Welfare & Lavoro

Buoni alimentari su carta prepagata: l’esperienza di Bergamo

Ricordate le due tranche da 400 milioni l'una stanziate dal Governo per i buoni alimentari? L'assessora alle politiche sociali di Bergamo racconta come è cambiata la richiesta tra la prima e la seconda tranche e di come la novità di una carta prepagata possa rendere più efficiente lo strumento: «È in atto un cambiamento dell’idea di welfare, con la consapevolezza che la domanda sociale non è solo quella che arriva ai servizi e che il bisogno leggero può avere risposte anche tramite canali leggeri».

di Sara De Carli

«Emerge chiara la difficoltà delle donne che, dal punto di vista lavorativo, mostrano di soffrire di più a causa della crisi economica conseguente il Covid. Titolari di un contratto dipendente nei settori più colpiti, o di partita IVA con poche tutele e servizi di supporto, risultano le maggiori beneficiarie dei buoni spesa per affrontare l’emergenza alimentare»: Marcella Messina, assessora alle Politiche sociali del Comune di Bergamo, sintetizza così la situazione di vulnerabilità in città, fotografata attraverso le richieste di buoni spesa durante e il lockdown e poi fra dicembre e febbraio.

Per affrontare l’emergenza alimentare in primavera il Governo aveva infatti stanziato 400 milioni di euro da distribuire ai Comuni italiani per l’erogazione di buoni spesa e/o l’acquisto e distribuzione di generi alimentari e beni di prima necessità. Risorse a cui sono si sono aggiunte quelle stanziate in proprio dai Comuni. Il decreto “ristori-ter” aveva poi stanziato un nuovo fondo di 400 milioni di euro per la medesima finalità. Il Comune di Bergamo a marzo 2020 ha così raggiunto 2.173 nuclei famigliari per un totale di 736.450 euro di cui circa 120mila euro da risorse aggiuntive messe a disposizione direttamente dal Comune. In agosto altri 500mila euro sono stati erogati per questa finalità grazie al fondo “mutuo soccorso” attivato dal Comune e infine con il ristori-ter i beneficiari dei buoni spesa sono stati raggiunti 1.614 nuclei, per complessivi 562.150 euro.

Nel primo bando era emerso come dato allarmante quello relativo alla perdita definitiva del lavoro per coloro che svolgevano attività nel campo assistenziale, pulizie domestiche, ristorazione. Dopo 6 mesi la ripresa economica lavorativa in questi settori ancora non c’è. Su 1.614 nuclei, 581 hanno visto ridursi il reddito per la perdita del lavoro in via definitiva (318 donne contro 263 uomini), un centinaio di persone sono lavoratori autonomi e 923 hanno visto una riduzione del lavoro dipendente. Circa la metà dei richiedenti aveva già richiesto il buono a marzo, mentre gli altri sono risultati nuovi accessi. In particolare, più dell’80% dei nuclei con più di 5 componenti ha richiesto il buono in entrambe le erogazioni, mentre la platea dei nuclei composti da 1 a 4 persone si è diversificata molto fra la prima e la seconda richiesta, lasciando pensare che nei casi di famiglie meno numerose, la ripresa delle attività lavorativa di almeno un componente o l’erogazione dei vari dispostivi messi in campo per affrontare l’emergenza, abbia almeno in parte garantito una sostenibilità economica al nucleo. «Ci sono tante storie dietro questi numeri», dice l’assessora: «I tanti B&B della città, i musei e le attività culturali, lo spettacolo, il piccolo negozio di vestiti… La tipologia di famiglia che più ha beneficiato di questa misura ha 3 componenti: donna sola con 2 figli. C’è un incremento della vulnerabilità e ci teniamo a chiamarla vulnerabilità perché speriamo che con la ripresa queste situazioni possano essere recuperate. Evidenziare però quante donne sole con figli ci siano significa avere un’attenzione specifica perché queste situazioni non diventino poi di povertà educativa, di accesso alla cultura».

C’è un incremento della vulnerabilità e ci teniamo a chiamarla vulnerabilità perché speriamo che con la ripresa queste situazioni possano essere recuperate. Evidenziare però quante donne sole con figli ci siano significa avere un’attenzione specifica perché queste situazioni non diventino di povertà educativa

