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Economia & Impresa sociale 

Nuove cooperative: -26% nel 2020

Per Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative, non si tratta però «di un dato particolarmente preoccupante. Non è una questione solo di forma, ma di contenuti: in generale la cooperativa resta una forma assolutamente attuale per rispondere alle sfide del lavoro».

di Sara De Carli

Nel 2020 sono nate meno cooperative rispetto al 2019: un buon 26% in meno, da 3.376 del 2019 a 2.484 società nel 2020. Sono i dati delle nuove iscrizioni di cooperative all’Albo delle società cooperative tenuto dal Ministero dello Sviluppo Economico (dati disponibili al 4 gennaio 2021), presentati dall'Osservatorio dell'Alleanza delle Cooperative Italiane. La riduzione delle nuove iscrizioni di cooperative si registra su tutto il territorio nazionale, con una diminuzione più consistente al Centro (-36% rispetto all’anno precedente). Nel complesso il Mezzogiorno (Sud e Isole) si conferma l’area territoriale caratterizzata dalla più elevata natalità cooperativa: più di una su due (il 53,2% delle cooperative di prima iscrizione all’Albo Nazionale nel corso del 2020) è nata qui. In questo quadro, le cooperative sociali hanno registrato una natalità pari a -16%, diminuzione concentrata in particolare nell’ambito della cooperazione sociale di tipo B. Le iscrizioni delle cooperative sociali rappresentano tuttavia il 29% del totale delle nuove iscritte all’Albo nel corso del 2020 (721 cooperative su un totale di 2.484 censite nel 2020). Per Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative, «non si tratta di un dato particolarmente preoccupante».

Perché no?
D’intesa con il governo abbiamo reso più selettiva la costituzione di una cooperativa per contrastare sul nascere le false cooperative, quelle apri e chiudi, quelle che nascono di notte negli studi di alcuni professionisti per poi far perdere ogni traccia di se. Sono la mortificazione del lavoratore e costituiscono il peggior danno di immagine oltre che economico per il nostro mondo. Sono un numero marginale rispetto alle tante cooperative che onestamente e con sacrifici sono sul mercato, ma sono la moneta cattiva che scaccia la buona e come sempre l’albero che cade fa più rumore della foresta che cresce.

Le cooperative sono ancora in grado di cogliere la sfida del lavoro?
Le cooperative sin dalla crisi finanziaria del 2008, e anche in questa determinata dalla pandemia e purtroppo ancora in corso, hanno avuto un filo conduttore unico: un utile in meno ma un occupato in più. Difesa e tenuta dell’occupazione. Gli occupati nelle nostre cooperative sono passati da 523.000 a 531.000. I settori dei servizi alla persona, quindi cooperazione sociale e sanitario e l’agroalimentare sono i comparti che hanno registrato i numeri più significativi.

È una forma ancora attuale?
Non è una questione solo di forma, ma di contenuti. In generale la cooperativa resta una forma assolutamente attuale. Nella riqualificazione delle aree metropolitane. Nei servizi alle persone e alle imprese. Nella valorizzazione delle aree interne e marginali dove sono in crescita le cooperative di comunità. Laddove lo stato si ritira e il privato speculativo neanche sogna di investire per mancanza di remunerazione, la cooperativa rende protagonisti i cittadini che in cooperativa rispondono ai loro bisogni. Così nella rigenerazione delle imprese. Tante attività in default vengono rilevate dai lavoratori che diventano imprenditori di se stessi, da operai a padroni in cooperativa tutto questo si può fare e come Confcooperative da anni ne favoriamo la nascita investendo risorse importanti. La cooperativa trasforma un bisogno, un problema in “mercato”, in possibilità di creare reddito, occupazione rispondendo a un bisogno della comunità in cui nasce. Svolgono quella funzione economica e sociale che viene loro riconosciuta dalla Costituzione all’art. 45. Penso a quanti hanno assicurato farmaci e spesa a domicilio. A chi ha sanificato gli ospedali e gli uffici della PA. A chi ha garantito il trasporto di merci e prodotti alimentari. A chi ha lavoratori nei campi e negli allevamenti. A quanti hanno deciso l’auto isolamento nelle RSA per difendere gli anziani dal virus. Mi lasci dire che in questa pandemia senza le cooperative avremmo un’Italia più povera di umanità e con maggiori sacche di emarginazione, di solitudine e di paura.

Cooperatori under 30: ci sono, dove sono, che spazio hanno? Che fare di più e di meglio su questo punto cruciale per l’innovazione?
Le prime cinque regioni in Italia per governance giovanile sono al Sud, così come quelle a guida femminile. Non è un caso che la maggiore natalità coincida con le regioni economicamente più deboli, a dimostrazione della capacità delle cooperative di favorire la democrazia economica e di funzionare da ascensore sociale. Ovviamente è un punto di partenza, non un punto di arrivo. Occorre fare di più e bene. In Italia abbiamo un esercito di Neet: oltre 3 milioni di giovani che tra i 18 e i 35 anni non sono impegnati in alcun percorso lavorativo o formativo. I giovani, la questione demografica e quella relativa al ricambio generazionale vanno poste al centro delle politiche di sviluppo, sia da parte della politica, sia da parte delle imprese e dalle rappresentanze sindacali. Sviluppo che va concepito con un orizzonte temporale di lungo periodo: ciò che saremo come Paese, come sistema economico e sociale dipende dalle scelte che faremo oggi. Tutti, nessuno escluso.

Photo by Danielle MacInnes on Unsplash


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