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Inchiesta Procura Ragusa-Ong: “Accuse false e infamanti”

Pubblichiamo il comunicato di Idra Social Shipping, nel merito dell'inchiesta della Procura di Ragusa sul caso Maersk Etienne, con le dichiarazioni del presidente e il vicepresidente della società armatoriale, Alessandro Metz e Giuseppe Caccia, in merito al procedimento che li vede tra gli indagati dalla Procura della Repubblica di Ragusa

di Redazione

«Non vi è mai stato alcun accordo preventivo, tanto meno di natura economica, tra amministratori e dipendenti di Idra Social Shipping, da una parte, e la compagnia danese Maersk Tankers, dall’altra, in merito all’intervento effettuato dalla nave Mare Jonio l’11 settembre 2020 in soccorso delle persone che si trovavano a bordo della petroliera Maersk Etienne». Così intervengono il presidente e il vicepresidente della società armatoriale, Alessandro Metz e Giuseppe Caccia, in merito al procedimento che li vede tra gli indagati dalla Procura della Repubblica di Ragusa.

«Riteniamo falsa e infamante l’accusa di aver operato un intervento di soccorso in cambio di soldi. Abbiamo invece risposto ad un preciso dovere, l’obbligo previsto da leggi e norme, internazionali e nazionali, del diritto marittimo, a prestare assistenza a natanti e persone che si trovassero in condizioni di difficoltà in mare. La Mare Jonio infatti, mentre si stava dirigendo in missione nel Mediterraneo Centrale, ha deviato la sua rotta verso la Maersk Etienne, dopo aver ricevuto via mail la sera del 10 settembre scorso, una richiesta di aiuto proveniente dalla stessa petroliera. A bordo della Etienne la situazione, dopo 37 giorni di permanenza delle persone in fuga dalla Libia salvate il precedente 5 agosto, era drammatica: nei giorni precedenti tre naufraghi disperati, due dei quali neppure sapevano nuotare, si erano lanciati in acqua. Equipaggio e sopravvissuti erano stati abbandonati in primo luogo dalle Autorità Maltesi, che pure avevano coordinato il loro salvataggio, ma anche dal proprio Stato di bandiera e dalle Istituzioni europee».

«Abbiamo operato nel pieno rispetto della legalità, corrispondendo alla stessa tensione etica per cui Idra Social Shipping è nata: cioè creando una piccola società armatoriale in grado di fornire assetti navali ed equipaggi per attività umanitarie di osservazione e monitoraggio, ricerca e soccorso, a disposizione delle organizzazioni della società civile italiana ed europea. È questa la natura del rapporto che ci lega al progetto di Mediterranea Saving Humans di cui siamo stati tra i promotori. Soccorrere le persone in difficoltà in mare, salvare vite umane. Idra Social Shipping è un'impresa orientata socialmente: i suoi utili mai verranno redistribuiti tra soci e amministatori, ma tutti reinvestiti e reimpiegati nelle attività di soccorso civile in mare. Questo il motivo per cui nasce Idra, questa la finalità che perseguiamo».

«Abbiamo incontrato per la prima volta i manager della Maersk Tankers un mese dopo la conclusione dell’operazione di soccorso. Li abbiamo incontrati nel contesto di riunioni con le Organizzazioni di rappresentanza degli Armatori danesi ed europei, con i quali stiamo da allora discutendo le problematiche delle navi mercantili che incrociano nel Mediterraneo e la comune richiesta affinché gli Stati europei rispettino gli obblighi relativi al coordinamento dei soccorsi e allo sbarco delle persone recuperate in mare. In quella occasione ci hanno chiesto come potessero aiutare le nostre attività umanitarie, politicamente e materialmente. Sulla base della Convenzione di Londra del 1989 sull’assistenza tra navi in acque internazionali, Maersk ha così parzialmente riconosciuto le spese aggiuntive sostenute da Idra Social Shipping per i servizi svolti in mare, come forma di sostegno alla nostra attività. Né più né meno. Intendiamo continuare a collaborare con gli Armatori commerciali, così come gà facciamo con le Autorità marittime, al superiore fine della salvaguardia della vita umana in mare».

«Non c’è pertanto stato nessun accordo preventivo, tanto meno di natura lucrativa, per favorire l’immigrazione clandestina nel nostro Paese, di cui la stessa Procura di Ragusa ammette di non avere alcuna prova, ma solo ‘ipotesi’. Si è trattato invece di un doveroso intervento di soccorso nei confronti di 27 persone, vittime di terribili abusi, violenze e torture subite nei campi di detenzione della Libia nei mesi precedenti, abbandonate in mare dagli Stati europei per 37 giorni, in piena emergenza sanitaria, in intollerabili condizioni psico-fisiche, insieme all’equipaggio di un mercantile che non era più in grado di aiutarli. Queste persone, dopo l’intervento della Mare Jonio, sono state sbarcate in Italia solo previa autorizzazione delle competenti Autorità, Ministero dell’Interno e Centro di coordinamento dei soccorsi MRCC di Roma».

«Affrontiamo con estrema serenità qualsiasi tipo di investigazione e abbiamo immediatamente messo a disposizione degli inquirenti tutta la documentazione utile in nostro possesso. Ma facciamo notare come, nonostante abbiamo scoperto ieri mattina di essere indagati e intercettati da cinque mesi, la stessa Procura di Ragusa non abbia mai chiesto di sentirci nel merito delle accuse. Abbiamo purtroppo il forte sospetto che non si stia cercando la verità dei fatti, ma solo di screditare il soccorso civile in mare».


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