Marcella Messina, assessora alle Politiche sociali del Comune di Bergamo

A marzo i volontari hanno distribuito i buoni spesa porta a porta, mentre nella seconda tranche i volontari hanno fatto perno sui 23 “Centri per tutte le età”, uno per ogni quartiere cittadino: «È stato un lavoro di comunità molto importante, che ci ha permesso di conoscere queste persone nell’ottica della prossimità e del welfare di comunità, anche perché non si tratta di persone avvezze ad avere a che fare con i servizi sociali. Il Covid ha dato una accelerazione a tanti processi in atto. Abbiamo scelto di lavorare con i quartieri, per arrivare a tutti in modo capillare, facendo anche un passo indietro nella rigidità dell’approccio ai servizi sociali, decentralizzando il punto di accesso. Sono arrivate 1.500 nuove segnalazioni, contro una media di 1.100 all’anno: c’è stata una maggior capillarità di intercettare i bisogni. È in atto un cambiamento dell’idea di welfare, con la consapevolezza che la domanda sociale non è solo quella che arriva ai servizi e che il bisogno leggero può avere risposte anche tramite canali leggeri. L’aiuto occasionale, in questo senso, può essere letto a anche come occasione per la collettività che si attiva, nelle dimensioni formali e informali del quartiere, diventando metodo per il futuro, oltre l’emergenza».

Il Comune di Bergamo, per la distribuzione delle risorse per affrontare l’emergenza alimentare, già dalla primavera 2020 ha sperimentato, accanto ai tradizionali buoni spesa spendibili in negozi convenzionati, l’utilizzo carte prepagate, emesse da Soldo e utilizzabili in qualsiasi punto vendita con POS abilitato per il circuito Mastercard. È una scelta che hanno fatto 62 enti locali in tutta Italia, tra Comuni e Caritas, per un totale di 40mila carte distribuite e più di 16 milioni di euro caricati. Bergamo è uno dei Comuni più grandi ad aver fatto questa scelta, dopo il Comune di Milano. L’importo caricato variava in base alle tipologie di nucleo, secondo le indicazioni di ciascun comune. A fronte della valutazione sulla prima esperienza, già dall’estate per la distribuzione delle risorse messe dal Comune e poi con la seconda tranche statale Bergamo ha optato per usare solo Soldo: «Volevamo sostenere anche i negozi di prossimità, andando incontro alle esigenze concrete delle famiglie: c’era chi chiedeva di poter pagare le spese mediche, gli occhiali, i libri e i materiali per la scuola… La carta prepagata ci ha permesso di rispondere a queste esigenze», spiega l'assessora Messina.

Giuseppe Di Marco, country manager di Soldo ha un panoramacomplessivo della situazione. «Il 96% delle risorse caricate è stato speso in food, il 3% in servizi come farmacie, parafarmacie e utenze, l’1% in ferramenta e negozi di arredamento. Tutti i nuclei hanno speso tutto l’importo ricevuto, segno che era congruo, ma facendolo durare nel tempo», annota. Soldo è una azienda fintech che ha ideato una soluzione innovativa per ottimizzare la gestione e il controllo di spese da parte dei dipendenti di aziende di grandi e piccole dimensioni. Durante il primo lockdown questa esperienza è stata declinata per rispondere a un’esigenza diversa, quale appunto la distribuzione di fondi a privati da parte di enti del pubblico. «Il primo Comune che ci ha scritto è stato il Comune di Ventimiglia, il venerdì è uscita la notizia dei 400 milioni e il sabato il sindaco ci ha scritto. Abbiamo creato delle carte speciali ‘Soldo Care' da assegnare a comuni, istituzioni e enti territoriali, per assicurare un’efficace distribuzione dei fondi di solidarietà stanziati dal Governo e da altri enti per le famiglie più svantaggiate»

Le carte Soldo Care sono utilizzabili presso tutti gli esercizi commerciali che accettano le carte Mastercard, sono associate in modo univoco a singoli utenti o nuclei familiari, a vantaggio della tracciabilità, in caso di furto o smarrimento la carta può essere sostituita e il credito non utilizzato può essere ripristinato, possono essere monitorate in tempo reale. È un passo avanti, in sicurezza e semplicità, rispetto all’utilizzo a questo scopo di buoni pasto, pensati in realtà dalla legge in sostituzione della mensa aziendale, a buoni stampati in proprio dai Comuni e facilmente falsificabili e alle gift card. «Non serve stringere convenzioni con gli esercenti, uno per uno, ma ogni Comune può decidere in quali esercizi renderla spendibile: c’è stato chi ha inserito le farmacie e parafarmacie – cosa che con i buoni pasto non si può fare – chi il pagamento delle bollette e chi la ferramenta di paese», racconta Di Marco. Sono 15mila la Carte Soldo attivate, «nel primo lockdown gratuitamente, per la seconda tranche con un canone di 1 euro al mese». E sulla stessa carta ora possono essere caricati anche soldi provenienti da altri fondi, «come il contributo ai cittadini con problemi motorie che lo Stato sta dando ai capoluoghi di provincia e alle aree metropolitane, rendendoli spendibili solo sui taxi e solo entro un certo limite di spesa singola», conclude Di Marco.

Photo by Markus Spiske on Unsplash


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