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Gli anziani e il futuro dell’Europa

La sfida della solidarietà intergenerazionale e della cura al tempo della accelerazione del cambiamento demografico (sempre più anziani, sempre meno figli, sempre meno forza lavoro attiva) e della pandemia COVID19. Un Green Paper della Commissione Europea lancia una consultazione in vista di formulare una agenda di azioni entro l’anno

di Luca Jahier

Il paradosso del tempo presente e che tutti vogliamo vivere più a lungo (e da tempo questo sta accadendo) ma al contempo non vogliamo diventare vecchi e facciamo fatica a considerare la condizione di malattia e di fragilità che accompagna questa condizione. La pandemia COVID19 ha colpito duro le nostre società e le ha messe di fronte a questa drammatica realtà, che troppo spesso è confinata nello spazio privato del crescente carico sulle famiglie o nelle residenze per anziani. Senza dubbio, a cifre ancora non definitive, rileva il fatto che gli ammalati più gravi e le morti per il COVID hanno falcidiato in tutta Europa quella generazione che superò la guerra e che in larga parte ha dato forma alla ricostruzione e alle condizioni di pace e benessere diffuso che oggi conosciamo.

La questione demografica ha assunto una particolare priorità nella Commissione Von der Leyen (dopo vent’anni di oblio, essendola già stata per qualche anno durante la Commissione Prodi vent’anni fa…) e uno specifico incarico è formalizzato nello stesso mandato della Vicepresidente Dubravca Suica, che ha portato al Rapporto della Commissione Europea sull’Impatto del cambiamento demografico dello scorso giugno (demography_report_2020) dal quale si evincono dati di enorme interesse, come l’incremento del 75% nei prossimi 50 anni del tasso di dipendenza degli over 65 sulla popolazione attiva, che saranno oltre il 30% della popolazione totale, ed un raddoppio degli ultraottant’enni. E in generale una crescita della perdita di fiducia nel futuro per quote rilevanti della popolazione europea.

Un ottimo seminario promosso dalla FAFCE e dalla COMECE (rispettivamente la Federazione delle organizzazioni famigliari cattoliche europee e la Commissione degli Episcopati Europei) dei giorni scorsi ha cercato di mettere a fuoco gli elementi chiave della questione e di offrire un contributo al dibattito in corso promosso dalla Commissione europea. Rilevando, tra la le nuove fragilità che la pandemia ha fatto esplodere, che il tradizionale e prevalente supporto delle famiglie alla terza età è sempre più in crisi, sia legato alla riduzione dei matrimoni e all’aumento dei divorzi e separazioni, sia alla crescita esponenziale della mobilità dei giovani e adulti per lavoro. Aggiungendo poi il fatto che mentre le donne vivono sempre più a lungo degli uomini, spesso vivono in condizioni di salute più fragili degli uomini; che già oggi in Europa 20 milioni di donne anziane vivono sole e che in 20 anni diventeranno 40 milioni (su una popolazione di 450 milioni…); che il persistente gap salariale tra uomini e donne, pari alla media europea del 15%, si traduce in un gap pensionistico del 30%.
Tutti elementi che rendono urgente porsi due questioni fondamentali: stiamo ponendoci le domande corrette e in tempo?; quali delle attuali politiche non funzionano a sufficienza e vanno corrette parzialmente o sostanzialmente per fronteggiare queste fondamentali necessità?

Lo scorso 27 gennaio la Commissione ha lanciato una consultazione pubblica, che durerà 12 settimane, pubblicando un Green Paper sull’invecchiamento (The impact of demographic change in Europe) che, adottando un approccio basato sul ciclo di vita, intende individuare proposte e linee di azione, da cominciare a inserire nelle conclusioni del Vertice di Porto nelprossimo maggio, legato alla possibile adozione di un Piano di azione sul Pilastro sociale, e poi eventualmente anche in altre misure politiche e normative nel corso dei mesi successivi. Si elencano molti punti di discussione, dalla necessità di lavorare per un approccio salutare e di invecchiamento attivo alla considerazione di misure di maggiore efficienza del mercato del lavoro; dalla riforma delle pensioni e più in generale alla modernizzazione dei diversi sistemi di protezione sociale all’adeguamento dei nostri sistemi sanitari a queste nuove sfide; dalla costruzione di maggiori opportunità di solidarietà intergenerazionale fino ad esplorare le potenzialità ancora inespresse della cosiddetta “silver economy”.

Un ambito di cui molto si parla, ma sul quale – a parte le molte proposte di consumo – resta ancora molto da fare e da mettere in opera, per sfruttarne le enormi potenzialità. Con le possibili conseguenze sugli assetti territoriali e abitativi, sui flussi e modelli di consumo, sulle opportunità di redditoe di crescita della ricchezza. Un campo vasto, che credo non sia stato per ora ancora colto nel dibattito italiano. Io credo che in particolare i mondi del terzo settore, ma anche delle diverse responsabilità locali e territoriali, come anche nei mondi della piccola impresa, artigianato e commercio, ci sia un campo vasto sul quale misurarsi. Forse proprio a partire dalla necessaria riforma sul sistema delle RSA, certo non da abolire ma sicuramente da ripensare visto il numero di morti e solitudini che abbiamo registrato in modo drammatico in questi 12mesi di pandemia, per rilanciare le tante esperienze già esistenti di invecchiamento attivo in una ottica di servizio e radicamento nella comunità, fino alle potenzialità della silver economy, che in un paese come l’Italia sono immense.

Al lavoro dunque.

*Già Presidente Comitato Economico e Sociale Europeo 2018-2020


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