Politica & Istituzioni

Coinvolgere la società civile nei Piani nazionali del Recovery

Il Comitato Economico e Sociale Europeo chiede il coinvolgimento della società civile nei Programmi Nazionali di Ricostruzione e Resilienza, spiega Luca Jahier, co-relatore della Risoluzione sul tema.

di Luca Jahier

L’Assemblea plenaria del Comitato Economico e Sociale Europeo ha adottato con 268 voti a favore e 5 astenuti una Risoluzione sul coinvolgimento della Società Civile Organizzata nei Programmi Nazionali di Ricostruzione e Resilienza. Il lavoro si è basato su un ampio lavoro di consultazione nei 27 membri dei partner sociali, delle organizzazioni della società civile, delle organizzazioni e di altri gruppi di interesse, anche attraverso, il diretto coinvolgimento dei Comitati Economici e Sociali nazionali, nei paesi ove esistono, come il CNEL in Italia.

Già le linee guida della Commissione Europea di settembre richiedevano che ogni Stato membro indicasse nel suo programma nazionale di descrivere ogni consultazione e contributo dei partner sociali, società civile e altri rilevanti portatori di interesse, nella preparazione e nella realizzazione del PNRR. E il Regolamento finale della Recovery and Resilience Facility, entrato in vigore da pochi giorni, al suo art 18(4)q richiede che ogni PNRR debba indicare “un sommario dei processi di consultazione, condotti in accordo con il quadro legislativo nazionale, delle autorità locali e regionali, dei partner sociali, delle organizzazioni della società civile, e di altri rilevanti portatori di interesse, per la preparazione e, ove disponibile, per la implementazione del piano e come i contributi dei portatori di interesse menzionati trovino riscontro nel piano”. A memoria è la prima volta che un Regolamento europeo fissa in modo così preciso ed alto il coinvolgimento di tali attori ed in qualche modo fissa una obbligatorietà in tale senso.

Il lavoro di indagine realizzato e dal Comitato, ben rappresentato dalle 24 pagine di sintesi in allegato della risoluzione, evidenzia in modo preciso un quadro molto differenziato nei 27 paesi dell’Unione, sinteticamente raggruppati in 3 gruppi: quelli dove non vi è stata di fatto nessuna forma di coinvolgimento fino a metà febbraio (Danimarca e Slovacchia); quelli in cui sono avvenuti alcune forme di coinvolgimento formale o informale ma con scarsa capacità di influenza sui progetti di Piano nazionale (Austria, Belgio, Cechia, Germania, Grecia, Spagna, Estonia, Francia, Croazia, Ungheria, Irlanda, Lituania, Lettonia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Romania, Svezia, Slovenia); quelli in cui vi sono state forme giù più articolate di coinvolgimento, che in alcuni casi hanno potuto generare un impatto, almeno su alcuni aspetti (Bulgaria, Cipro, Finlandia, Italia e Malta).

Chiaro che si tratta di un quadro in evoluzione, ma in ogni caso la Risoluzione ritiene che in gran parte tale coinvolgimento è stato finora marginale, inconsistente, occasionale, frammentato e certamente ben lontano da quella prospettiva strutturata e organica voluta dal legislatore europeo. Una fotografia analoga è stata fornita nelle scorse settimana anche dal Comitato delle Regioni, per le autorità locali e regionali. E la risoluzione chiede di correggere da subito questa situazione, nei due mesi che restano alla finalizzazione dei PNRR entro la fine di aprile e soprattutto di costituire adeguate forme strutturate di coinvolgimento nella prospettiva della successiva implementazione. Anche attraverso la opportuna valorizzazione delle diverse forme esistenti a livello nazionale di dialogo e consultazione, come per esempio per l’Italia il CNEL, già particolarmente attivo in questo senso.

La consultazione, fatta in un tempo molto rapido e in tempo di restrizioni COVID19, ha avuto una elevatissima partecipazione ed ha dimostrato due cose: che gli attori economici, sociali e civici della società civile dei 27 paesi europei non solo hanno ben accolto il salto proposto dal legislatore europeo, ma ne hanno anche ben compreso il quadro fortemente innovativo, in termini di piani di investimenti per il futuro che devono generare risultati di trasformazione e non di copertura di spese correnti, accompagnate a consistenti agende per le riforme. E hanno inoltre dimostrato un elevatissimo impegno ad essere coinvolti attivamente in tutte le fasi di questo straordinario e strategico processo trasformativo di ogni paese, dimostrando anche molta nuova capacità di iniziativa e di proposta.

Il Commissario europeo Johannes Hahn, nelle sue conclusioni del dibattito del CESE sulla Risoluzione, ha detto espressamente che la Commissione ritiene strategico tale coinvolgimento poiché “senza un coinvolgimento adeguato delle parti sociali e della società civile organizzata non sarà possibile garantire il successo della realizzazione dei Piani nazionali. Soprattutto perché essi necessitano di un grado di adesione convinta, che sola può sostenerne l’innovazione di investimento, trasformazione e riforme”.

Una larga dimensione partecipativa degli attori sociali ed economici è anche uno degli obiettivi più rilevanti della Conferenza sul Futuro dell’Europa. Questi Piani, se avranno larga adesione e successo rappresenteranno davvero dei momenti di svolta per l’intera Europa. Nel Next Generation EU ci sono investimenti senza precedenti, riforme politiche e strutturali e trasformazione strategica delle economie e delle società del continente, che possono davvero forgiare il futuro dell’Europa e innescare una dinamica di partecipazione.

Quest'articolo è stato pubblicato da Euroactiv


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