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Il treno da non perdere per rafforzare i servizi sociali

La legge di bilancio fissa l'obiettivo a tendere di 1 assistente sociale a tempo indeterminato ogni 4mila abitanti, stanziando risorse per le assunzioni. Il meccanismo si attiva però solo per i Comuni che già hanno un rapporto di 1/6500. «Non si parli di penalizzazione», dice Gazzi, «le risorse ci sono, il nodo oggi è superare il vincolo assunzionale che tanti Comuni hanno»

di Sara De Carli

C’è un treno da non perdere per avere presto nei servizi sociali di tutta Italia un numero di assistenti sociali coerente con i bisogni del territorio. C’è un livello essenziale di 1 assistente sociale ogni 5mila abitanti e l’indicazione di un nuovo obiettivo di 1 ogni 4mila. Ci sono le risorse per l’assunzione a tempo indeterminato di assistenti sociali, per arrivare a questi rapporti. Ci sono questioni aperte e miglioramenti da fare, «ma non perdiamo questa opportunità. Ci sono le risorse e c’è la volontà politica, una cosa che fa la differenza. La legge di Bilancio è un'opportunità, cogliamola», dice Gianmario Gazzi, presidente del CNOAS. L’aumento degli assistenti sociali assunti a tempo indeterminato nei servizi non è ovviamente solo un tema sindacale: «significa contrastare la precarietà nei servizi, a partire dagli assistenti sociali ma poi anche per tutte le altre figure. Le persone hanno bisogno di riferimenti chiari e stabili, sarebbe assurdo se io dovessi cambiare ogni sei mesi il medico di fiducia e rispiegargli tutto daccapo. Per questo serve investire su reti strutturate e stabili. In questo senso noi abbiamo interloquito con il Ministero per tutta la Legge di Bilancio ed è stata la ministra Catalfo a dire che dobbiamo tendere a 1 ogni 4mila». Per arrivarci è stato introdotto un meccanismo, che in questi giorni ha suscitato qualche polemica nelle Regioni del nostro Mezzogiorno.

La legge di Bilancio stanzia un contributo di 40mila euro per l’assunzione di assistenti sociali a tempo indeterminato nei comuni dove il rapporto è già almeno di 1 ogni 6.500 abitanti e di 20mila euro dove il rapporto è di 1 uno a 5.000, per arrivare ad averne 1 ogni 4.000. Lo Stato cioè si fa carico di “un pezzo” del percorso ma ovviamente non si sostituisce (né potrebbe farlo) alle funzioni dei Comuni. Il punto di equilibrio triovato è quello dell’ 1 a 6.500. «C’era la necessità di trovare un punto mediano sostenibile, sapendo che la situazione italiana è a macchia di leopardo, che ci sono territori con 1 assistente sociale per 10mila abitanti e che i territori del Sud, ma non solo, non hanno un adeguato numero di assistenti sociali. Sono tutte cose note», dice Gazzi. Significa che i territori più indietro, con meno assistenti sociali, risultano penalizzati due volte, perché non avranno le risorse aggiuntive stanziate proprio per assumere assistenti sociali? Che il Sud non avrà nulla e che è in corso uno “scippo” da parte del Nord? «Non è così. Alcune problematiche ci sono e la situazione va migliorata con ulteriori interventi, per cui siamo già al lavoro. Ma questo non inficia una misura importante e strutturale, che è e resta una opportunità. D’altronde nessuno può pensare che con una sola norma si possano risolvere problemi atavici di programmazione delle politiche sociali», afferma Gazzi. «Ce la ricordiamo la situazione dei fondi sociali dieci anni fa? Erano a zero euro. E solo poco tempo fa festeggiavamo l’autorizzazione di assunzioni in deroga a tempi determinato. Oggi c’è un passo diverso, con l’aiuto del Ministero e di tutto il Parlamento – perché questo emendamento è stato approvato all’unanimità – stiamo andando nella logica di garantire reti strutturali sul territorio, c’è questa visione».

Peraltro oggi, con questa misura «siamo finalmente in grado di capire a che punto siamo, ambito per ambito e questa fotografia esatta della situazione è premessa per fare tutti gli interventi che vanno fatti, con il Governo, il Ministero e il Parlamento. Smettiamo di guardare il qui e ora e proviamo a capire il percorso: nessuno dice che sia facile o perfetto ma non si può negare che sia una opportunità».

