

Come si lavora? Come si lavorerà? Se si farà l’errore di pensare che il lavoro a distanza emerso nella fase del lockdown coincida con lo smartworking si verificheranno un po’ di problemi. Le forme del lavoro a distanza che si sono viste nel 2020 sono state definite dalla struttura di internet e delle applicazioni che erano disponibili in rete. Senza altri interventi creativi e progettuali, il lavoro a distanza tenderà a organizzarsi nella forma della struttura che lo rende possibile: l’architettura della rete con le sue applicazioni attuali produce, da quanto si è visto per altri sistemi, disintermediazione e reintermediazione, concentrazione del potere, polarizzazione nella distribuzione delle risorse, alla banalizzazione culturale.
Intendiamoci. Non si torna indietro. Il problema è come si va avanti. Le nuove economie emergenti potranno esistere solo se abilitate dall’internet, l’infrastruttura della conoscenza. Ma è anche chiaro che internet abilita ma non organizza: è il progetto implicito nelle applicazioni a organizzare. Se queste vengono progettate in modo banale, il risultato sarà banale. Come saranno le applicazioni del futuro? Come Zoom e Teams? O totalmente diverse?

Distinguerei tre dimensioni delle economie che crescono: economia della conoscenza, economia della felicità, economia delle piattaforme. Nell’economia della conoscenza il valore si concentra sull’immateriale, dalla ricerca al design, dall’informazione all’organizzazione, dall’immagine al “senso”. La crescita è fondata sulla qualità della nuova conoscenza prodotta dall’organizzazione che viene compresa dai suoi interlocutori. Nell’economia della felicità ci si prende cura delle relazioni umane, dell’ambiente, della cultura, il cui valore non ha prezzo, ma la cui produzione diventa sostenibile solo grazie alla capacità della società di riconoscerlo. Nell’economia delle piattaforme prevale l’obiettivo dell’efficienza nelle transazioni, con una concentrazione su modelli di business orientati a basso valore aggiunto ed elevato volume e con una separazione netta tra chi progetta e gestisce le piattaforme e chi ci lavora.
L’economia della conoscenza e l’economia della felicità convergono, probabilmente. Nell’economia della conoscenza sta maturando un nuovo modo di lavorare: meno per funzioni e più per progetti. Se si lavora per progetti in base alla propria capacità di comprendere la realtà, immaginare innovazioni, metterle a terra insieme ad altri, le soluzioni organizzative sono le più varie. Quando va bene, l’organizzazione è tale da alimentare la creatività e garantire il risultato. Quando va male l’organizzazione è bloccata sulla logica del “comando e controllo”, con una forte polarizzazione tra chi pensa davvero e chi esegue. Nel primo caso i talenti sono davvero valorizzati, nel secondo penalizzati. Nel primo caso, le persone sono felici perché vengono remunerate contemporaneamente su tre dimensioni: denaro, apprendimento, motivazione. Nel secondo caso, valutano solo il denaro, perché l’apprendimento e la motivazione sono bassi.
Tutto questo serve a definire lo smartworking. Il problema del lavoro a distanza è un “di cui”, non necessariamente ovvio. E quindi come si colloca il lavoro a distanza? In tutte le dimensioni dell’economia, si distinguono attività che richiedono di maneggiare strutture ad alta intensità di capitale — laboratori, fabbriche, teatri, scuole, datacenter — e attività che hanno bisogno soprattutto di umani con le loro dotazioni tecnologiche.

Il lavoro a distanza è possibile soprattutto per le attività routinarie che non richiedono di maneggiare strutture ad alta intensità di capitale. Il lavoro di persona è necessario per le attività che richiedono di maneggiare strutture ad alta intensità di capitale. E probabilmente anche per le attività creative che vengono meglio quando le persone sono fisicamente vicine. I lavoratori della conoscenza o della felicità fanno lavoro in presenza nei laboratori e nei teatri, nelle fabbriche 4.0 e nelle scuole. Ma i lavoratori delle imprese di pulizia o degli altri servizi a basso valore aggiunto che potrebbero essere gestiti da piattaforme nei luoghi nei quali devono essere erogati saranno altrettanto in presenza. Quindi il luogo nel quale si svolge il lavoro non definisce il fatto che sia smart o che sia a basso valore aggiunto.
Ne consegue che il vero e proprio smartworking non coinciderà con il lavoro a distanza. Se sarà smart sarà perché è un lavoro della conoscenza o della felicità organizzato in modo adatto alle varie opzioni ed esigenze.


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