Alcune problematiche ci sono e la situazione va migliorata con ulteriori interventi, per cui siamo già al lavoro. Ma questo non inficia una misura importante e strutturale, che è e resta una opportunità. D’altronde nessuno può pensare che con una sola norma si possano risolvere problemi atavici di programmazione delle politiche sociali. Smettiamo di guardare il qui e ora e proviamo a capire il percorso: nessuno dice che sia facile o perfetto ma non si può negare che sia una opportunità

Gianmario Gazzi

Le cose però vanno spiegate bene. Proviamoci. Nella legge di bilancio c’è una misura specifica che fa riferimento al “Fondo povertà”, dicendo che fino a 180 milioni del fondo possono essere usati per raggiungere il livello essenziale di 1 assistente sociale a 5mila e poi a tendere di 1 a 4mila abitanti. Per poter accedere al contributo però i Comuni devono avere già almeno il rapporto di 1 assistente sociale a tempo indeterminato ogni 6.500 abitanti. «Il finanziamento non toglie niente a nessuno e chi non accede a questa misura adesso vi potrà accedere in seguito, perché la misura è strutturale ovvero sarà sempre disponibile. Se non si raggiunge oggi il parametro 1/6500, si possono programmare le assunzioni per arrivarvi e poi accedere dal 2022 al contributo per le ulteriori assunzioni necessarie per arrivare a 1/5000. La ratio rimane quello di premiare i percorsi virtuosi per incentivare coloro che strutturano le necessarie reti di servizio sociale professionale. Inoltre i soldi restano nel fondo povertà, se non vengono spesi per rafforzare la rete restano a disposizione degli enti locali sul territorio, seguendo i criteri normali della ripartizione», chiarisce Gazzi.

E questo è un pezzo. A cui va aggiunto un altro comma della legge di bilancio, il comma 791, che aumenta la dotazione del fondo di solidarietà comunale di 216 milioni di euro quest’anno, che saliranno nei prossimi anni fino a 600 milioni in più da destinare a due cose: lo sviluppo e l'ampliamento dei servizi sociali comunali svolti in forma singola o associata e il livello di servizio in relazione all'aumento del numero di posti disponibili negli asilo nido comunali. «I Comuni che oggi non arrivano al rapporto 1/6500 previsto dall’altro comma, possono attingere qui per le assunzioni. Nel frattempo arriveranno i 562 milioni del fondo povertà per il 2020, appena ripartiti. Il problema non sono i soldi, tanto più che sappiamo che gran parte delle risorse del PON in molti ambiti non sono state spese. Ci sono ben 24 microfondi per rafforzare i servizi sociali, complessivamente».

Il problema non sono i soldi, ma un problema c’è. «È la capacità assunzionale dei Comuni, è il vincolo assunzionale», dice Gazzi. I comuni che sono in predissesto o in dissesto o hanno vincoli di spesa sul loro bilancio (perché quei meccanismi ovviamente non sono spariti), se non posso assumere non potranno mai arrivare al rapporto 1/6500. «Il tema oggi quindi è trovare il modo di permettere agli enti territoriali le assunzioni, così da arrivare a quel parametro. Ne eravamo coscienti ed è una richiesta che stiamo rappresentando al Governo, al Ministro e al Parlamento, con il fine di poter finalmente raggiungere i livelli essenziali previsti in tutta Italia. Il punto sta qui». È una scelta politica, ma la politica si dovrà interrogare: «Se non si risolve il tema delle assunzioni per arrivare a 1/6500 i Comuni si troveranno nella situazione per cui arriveranno i fondi statali non avendo personale saranno costretti a fare gare di appalto di tutto il servizio sociale». In questi anni varie misure hanno creato un rinnovato “fermento” nei servizi sociali, ma adesso «bisogna trovare modo di spingere per stabilizzare la rete. Bisogna fare man mano degli aggiustamenti, affrontando i nodi che verranno fuori. Ma non possiamo perdere questa opportunità».

Photo by Josh Couch on Unsplash


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